La Poesia italiana del Novecento - The italian Poetry of the 20th century

Claudia Manuela Turco


 

Claudia Manuela Turco è nata nel 1970 e vive nella campagna friulana. Si è laureata in Lettere presso l’Università di Udine. Ha pubblicato di poesia: L’età dell’oro e della ruggine (Laboratorio delle Arti, 2005), Frecce di Luce – Duetti Solisti (co-autore Marco Baiotto, Italia Letteraria, 2005), Metastasi di rosa – Omaggio alla ragazza di Arthur (Bastogi, 2010), Architectures Three dimensional Poems (Gradiva Publications, 2013, traduzione di Luigi Bonaffini). Di narrativa: Il fuoco di una vita (Morea, 2005), Brina Maurer (Bastogi, 2005), Glenn amatissimo – Il cane che mi salvò la vita (Il Ciliegio, 2013), Lord Glenn – L’anima di Byron nel cuore di un cane (Biblioteca dei Leoni, 2014). Di saggistica: Ilbacodaseta – NellaragnateladiDomenicoCara (Edizioni del Punto più Alto, 2006), Case di scrittori – Guida alle case museo, centri studio, associazioni amici di scrittori d’Italia (co-autore Gilberto Coletto, Libraria Padovana Editrice, 2007 e 2009), Giardini di carta – Considerazioni su alcune voci femminili del nostro tempo (Gazebo Libri, 2011). Scrive anche con lo pseudonimo di Brina Maurer.


E-mail        brina.maurer@libero.it

Link            www.lordglenn.com



POESIE


da Metastasi di rosa

 

 

Il cancro nella rosa

 

Bianca rosa di maggio,

ancor vaporosa

mentre frangi la tua vita

in un vortice di pois di ruggine

che pulsano, si ripetono, moltiplicano,

crivellando il tuo corpo.

 

Lo scheletro verde,

invaso dal cancro rameale,

sorregge la pallida corolla,

maculato ghepardo di petali.

 

Nel calore della mano-conchiglia

una timida carezza per alleviare il dolore.

Cravatte di fango e fiamme bluastre

già divorano il verde astro.

 

Rosa-fanciulla,

l’amante violento ti ha vinta,

ogni stupore ucciso

dal cancrostupratore.

 

Impossibile disinfiammare la corolla,

infiocchettata di neve.

 

 

Il peso della farfalla

 

Dittico-farfalla,

dalle ali di seta stropicciata,

ti adagi sul cuscino-corolla

della giovane rosa malata,

nella copula impossibile.

 

Lei, sfinita,

ansima.

Le sue parole

convergono al punto

senza aver mai sviluppato virgole.

 

Seno ansante,

nastro rosa annodato,

incanto trafiggente

nel morso tumoroso che l’avvinghia.

 

Non resta che il sussurro di un soffio,

perché Lei non senta,

per accendere la pietà della farfalla,

che subito s’allontana.

 

Nel giardino di maggio

non è il cemento il nemico.

 

 

La rosa e l’ombrello

 

Un grande ombrello rosso

mi accompagna nella passeggiata serale.

Sotto il temporale è il neon lunare,

rosa dai brividi di ghiaccio,

a farti scivolare nel sonno

dell’ultima notte,

della sola notte.

Vigilo, schermandoti dalla pioggia.

 

Osservo le calde ferite,

labbra aperte,

macchie di cenere

non d’araba fenice.

So che domani

la stessa pietà di oggi

porrà tra le mie mani,

al posto dell’ombrello,

l’Eutanasia.

 

Da due ore sono sotto la pioggia,

i vicini curiosano da dietro le tende.

Ti riparo dalla violenza dell’acqua,

nella lenta agonia

forse meno tua e più mia.

 


Metastasi di rosa

 

Il sole sanguina e insanguina

e ingialla il tuo profilo,

mentre divieni rosa-mosaico

e ogni petalo si ammanta di un colore diverso.

Ma solo per un attimo.

 

Sei poco più che un boccio,

cucciola nel branco,

e già il morso dato senza rimorso

ha rimosso l’osso per celare

lo strazio della carne.

Della tua carne.

 

Esistesse una biacca magica

capace di cancellare le tue macchie!

Ma non sono più bidimensionali, superficiali.

Le tue macchie hanno conquistato ogni profondità,

loro è ogni diramazione.

È metastasi di rosa.

 

Ma sogna una rosa?

Cosa sogna una rosa?

In quante lingue può parlare?/- sognare, una rosa?

 


La rosa nella carne

 

Fotografata e scolpita nella mente,

forse non tutto andrà perduto.

 

I profumi, ali nell’aria,

vele del pensiero soave,

frullano le narici,

ma il sottile odore nero

si insinua.

 

Rosa di carne

Rosa nella carne

Rosa di carne nella carne

 

Granchio

il cancro dell’Unicità dissolta,

tra poco.

 

Il ventaglio di foglie

non potrà ripararti ancora a lungo.

 

Suda, il cuore.

Cigola, il pensiero.

 

Tra poco, come Spartaco,

avrai spezzate le catene.

 


La rosa e l’infradito

 

Sentirai il vento una sola volta,

e ti porterà via,

lontano…

 

Il tuo volare

si ridurrà a un’unica caduta;

così è scritto nel corpo stretto della parola.

 

Senza spine

non avrai più diritti,

non ti potrai più ribellare.

 

Un taglio netto, deciso.

Il riccio liberato…

La divina tragedia…

In caduta libera

è atteso il tonfo soffice,

ma volge in carezza.

Ora non sei a terra,

candida rosa crivellata.

 

Nella culla-piede

divieni morbido infradito,

andandoti a posare tra l’alluce e il secondo dito,

mentre un bouquet di pelo,

dalla coda agitata,

ti annusa come nessuno mai ha fatto e mai più farà:

intensamente,

per porgerti l’ultimo saluto.

 


Il giorno dopo

Vagando nel giardino di maggio,

tra le pagine superiori e le pagine inferiori delle foglie,

tra altre rose che catturano l’attenzione,

oggi dubito persino dello stelo

su cui ieri posava la rosa-angelo.

Su quel gambo ora riposa una farfalla

(non quella della copula impossibile).

 

Eppure avverto ancora la presenza

dei petali sull’alluce.

Non meno fragile la carne

del petalo.

 

 

Spugnette rosse danzanti

 

Il nastrino rosso del guinzaglio

pulsa e vibra,

trasmettendo al palmo della mano

il battito accelerato del cuore volpino

nel petto ansante.

 

Estasiante incanto

della trasmissione del moto,

tanto cara a Leonardo!

 

Il nastrino rosso,

vena principale,

conduce l’emozione da un cuore all’altro.

L’unisono è assoluto.

 

Spugnette rosse danzanti:

i cuori dei cani.

 

 

da Maternità floreale

 

Maternità floreale

 

Madre,

micromosaico di vita,

nel recinto dell’infanzia

il profumo di vino delle tue rose

esplodeva

in colori ebbri di vivida carne.

 

Nella mia casa

mai troveranno posto

fiori recisi,

uccellini in gabbia,

petali di piume strappate alla vita.

 

Le pareti di questa casa

son spugne protese

verso una natura libera.

 

Anche se non avrò mai più un giardino,

anche se la mia pelle

il vegetale velluto

non accarezzerà mai più,

questi vasi resteranno vuoti,

memori del cerchio dell’infanzia,

altari lucenti di libera vita.

 

 

da L’età dell’oro e della ruggine

 

Simpri Nadâl

 

La gnot dorade,

Nadâl a Vignesie,

un simitieri d’infinît.

 

Il nestri cûr un tambûr,

tra lis calis plenis di nêf.

 

Sot la lûs di serenitât,

feralùt di sperance universâl

sul arbul di Nadâl.

 

Un cjan al cjamine, al bae e al vài

a lis stelis,

il cîl al vài il misteri.

 

Un cjampanili al vài in zenoglôn malincunìe,

pâs e amôr.

 

 

Sempre Natale

 

La notte dorata,

Natale a Venezia,

cimitero d’infinito.

 

Il nostro cuore un tamburo,

nelle calli piene di neve.

 

Sotto la luce della serenità,

lanterna di speranza universale

sull’albero di Natale.

 

Un cane cammina,

abbaia e piange alle stelle,

il cielo piange il mistero.

 

Un campanile in ginocchio lacrimando sparge malinconia,

pace e amore.

(tr. dal friulano)

 

 

da Architectures Three-dimensional Poems

 

Geometrie sfuggenti

 

Silenziose stelle,

dalle guance arrossate

e atterrite dall’incanto della notte,

osservano.

 

Spirali di luce e aloni aranciati

avvolgono,

nei cilindri angolari dello stupore,

un cuore intessuto di sottili trame.

 

Ignote geometrie

accolgono,

in consacrati perimetri,

visioni pulsanti di vitali battiti.

 

Un lago rosso e un fiume azzurro

confondono le loro acque,

per guidare

l’inquieto vascello dell’anima.

 

 

Fleeting Geometries

 

Silent stars,

with reddened cheeks

and terrified by the enchantment of the night,

observe.

 

Spirals of light and orange-hued haloes

envelop,

in the angular cylinders of astonishment,

a heart interwoven with subtle wefts.

 

Unknown geometries

receive,

in consecrated perimeters,

pulsing visions of vital beats.

 

A red lake and a blue river

mix their waters,

to guide

the restless vessel of the soul.

 

(Tr. di Luigi Bonaffini)