La Poesia italiana del Novecento - The italian Poetry of the 20th century
Maria Luisa Spaziani
Maria Luisa Spaziani nata a
Torino nel 1924 e vive a Roma. Poetessa, autrice di racconti, di testi
teatrali, di lavori critici e traduttrice, storica della Letteratura
francese, ha insegnato all’università di Messina. Ha cominciato a
pubblicare raccolte di poesie dal 1954, Le acque del sabato, Il gong
(1962), Utilità della memoria (1966), L'occhio del ciclone (1970),
Transito con catene (1977), Geometria del disordine (1981, Premio
Viareggio), La stella del libero arbitrio (1986), I fasti dell'ortica
(1996), La radice del mare (1999), La traversata dell'oasi, poesie
d'amore 1998-2001 (2002), La luna è già alta (2006), L'incrocio delle
mediane (2008), L'opera poetica (2012); ed il poema-romanzo Giovanna
d'Arco (1990). Di narrativa ha pubblicato: Donne in poesia (1992), La
freccia (2000), Montale e la Volpe (2011). Di saggistica: Marcel Proust
e altri saggi di letteratura francese (1959), Il teatro francese del
Seicento (1960), Ronsard fra gli astri della Pleiade (1972), Racine e
il "Bajazet" (1973), Il teatro francese del settecento (1974), Il
teatro francese dell'Ottocento (1975), Il teatro francese del Novecento
(1976).
Sito Web
http://www.marialuisaspaziani.it/public/
Wikiquote
http://it.wikiquote.org/wiki/Maria_Luisa_Spaziani
POESIE
Un fresco castagneto
Sarebbe, il mondo, un
fresco castagneto
se tutto mi guardasse
coi tuoi occhi.
Marroni, intensi,
laghetti dorati
ai raggi dolcemente
declinanti.
Così gli occhi degli
angeli, castagne
che hanno perso il
riccio. Il Paradiso
è quella svestizione,
ogni segreto
è arrivare al cuore.
Nessuno dice mai
Nei miei vent’anni non
ero felice
e non vorrei che il
tempo s’invertisse.
Un salice d’argento mi
consolava a volte,
a volte ci riusciva
con presagi e promesse.
Nessuno dice mai
quant’è difficile
la giovinezza. Giunti
in cima al cammino
teneramente la
guardiamo. In due,
forse la prima volta.
La morsa del salto
Il desiderio è
scivolare in sé,
è un ombelico interno
che concentra
ogni energia, la
rapida che preme
sul pettine ruggente
della diga.
È scrimolo infernale,
il punto-crisi
dell'acqua che
sprofonda verso i quieti
allegretti del fiume.
Ma mi si stringe
crudelmente la morsa
del salto.
Le parole oggi non bastano
Non chiedermi parole
oggi non bastano.
Stanno nei dizionari:
sia pure imprevedibili
nei loro incastri,
sono consunte voci.
È sempre un
prevedibile dejà vu.
Vorrei parlare con te
- è lo stesso con Dio -
tramite segni
umbratili di nervi,
elettrici messaggi che
la psiche
trae dal cuore
dell'universo.
Un fremere d'antenne,
un disegno di danza,
un infinitesimo
battere di ciglia,
la musica-ultrasuono
che nemmeno
immaginava Bach.
Nulla di nulla
Strappami dal sospetto
di essere nulla, più
nulla di nulla.
Non esiste nemmeno la
memoria.
Non esistono cieli.
Davanti agli occhi un
pianoro di neve,
giorni non numerabili,
cristalli
di una neve che sfuma
all'orizzonte
- e non c'è
l'orizzonte -.
Le tue braccia
Lo spirito ha bisogno
del finito
per incarnare slanci
d'infinito.
Parlo con l'angelo, e
le tue braccia d'uomo
soltanto lo traducono
ai miei sensi.
Dove comincia l'ala?
Dove nascono
musiche di tamburi di
tempesta?
Amarti è sprofondare,
è una foresta
sfumante in cieli
altissimi.
Volo sopra le Alpi
Volo sopra le Alpi, il
tuo ricordo copre
la pianura del Po fino
alle nevi dell'Etna.
Sei il mio paesaggio,
la mia patria,
il mio emblema, il
respiro profondo.
Sei l'albero di cui
sono la chioma,
fiorisco alta sui tuoi
folti rami.
Le tue radici mandano
la linfa
che sale e canta e
nutre le mie cellule.
Chi le nutriva in
quegli anni incredibili
quando di te ignoravo
gli occhi e il nome?
Quella voce segreta
che sussurra
nei giorni giovani le
sillabe: "Aspetta!".
Parigi dorme
Parigi dorme. Un
enorme silenzio
è sceso ad occupare
ogni interstizio
di tegole e di muri.
Gatti e uccelli
tacciono. Sono io di
sentinella.
Agosto senza clacson.
Sopravvivo
unica, forse. Tengo
fra le braccia
come Sainte Geneviève
la mia città
che spunta dal
mantello, in fondo al quadro.
Una rosa che sboccia
Ibernati, incoscienti,
inesistenti,
proveniamo da infiniti
deserti.
Fra poco altri
infiniti ci apriranno
ali voraci per
l'eternità.
Ma qui ora c'è l'oasi,
catena
di delizie e tormenti.
Le stagioni
colorate ci avvolgono,
le mani
amate ci accarezzano.
Un punto infinitesimo
nel vortice
che cieco ci
avviluppa. C'è la musica
(altrove sconosciuta),
c'è il miracolo
della rosa che
sboccia, e c'è il mio cuore.
Non sa, la barca, risalire il
fiume
Non sa, la barca,
risalire il fiume.
Nessun vento contrasta
la rapida.
Felicità, gonfiavi le
mie vele.
Ora smorte ricadono in
lamenti.
Ma sarebbero ancora le
parole
l'essenziale energia.
Quel silenzio
che sempre è il limo
fertile del verso,
ora è puro veleno.
A sipario abbassato
Quando ti amavo
sognavo i tuoi sogni.
ti guardavo le
palpebre dormire,
le ciglia in lieve
tremito.
Talvolta
è a sipario abbassato
che si snoda
con inauditi attori e
luminarie
la meraviglia.
Come in una cattedrale
Entro in questo amore
come in una cattedrale,
come in un ventre
oscuro di balena.
Mi risucchia un'eco di
mare, e dalle grandi volte
scende un corale
antico che è fuso alla mia voce.
Tu, scelto a caso
dalla sorte, ora sei l'unico,
il padre, il figlio,
l'angelo e il demonio.
Mi immergo a fondo in
te, il più essenziale abbraccio,
e le tue labbra
restano evanescenti sogni.
Prima di entrare nella
grande navata,
vivevo lieta, ero
contenta di poco.
Ma il tuo fascio di
luce, come un'immensa spada,
relega nel nulla tutto
quanto non sei.