Roberto Roversi è nato a Bologna nel 1923. Si arruolò fra i partigiani, appena ventenne, e combatté nella Resistenza in Piemonte. Dal 1948 al 2006 ha svolto l'attività di libraio antiquario gestendo a Bologna la Libreria Palmaverde. Nel 1955 fondò con Francesco Leonetti e Pier Paolo Pasolini la rivista Officina. Nel 1961 diede alla luce una nuova rivista, Rendiconti. Attorno alla metà degli anni sessanta smise di pubblicare con i grandi editori, limitandosi esclusivamente a fogli fotocopiati distribuiti liberamente e a collaborazioni con piccole riviste autogestite. Nei primi anni settanta fu, insieme ad altre personalità di rilievo come il radicale Marco Pannella, condirettore del quotidiano Lotta Continua, cui prestò la firma per evitarne la chiusura; in quel periodo scrisse anche numerosi versi che divennero testi di canzoni di Lucio Dalla (per gli album Il giorno aveva cinque teste, Anidride solforosa e, sotto pseudonimo, Automobili, con la famosa Nuvolari ), e successivamente altri per il gruppo degli Stadio (ad esempio, Chiedi chi erano i Beatles, il più grande successo del gruppo, ma anche Maledettamericatiamo e Doma il mare, il mare doma dedicata a Maradona). Nel 2008 ha raccolto per le edizioni di Luca Sossella “Tre poesie e alcune prose”, un volume di 576 pagine che comprende: "Dopo Campoformio" (nella versione 1965), "Le descrizioni in atto" (1969-85) e i versi degli anni Settanta e Ottanta riuniti nel "Libro Paradiso" (1993), oltre a due estratti dai romanzi "Registrazione di eventi" (1964) e "I diecimila cavalli" (1976), e da una scelta di scritti (tra 1959 e 2004) dal titolo "Materiale ferroso", testi che dimostrano l'impegno tra la teoria della poesia e l'azione politica. Nel 2010 ha dato alle stampe la versione integrale del poema "L'Italia sepolta sotto la neve". È scomparso nel settembre 2012 all'età di 89 anni.
Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Roversi
POESIE
Non
correre. Fermati. E guarda.
Guarda con un solo colpo
dell’occhio
la formica vicino alla ruota dell’auto veloce
che
trascina adagio adagio un chicco di pane
e così cura paziente il
suo inverno.
Guarda. Fermati. Non correre.
Tira il freno alza
il pedale
abbassa la serranda dell’inferno.
Guarda nel campo
fra il grano
lento e bianco il fumo di un camino
con la vecchia
casa vicina al grande noce.
Non correre veloce. Guarda
ancora.
Almeno per un momento.
Guarda il bambino che passa
tenendo la madre per mano
il colore dei muri delle case
le
nuvole in un cielo solitario e saggio
le ragazze che transitano in
un raggio di sole
il volto con le vene di mille anni
di una
donna o di un uomo venuti come Ulisse dal mare.
Fermati. Per un
momento. Prima di andare.
Ascoltiamo le grida d’amore
o le
grida d’aiuto
il tempo trascinato nella polvere del mondo
se
ti fermi e ascolti non sarai mai perduto.
I
sette soli d'estate fischiano sulla pianura
cascano sopra il
fieno, la canapa, la valle.
Approdano anche le grandi navi del
vento favonio
sulle spalle della pianura padana appena
sgelata.
Prima dell'uomo il suo respiro calmo.
Prima del
corridore il suo furore.
La ruota striscia sibila dentro la pietra
aguzza.
La mano sul manubrio è gialla.
Gialla e astuta come la
zampa dell'aquila pescatrice.
Lenzuoli colorati coprono di
nebbia
le labbra senza testa di duemila pini scatenati
QUANDO
COPPI E BARTALI CORREVANO IN BICICLETTA.
QUANDO
BARTALI E COPPI
Il Galibier è una vetta
Il Tourmalet è un
altra vetta.
Cime naturalmente tempestose e di-
scese nei
boschi precipitose.
la gente aspetta in un silenzio feroce.
QUANDO
BARTALI E COPPI CORREVANO IN BICICLETTA.
L'Italia
è contadina
nei campi i buoi bianchi dalle corna di luna.
Una
guerra terribile è ancora vicina
con le ossa tra le macerie della
strada.
ma questa strada non ancora asfaltata porta ad un'altra
strada.
Gli operai in tuta azzurra lasciavano
di giocare a
palla per guardare e
Coppi leggero leggero come un pensiero
appoggiato
sulle ruote dell'ombra che aveva strani bagliori
saliva.
QUANDO BARTALI E COPPI.
QUANDO
BARTALI E COPPI CORREVANO IN BICICLETTA.
La partenza è
l'Aubisque.
L'arrivo è l'Izoard.
Minuti di ritardo. L'episodio
cruciale. E al tramonto
sul traguardo il colpo di reni, un colpo
di pedale.
La memoria non si caccia via coi sassi come un cane.
La
memoria è storia non è oblio.
QUANDO
COPPI E BARTALI
ero giovane anch'io.
Gino sembrava un todesco,
Fausto un gatto
anzi no, una livra
e andava su storto per la
fatica prima di scomparire
sotto un ponte dietro l'acqua del
fiume.
Era sudato e come un lume senza più olio è andato a
morire.
La diga del Vajont è in VaI Cellina
a
dodici chilometri da Belluno
è la più grande diga ad arco del
mondo
alta 265 metri consente di invasare sino a un massimo
di
168 milioni di metri cubi d'acqua sul fiume Piave
per alimentare
la centrale idroelettrica di Soverzene.
190 metri di coronamento
carrozzabile
spessore al coronamento di 3 metri e 40
centimetri
spessore alla base 22 metri e 11 centimetri,
per
costruirla sono stati impiegati
350.000 metri cubi di calcestruzzo
e mezzo milione di quintali di boiaca.
Crolla la diga del
Vaiont
travolgendo interi paesi immersi nel sonno.
Era la più
alta d'Europa.
Si cercano le vittime nel fango
il fango ha
sommerso cinque borgate
fra i superstiti rassegnazione
e
fatalismo: i superstiti non piangono.
Il dolore del paese,
messaggio del Papa.
Le prime tele foto dal mare di sangue sopra
Belluno.
A Pirago il paese si è frantumato
su questa piana
c'era Longarone
ora è un mare di fango pavimenti di case.
La
morte è scesa dall'occhio azzurro del Vajont.
Gli uomini vivevano
sereni ai piedi della diga,
il fianco della montagna che si
specchiava nel lago,
era da
migliaia d'anni che si ergeva compatta e possente
Quell'immenso
ghiaieto dove una volta erano case
ha oggi un aspetto
allucinante.
Il paesaggio è lo stesso di quella città giapponese
dove era scoppiata una bomba,
alla luce del cielo terso
il
paesaggio è di un biancore insopportabile,
televisione programmi
sospesi,
dolore
e mistero, catastrofe biblica.
Prime polemiche. Si poteva evitare?
Il presidente della repubblica
ha erogato una cospicua
somma
per i primi soccorsi.
Il testo del telegramma
la
notizia del gravissimo disastro
le laboriose popolazioni della
valle del Piave
l'unanime sentimento di cordoglio del paese
animo
profondamente commosso
reverente pensiero agli scomparsi
le
famiglie così tragicamente provate
più affettuosi sentimenti di
solidarietà.
Oggi Leone si recherà nel Cadore
- sentimenti
vivo dolore
et profonda solidarietà
- pregola recare
popolazioni colpite tanto flagello
sensi affettuosa
solidarietà.
Un processo si deve fare
i responsabili si
debbono trovare e debbono pagare.
Longarone Pirago Rivalta
Villanova Faè
Codissago San Martino Spessa.
Calcolata
perfettamente la diga
si è trascurata la parte geologica;
un
sistema di centoquarantatre equazioni
con altrettante
incognite
risolto per controllare
le caratteristiche
costruttive; approssimative
le prove sulla struttura delle
rocce.
Non è rimasto nulla.
Non nulla per dire poca roba:
proprio nulla.
Quattro chilometri quadrati precipitati nel
fondo
delle ere geologiche
in un tempo preumano
«l'Ava la stava
qua?
magari la stesse qua. La stava a Rivalta
e a Rivalta non
ghe più niente».
Diga perfètta ma roccia pericolosa.
L'anima
nostra si raccoglie in preghiera
invocando eterna pace agli
scomparsi ;
- per far rifiorire in quelle terre così
laboriose .
la speranza di un avvenire
più sereno e
sicuro
Certo è che, per citare un caso,
il paese di
Valesella
un certo giorno cominciò ad andare in briciole
molte
case dovettero essere abbandonate.
Ecco la valle della sciagura
nel crepuscolo del mattino
fango silenzio solitudine
e
capire subito che tutto ciò è definitivo
più niente da fare e
da dire.
In tempi atomici si potrebbe affermare
che questa è
una sciagura «pulita»
tutto e stato fatto dalla natura
che
non è buona e non è cattiva ma indifferente.
Mi ricordo che
mentre la facevano
l'ingegnere Gildo Sperti della Sade
mi portò
alla vicina centrale di Soverzene
dove c'era un grande modello di
ottone
dello sbarramento in costruzione
ed era una scultura
stupenda
Arp e Brancusi ne sarebbero stati orgogliosi.
Più
arrivano bare più arriva gente
in questo grande mercato della
morte.
Il presidente Segni è a Longarone
circondato
dalle autorità
le autorità impettite e vestite a
puntino
facevano gruppo isolato
attorno premeva la gente della
montagna
«viene qui… da noi, ad ascoltarci».
Il consiglio
dei ministri ha rivolto un riverente pensiero
ha espresso la
commossa solidarietà
ha rinnovato l'assicurazione
- i
provvedimenti intesi a dare pronta assistenza.
Un giovane piange
la sua casa distrutta.
Nei magazzini degli aiuti ufficiali
vi
sono soltanto quintali
di latte in polvere.
I discorsi dei
miei concittadini.
I
treni partivano
i treni arrivavano
“al mare” dicevano i
treni
“alla montagna” dicevano i treni.
I treni
ridevano
cantavano
erano felici i treni.
(Mai più! Mai più!
Mai più!)
Il cielo era con nuvole azzurre
all’improvviso
il
cielo è diventato nero
il cielo è diventato fuoco
il treno
non è più partito
il treno non è più arrivato
il treno si è
fermato (è in ginocchio per terra).
(Mai più! Mai più! Mai
più!)
A un tratto il cielo
il cielo è diventato di
fuoco
i bambini piangevano
le mamme gridavano
stesi per
terra in silenzio
uomini donne bambine
mentre il sangue cadeva
dal cielo.
(Mai più! Mai più! Mai più!)
Le nubi non
erano più bianche
erano rosse di sangue
erano nere di
fumo.
Poi il tempo è passato
i morti sono ancora con noi
con
noi in partenza col treno
al mare in montagna.
(Mai più! Mai
più! Mai più!)
Ascolto
ascolto
ascolto
Quello che
vola lassù:
ci porta in vacanza
al mare o in montagna
fra
le nuvole bianche
(Mai più! Mai più! Mai più!)
Ascoltate
guardate
guardate la grande nave
passare
le onde
le onde
calde del mare
nuotare
andiamo al mare.
(Mai più! Mai più!
Mai più!)
Ascoltate
ascoltate
guardate
il treno
che
arriva a Bologna
noi nella stazione aspettare
allegri per
correre al mare.
(Mai più! Mai più! Mai più!)