Pietro
ALOISE

Pietro Aloise è nato nel 1943 a Bucita-S.Fili (Cosenza). Nel 1954 è stato accompagnato da Nonna Carmela a Roma dalla  Madre. Dal 1960 al 1970 ha vissuto a Treviso mentre, dal 1970 è ritornato a vivere a Roma. Nel 1988 ha pubblicato la silloge Nonostante tutto i fuochi sono accesi prefazione Dante Maffia. Nel 1990 ha pubblicato Le trappole della nostalgia prefazione Renato Minore, Renzo Paris e Giuseppe Neri, Premio Città di Tropea e Premio Alessandro Pinto a Palinuro. Nel 1993 ha pubblicato L’amore comunque prefazione Walter Pedullà. Nel 1999 pubblica la silloge Jiùri c’un si scìppanu prefazione Roberto Roversi, Premio Rhegium Julii come miglior poeta calabrese. Nel 2003 pubblica Insostenibili tremori prefazione Lucio Dalla e Sergio Valzania. Nel 2005 con la poesia dialettale Si pàtrimma è stàtu ‘nu fimminàru riceve il Premio Nicola Giunta e il Premio Speciale Giuseppe Morabito mentre con la poesia Ho attraversato molte stagioni riceve il Premio Anguillara Sabazia. Nel 2006 pubblica Pàsqua è sùlu ‘na festa? prefazione Roberto Roversi e Antonio Piromalli più nota di lettura di Francesco De Gregori, Premio Nicola Giunta, Premio Giuria Camaiore, Menzione Speciale Giuria Premio Palmi. Nel 2007 pubblica Corri poeta corri prefazione Giampaolo Rugarli e Giovanna Marini nota di lettura di Vincenzo Mollica, Premio Sandro Penna. Nel 2011 con la poesia dialettale E’ grànne assài riceve il Premio Fabrizio De Andrè mentre con la poesia dialettale Su’ nu puèta riceve il Premio Arte e Cultura 26 a Castrovillari. Nel 2012 con la poesia Ho vissuto come un equilibrista riceve una Segnalazione di Merito dalla Giuria Rhegium Julii, mentre nel 2012 pubblica Antologia Poetica 1988-2007 con la prefazione di Davide Rondoni, Giuseppe Neri più nota di lettura di Mario Castelnuovo. Come autore di canzoni nel 1971 Rita Pavone ha inciso Lasciati andare a sognare. Nel 1973 Anastasia Dellisanti ha inciso Una immagine di noi. Nel 1974 Nicola Di Bari ha inciso l’Artista e Marisa Sannia ha inciso Piccola strada di città. Nel 1976 come cantautore ha inciso Com’eri bella, Quanto amore c’è, Piccola amante, Ecco è tutto qui, mentre il gruppo Panda ha inciso Voglia di morire. Nel 1997 l’artista Domino ha inciso Nohai e Io senza te per il Festival di San Remo. Dal 1978 al 1985 ha collaborato con Radio Rai come programmatore musicale mentre dal 1985 al 1996 ha collaborato con la BMG (ex RCA) alla promozione discografica di Lucio Dalla, Gianni Morandi, Renato Zero, Giorgia, Luca Carboni, Formula 3, Samuele Bersani, Mike Francis, Angela Baraldi e Mario Castelnuovo mentre dal 2000 in poi si è occupato anche della promozione discografica di A. Venditti, F. De Gregori, Giovanna Marini, Ron, G. Paoli, R. Arbore, A. Oxa, E. Ruggeri, M. Locasciulli-A. Sparagna, e le opere musicali Tosca amore disperato di Lucio Dalla e Dracula della PFM.

POESIE

1990-Le trappole della nostalgia

Il gelataio
Era assolato
e senza un alito di vento-
quel pomeriggio d’estate
del 1948-
e seduta
all’ombra di un telo-
Carmela scacciava mosche
e vespe fastidiose.
Un cigolio

ci fece rizzare le orecchie-
come lucertole girammo la testa-
nel brillio dell’aria
c’era qualcosa che avanzava-
mentre nell’ortale imperava
il richiamo sensuale delle cicale.
Sotto il primo platano
si fermò-
e infischiandosene
di quella quiete cimiteriale
che aveva appisolato i Bucitesi-
*à cuminciàtu a jettàri ‘u bànnu
ppè re vie-
d’accattàri ppè pòchi lìri
nu gilàtu dùce da liccàri.
La piazza
diventò un’oasi in festa-
una infantile allegria
contagiò-
gente avvezza ai sospiri
consumare in fretta
quella delizia
dentro una coppetta.
Cercai lo sguardo di mia nonna
tirando più volte la sua gonna-
quante lacrime su quel muretto
che ci separava da quel carretto-
Carmela
era ricca dentro-
nelle tasche-
possedeva il vento.

* ha cominciato a gridare/per le vie/di acquistare per poche lire/un gelato dolce da leccare.

Chiappetta Carmela
(13-6-1896/14-5-1962)
Quando indossavi
abiti rattoppati
e i tuoi passi erano veloci-
con dignità-
 affrontavi giorni arrancanti
per consolare
i miei occhi tristi-
e stanca ma felice
 ti scapicollavi verso casa-
per imboccare
l’amato fanciullino
 che frignava-
come un affamato uccellino.
Adesso-
sotto questa croce
arrugginita-
in bilico
 per la poca terra-
formiche e lucertole
scorrazzano
fra sterpi e sassi assolati-
e infischiandosene-
della tua immortale dolcezza-
per latitanza
viene svergognato-
colui che tanto hai amato.
Quanti baci-
e quante ninne nanne-
t’inventavi
in quelle notti senza luna-
quando-
 assalito dalla paura
mi rifugiavo sul tuo petto.

A nonna Francesca
Il castagneto finiva lì-
e quella casa
in cima al paese-
era un posto sicuro
per zittire-
i brontolii dello stomaco.
Un grande letto-
 sempre disfatto-
ospitava
un corpo alla deriva-
ma ogni volta
che mi affacciavo sulla porta-
di gioia
s’illuminava quel viso.
Quella notte
invece-
l’insaziabile bestia la rapì-
privandomi
delle sue carezze
e dei suoi generosi alimenti.
(*) Assettàte
‘ntuòrnu a chiru lièttu-
fìmmine ccu re vèste nìvure
prigàvanu e ciangìvanu
‘mmèntre-
Nannùzzu miu si vattìva ‘u pièttu
cumu nu peccatùru ca si pènta.
All’improvviso-
una insolita canzone mi rapì-
e incantato-
da quella voce malinconica
che veniva da lontano-
disertai
quella stanza di dolore-
per correre
in quella casa dove-
come un angelo sull’altare
troneggiava-
 un mobiletto laccato
e un vetro illuminato-
che diffondeva
ma l’amore no. (**) 
Addolorato-
per non aver capito
l’unicità
di quel breve
ma intenso amore-
ancora oggi
verso lacrime che graffiano.

(*) Sedute/intorno a quel letto-/donne vestite di nero/pregavano e piangevano-/mentre/nonno Pietro si batteva il petto/come un peccatore pentito.

(**) Ma l’amore no/l’amore mio non può/disperdersi nel vento con le rose/tanto è forte che non cederà/non sfiorirà. La canzone è stata cantata da Alida Valli nel film del 1942 “Stasera niente di nuovo” successivamente è stata registrata da Lina Termini nel 1943.

1993-L’amore comunque

Io e te
Naufragare all’inferno
o in paradiso
è lo stesso-
l’importante sei tu
gioia e disperazione
della mia resurrezione-
per inebriarmi
 della tua disarmante bellezza-
e vivere-
 questa miracolosa follia
come un deserto
invaso
da imprevedibili nembi.
Abbracciami-
e in questa immensità 
condannami.


Emozioni
Aspettare che il gelo
nel tuo cuore si sciolga-
e il mio sguardo smarrito
ritrovi
la bellezza dell’innamoramento-
per sanare-
acide incomprensioni
che scompigliano la mente.
Oh luna luna
addolcisci i suoi occhi
incontrandomi.

Improvviso ma leggero
Planò
quel pulviscolo di luce
sopra glutei
che sfidavano anche i Santi-
e viscido
 come un serpente-
evitò le trappole
di una morale invadente-
penetrando l’impenetrabile.
Una miagolante sorpresa
scemò
sotto una raffica di si-
farfalle impazzite
volteggiavano
in laghi appagati-
e travolti-
 dalla dolce guerra dei sensi
soffocata d’atavici tabù-
s’isolarono come lebbrosi.
Gli amici-
stentarono a riconoscerci.


2003-Insostenibili tremori

Ah…se potessi allettare
quella pollastrella smorfiosa-
che impaziente di scoprire
le vibranti armonie del piacere
mostra-
con gesti monacali
i suoi gioielli-
a quell’imbranato sbarbatello
a cui basta scrollarsi
l’uccello-
per eccitarsi come un mandrillo- 
ebbene si-
per quel fiore
appena sbocciato-
che mi ha miracolato
il pène
anzitempo appassito-
potrei risorgere
da questa spoglia stagione-
come l’impavido girasole
che sfida l’imponente sole.

Imbarazzante-
è la condizione
in cui mi trascino.

L’estate degli anni ‘60
Erano anni senz’angosce
sognavamo a briglie sciolte.
La musica dei Beatles
ci esaltava-
quella dei cantautori
c’inteneriva.
 La caccia-
lungo spiagge assolate
o balere spensierate-
erano luoghi complici
d’incontri ravvicinati
e goffi palpeggiamenti.
E quando la pallida complice
illuminava altri orizzonti-
e la stanchezza acquietava-
inconcludenti corteggiamenti-
la dolce guerra dei sensi
si assopiva.
Erano gli anni
dei fuggevoli amori ardenti.

I mitici anni ‘60
L’acre odore della guerra
andava scemando-
quando-
la rivoluzione culturale
albeggiava
ed io-
imbranato
e imbrillantinato-
come un polpo mi abbracciavo
 a fanciulle sculettante
e allettante
mentre-
avvampato di vergogna
emergevano-
imbarazzanti fragilità.
Erano anni d’incoscienza
e di allegria-
di attimi fuggenti
e di una goffa spavalderia-
e travolto
da erotiche fantasie 
e turbamenti peccaminosi-
cellule disimbrigliate
s’immolavano
no-
nell’universo di un bocciolo
di rosa
ma-
nelle mie sporche
e consumate mutande.
Consolavo
i miei dolci tormenti-
sfogliando
calendari indecenti.
  

2006-Pàsqua è sùlu ‘na fèsta?

A Santufili
‘u trènu s’è fermàtu-
e ‘mmiènzu a chìru fùmu
fìscchi-
e pòrte spattùte ccù fòrza-
Màmma mia
suttu ‘e titiddre m’à pigliàtu-
sùpra ‘e spàddre sua m’a cunzàtu-
e chjiànu chjiànu
ppè ‘na sagliùta petràta
s’è abbijiàta.
Dui chilòmitri a pèdi
‘un su’ assài-
ma chìra sìra ‘a luna
er’ammucciàta-
e ‘u vièntu fisccàva da’ muntàgna
a ra campàgna-
e ‘mmèntre l’àrvuli traballàvanu
cumu giagànti ‘mbriàchi-
Melùzza*
lènta lènta caminàva 
ppè chira stràta sccùra
ca’ n’avèrra purtàtu a Bucita.
Arrivàti a ru campusàntu-
‘a sùlita cacarèddra m’à pigliàtu-
e ppè mi fàre ‘na pìcca
i curàggiu-
‘na tiritèra
mi sùgnu misu a cacagliàre:
simu arrivàti? n’àtra pidàta-
simu arrivàti? n’àtra pidàta-
simu arrivàti? n’àtra pidàta.
E quannu avìmu bussàtu
a ra porta i Nànna Carmela-
 e Iddra n’è cumpàrsa
ccù l’uòcchi spiritàti-
 ‘u sìgnu da’ crùce ni sìmu fàttu-
e vasànnucci
cumu fanu li migrànti-
 e stànchi
 cumu zappàturi
a ra fine da jurnàta-
‘ntru lièttu ni simu ficcàti-
e ‘ntre vràzza sua-
mi sùgnu ‘ncursunàtu.
Tànnu-
cumu l’ànni dòppu-
‘a guèrra ppè Melùzza è furnùta
are 13 du’ 23 giùgnu 2007-
quànnu chira brùtta baiàssa
l’à sucàtu l’àrma.     

A San Fili/il treno si è fermato-/e in mezzo a quel fumo/fischi-/e porte sbattute con forza-/Mia Madre/sotto le ascelle mi ha preso-/sopra le sue spalle mi ha sistemato-/e piano piano/per una salita sterrata/si è avviata.//Due chilometri a piedi/non sono molti-/ma quella sera la luna/era nascosta-/e il vento fischiava dalla montagna/alla campagna-/e mentre gli alberi traballavano/come giganti ubriachi-/Amelia/lentamente camminava/per quella strada buia-/che ci avrebbe portato a Bucita.//Arrivati al cimitero-/la solita paura mi ha preso-/e per farmi un poco/di coraggio-/una filastrocca/mi sono messo a balbettare:/siamo arrivati? ancora un passo-/siamo arrivati? ancora un passo-/siamo arrivati? ancora un passo.//E quando abbiamo bussato/alla porta-/e Nonna Carmela ci è apparsa/con gli occhi spalancati-/il segno della croce ci siamo fatti-/e baciandoci/come fanno gli emigranti-/e stanchi-/come i contadini/alla fine della giornata-/nel letto ci siamo infilati-/e nelle sue braccia-/mi sono accoccolato.//Allora-/come negli anni a venire-/la guerra per Amelia è finita/alle ore 13 del 23 giugno 2007-/quando quella brutta puttana/gli ha succhiato l’anima.//

*Melùzza è mia madre Amelia

‘U Vièntu
S’àza-
 e faciènnu fìnta
i nènte-
cumìncia a jiùjjiàri fòrte
fricànnusine da gènte-
e de l’arvùri ca trabàllanu
 cumu gigànti ‘mpiruccàti. 

‘U vièntu-
quànnu s’arràggia
‘un ci scàmpu ppè nùddru-
pòrte e finèstre si spalàncanu
misc-cànnu tùtti ‘e cose-
‘mmèntre ‘e frùnne si spèrdanu
cumu surdàti in guèrra.

‘U vièntu-
 cumu vèna và-
e sulu tànnu
fà pace ccù ru mùnnu.

Si alza-/e facendo finta di niente-/comincia a soffiare forte/fregandosene della gente-/e degli alberi che barcollano/come giganti ubriachi.//Il vento-/quando si arrabbia/non c’è scampo per nessuno-/porte e finestre si spalancano/mischiando ogni cosa-/mentre le foglie si disperdono/come soldati in guerra.//Il vento-/come viene va-/e solo allora/fa pace con il mondo.//

‘A beddrìzza
pp’èssere scupèrta
in tutta ‘a luce ca tena-
à bisuògnu i tièmpu
e tànta pacènza.
‘U puèta e ru pittùre
‘a fanu campàre ppè sèmpe.
Li ‘nnammuràti suspìranu
tùtt’e vòte ca vìdenu.
 ‘I sàpi ‘a cuntèmpranu.
 I maèstri ‘a ‘mpàranu.
Li ‘ndifferènti si nnè fricànu.
‘I civamùsche ‘unn’a capìscianu.
‘I gelùsi l’ammùccianu.
 ‘I sbruffùni
s’avàntanu c’a canùscianu.
I nimìci ‘mbèce-
‘a zàmpaniànu jestimànnu.
Squaddrariàti sunu
l’assitàti i beddrìzza.

La bellezza-/per essere scoperta/in tutto il suo splendore-/ha bisogno di tempo/e molta pazienza.//Il poeta e il pittore/la rendono immortale.//Gl’innamorati sospirano/tutte le volte che la vedono.//I saggi la contemplano.//I maestri la insegnano.//Gl’indifferenti se ne infischiano.//Gli stupidi non la comprendono.//I gelosi la nascondono.//Gli sbruffoni/si vantano di conoscerla.//I nemici invece-/la calpestano bestemmiando.//Fortunati sono/gli assetati di bellezza.//

2007-Corri poeta corri

Eccomi qui
Eccomi qui-
al volante dell’auto
e padrone del mio tempo-
fuggire
da quest’atavica bellezza
che incanta-
 e fa sognare popoli
 affamati di conoscenza.
Eccomi qui
per destinazione libertà-
lasciarmi alle spalle
giorni ringhiosi
per gioire-
della musica di un temporale-
stupirmi
per una foglia che cade.
Eccomi qui-
 a macinare chilometri
senza più catene-
e libero come una rondine
duettare con Battisti
“pensieri e parole”-
e baciato da tanta fortuna
faccio l’occhiolino alla luna.

E’ stato un caso incontrarti?
una fotocopiatrice ci separa-
e per evitare
che il cuore deragli-
ingoio la solita compressa
per acquietarlo.
Come sei bella!
Il tempo
 che sfibra il mio corpo
e fa insorgere nemici latenti-
ha inventato per te
una clessidra speciale.
Perché non parli?
irritarti mi ferisce-
perché solo a guardarti
l’anima gioisce-
e se ancora non hai compreso
l’intensità di questo incendio-
abbracciami
e dai tuoi occhi
si affacceranno le stelle.

Estate 1965
Sopra letti di sterpi
e dune assolate-
una bocca insaziabile
 succhiava la mia anima-
e in balia-
di ubriacante dissolutezze
che stanavano-
una maldestra esperienza-
penetravo quell’universo
affamato di sesso
che provocava-
frettolosi orgasmi imbarazzanti
e amorosi deliri ansimanti.
Turba ancora la mia mente
quell’avvampante estate.

2012-Antologia Poetica 1988-2007
(Improvvise emozioni)

19 giugno 1943
In quel tardo mattino del ’43-
mentre le cicale cantavano
e i contadini falciavano il grano-
una rosa appena sbocciata-
partoriva
sopra un tavolo da cucina-
il frutto
 di una notte ardente-
con un futuro inconcludente.
Ricordare quei momenti
è impossibile-
e mi dispiace-
ma sono certo
di essere stato festeggiato-
e poi-
amorevolmente accompagnato-
attraverso stagioni solari
o imprevisti temporali-
fino a quando i loro sguardi
hanno cessato di proteggermi.
Oggi
che la noia non mi appartiene-
e le rughe
sono solo un distinguo-
mi danno-
 per l’assediante precarietà
che insidia la mia libertà-
e supplico-
quei cari Angeli
di abbracciarmi ancora
esattamente come allora-
affinché-
avvolgendomi di serenità
e coraggio-
quest’angoscia sfibrante 
cessi di logorarmi-
e in pace forse con Dio-
rassegnato forse mi avvio-
verso-
 quel riluttante…addio?
Un brivido mi assale-
e come un bambino rapito-
piango.

****
Perchè Dio
inonda di colori
i tuoi occhi-
e senza pietà-
illanguidisce
i miei?

****
Delicato-
forse innamorato
è il tempo con te-
ringhioso-
forse geloso-
lo è con me.

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