Paola
LUCARINI

Paola Lucarini è nata ad Ancona nel 1942 ed è vissuta a Firenze, dove è scomparsa nel 2024. Ha pubblicato numerose raccolte di poesia tra cui: Seme di ulivo (Città di Vita, 1981), Dei fuochi la neve ardente (Hellas, 1981, prefazione di Mario Luzi, postfazione di Carmelo Mezzasalma), Fiori dallo stagno d’inchiostro (Lacaita, 1985, introduzione di Geno Pampaloni), Dal rogo al melograno (Passigli, 1992, prefazione di Mario Luzi), La casa dei quattro eventi (Nuova Compagnia Editrice, 1994, introduzione di Emerico Giachery), Un incendio verso il mare (Marsilio 2002, introduzione di Stefano Lanuzza), Alla vita (Masso delle Fate, 2007). Ha ideato e condotto da animatrice culturale per molti decenni l’associazione Sguardo e Sogno che ha ospitato poeti e scrittori. È stata nel direttivo PEN Club Italia.

POESIE

da DEI FUOCHI LA NEVE ARDENTE 

Dei fuochi la neve ardente
mentre passo passo
ancora ci accompagna la vita

Il bianco di cui porto il colore
crescerti dovrebbe chiarezze
mio cielo di ricerche inestinguibili
mentre la mano lucida il sasso
a conoscerlo, ferma,
e corrente lascio che scorra,
altra scelta non ho che questa
di pianto e tenerezza raggelati.

Sto fra ultima tenebra
e primo chiaro

Insondabile
tu.
Acqua oscura
un raggio
che ondulasse la superficie
mi aiuterebbe.
Il motivi
per cui ti ho subito amato
sotterranei
dove mi perdo
d’improvviso abbaglianti
miracolo d’un gesto
a rivelarti 

da FIORI DALLO STAGNO D’INCHIOSTRO

Grazie, felicità,
basta il cancello serrato
da cui s’affonda un profondo viale
nel verde segreto
di chi sa quali svolte
inventa la vita
ne nasce un profilo di colle
a filo del tramonto
controrosso deserto di dune
e ancora-da sempre, forse-
sospende il plenilunio
un vortice di cose da dire
se l’amore è questo lo è

*
Chiuso per ferie: ho il cuore in vacanza.

S’imbandierino cieli e finestre
io passo per le vie, innamorata

Sapevo che esistevi
ti ho incontrato un attimo.
Ho incontrato l’attimo.
Saprò sempre che esisti

se non è amore
è il più grande amore non amore
che io conosca

*
Una voliera, il cuore.
Stridi trilli impazziti
pulsazioni elettriche
s’infrangono i colori alle sbarre
un’impennata e convergono lassù.
Sbattete pure e virate alto
ma non fuggite via,
gridi d’amore
Piuma dell’anima.

*
Conoscevi albe perlacee
tramonti roventi
nel te stesso più solitario
esaltato sofferto.
Conoscevi carne
nell’ ansito di amanti
amorose amabili amare
quando ti donavi.
Ero io tutto ciò
che provavi ogni giorno
nascendo e morendo.
Appena ti sono apparsa
mi hai riconosciuta.
E la vita è poco più di questa
rissosa accolta di detriti e frantumi
alle labbra del mare
e fu il tempo di quando
m’estasiavo- bambina-
ai limiti di quel bacio greggio
d’un subito mi prendeva
repulsione e fascinazione
né allora sapevo
che la vita sarebbe stata
poco più di questa
dall’odore e dalla vista acre
se un fuoco di sterpi
incendia la battigia
nella mattina più grigia.

da DAL ROGO AL MELOGRANO

In quale punto attraversai la vita
e con lei il tuo sguardo?
Devastata anima, accenditi
a questa lente ustoria
del puro silenzio- nel rogo
degli eventi inconsumati.

Un passo ancora, o alto sole,
nella piazza del cuore illuminato,
poi la foglia d’addio nella mano
-già di lontano-
e la discesa tra le pietre d’ombre
tra i muri oscuri del non ritorno

Quando la siepe degli anni
si fa più fitta, nell’esile raggio
risplendono tutti i soli

il cuore verde di risvegli
all’onde dei cespugli nuovi sogni
sulla chiarità di uccelli canti

solo io-ascolta- manco

Ogni amore rifluisce
all’amore
sale dalle canne d’organo
si queste case umili-ma non povere-
il suono d’opere semplici
poco alterate dalle vicende del tempo
sì che gli invisibili ancora vi si riconoscono,
non sorpresi dagli annunzi del nuovo.
Proprio l’onda verde dei campi
li conduce in visite non estranee a noi,
simili a farfalle tetticole

sui coppi calcinati di muschi
mentre si va ripetendo
il girasole dell’estate.

Anch’io mi volgo all’armonia
di ogni consolante ritorno
che prepara il nostro volo.

Adesso che non sei più
-o non sei soltanto tu
puoi scrivere una lettera all’assente.

Anche a colei che fosti
nella precedente vita, quando
nella casa turchina sul colle
un passo solo raggiungeva
aromi d’erbe e rosaio selvatico.
Crescevi a desideri: eventi avventure
lampeggianti saette di lepre
nel folto del mondo
attraversano il cuore

e la forma-pensiero divenne realtà.

Quella del rogo. Da cui
torni oggi al melograno
in pienezza d’essere.
Per chiudere in una sfera
vive fiamme

Sono stata una donna semplice
in un paese di rondini e girasoli

a una svolta, dai tornanti,
ecco apparire-la vedi?-
quella casa turchina, a pendio

su un pezzo d’infinito
attaccata alla roccia

Lo diresti, a valle, un Arno
cupo inselvatichito, dopo una strada
scalpellinata da operai
tanto da uscirne a caviglie bianche
in cerca d’acqua fonda
nella conca dei dirupi

neppure qui la vita
si chiama facile

c’è troppo sole da sopportare,
te lo trovi in sudore giù alla schiena.
Ma dal cavo della mano
puoi con gesto ancora sacro
bere trasparenze all’ombra
delle ciglia, al riparo d’una frasca. 

da LA CASA DEI QUATTRO EVENTI

La Fiaba delle sette rose
Per ognuno di noi
gli agguati delle favole

e un dono: il tempo
di vivere per comprenderle

Come fu lontana, ieri, la bambina
che riconosceva l’alba

quando scalza lasciava
lo chalet fra cabine verticali
cerulee matite rosee
aste sul primo quaderno, la spiaggia-

com’è tornata vicina,
oggi, quella bambina

Sciamano schiamazzando
ridendo grida parole
in festosa fiera fuori di scuola
oggi i ragazzi di sempre

mi torna in gola
quel trillo di nido
e mi fa più male
il male, la distanza

Angeli vegliano su di te
finché tu muoia a te stesso
per nascere alla vita
e vegliare su altri. 

Mille campanelli di ghiaccio
attraversano il vento

il ruscello taglia la gola d’argento
fora l’orecchio per un sonante pendaglio zingaro

la gonna s’intrina di neve
-infiorati,scialle!-

finché il cuore se ne va
sempre più nomade più lieve

lasciando un’apparenza di donna
al suo sole.

Stamani l’aria è lavata come un fresco lenzuolo
che il vento trapassa stirando a onde:
oh anima!

Acquisto un secchio azzurro come l’aria
per quei mattoni rudi da pulire, di terra-
m’inchino a una legge antica,
la fatica profonda e giusta delle nostre donne.

Così vecchia da aver capito
quasi tutti i trucchi e le magie
così violentemente giovane
da avere voglia di sperimentarli

…io la vidi, in segreto
fanciulla: al sole della finestra

le sopracciglie sottili arcuava di neretto
impiombava le palpebre viola-

poi, retrocedendo, più bambina ancora,
scioglieva trecce d’oro

alla fiaba dell’attesa

La finestra
fra stanza e campagna
due vetri a sinistra,
due venti a destra,
per la casa-inimitabile-
dei quattro eventi,
mentre le travi interne erompendo
dalle vernici si rifanno tronchi,
fulgidamente
foresta 

da UN INCENDIO VERSO IL MARE

Non chiedo quale dio sia in me
anche una foglia basta a fare cielo

mentre il fonte discende dal seno
-tutta m’imbibisce il fiotto dei rivi-
quando il calcare, lenzuolo
approntato sulla roccia, mi accoglie
non importa sapere dio chi sei-

Amo pianure  e case
scialbate dalle nebbie
nel vagone sonnolento

amo la zolla che deve venire
ogni albero che nuovo si pone
nel furore del vento,
ogni minuto futuro
più vicino a te.

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