Massimo
DALLE LUCHE

Massimo Dalle Luche è nato nel 1962 a Massa dove vive. È autore delle raccolte di versi: Interno con foglie e altri versi (Ulisse Mediterraneo Edizioni, 2001, 2° Premio Alpi Apuane), Oltre Malpasso (Vuelleti Edizioni, 2004, Premio Carducci 2005), Nei bassifondi dell’Impero (Edizioni del Leone, 2009), Come pietra che piange (Le Mimose, a cura di G. Cordoni, 2011), Il chiaro dell’ombra (Transeuropa Edizioni, 2015), Per dono (Book Editore, 2020, con una nota di Giuseppe Conte), Nel tempo del padre (Edizioni Industria & Letteratura). È stato componente della Giuria del Premio Nazionale Alpi Apuane. Alcuni suoi versi sono comparsi in cataloghi di mostre di artisti contemporanei: Mariano Domenici (“Il legno e l’anima”, 2008), Romano Cosci (“Il fiore donato”, 2009), Marcello Scarselli (“Humanitas Machinae – Il lavoro dipinto”, 2013), Collettiva d’arte contemporanea, 2007 (“Dies Natalis – L’amore della vita”), Collettiva di scultura contemporanea, 2012 (“Pietrasanta – Poesia della scultura”).

m.dalle.luche@outlook.it

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POESIE

da INTERNO CON FOGLIE

L’attesa
È perso
il liquido dei giorni.
Nell’apertura secca la lama a fondo incide
e il seme rientra nel seme,
espiando l’antica colpa dell’albero,
in un ritorno che altro non sa
se non l’ombra del rimorso lucente,
il senso del vento inappartenuto,
più vivo della foglia dissolta,
del tremore della bestia colpita.
Così è il gesto accecante
che resta nel chiuso dell’occhio remoto,
ricamato di verde,
a definire l’attesa, la nube,
il silenzio dorato dell’acqua.
La presenza allora si colma
di cose cadute.
La parola, se nutre qualcosa,
può essere un gemito, un viso,
un sogno che mente sognando altre parole.

Uccelli a capofitto come foglie
Uccelli a capofitto come foglie
si gettano in uno spazio
che non conosco.
Vento che ritorna attraverso i pioppi
reticolo di nuvole e di gru
perché la pioggia illumini quest’angolo
è vero solo ciò che non esiste.

da OLTRE MALPASSO

Ho seguito con lo sguardo i miei cari
Ho seguito con lo sguardo i miei cari
mentre a uno a uno si incamminavano
per lo scantinato povero di luce,
un po’ impacciati per i bagagli logori,
infantili e affranti, con l’icona
di Santa Burlanda e il cinquino nella tasca
dei calzoni, li ho visti farsi sempre
più piccoli e, alla fine, voltarsi verso
lo spiraglio della porta semiaperta,
per risalire la corrente nera
incontro a un tempo di primavera
che ancora tarda ad arrivare…

Il testimone
Capiterà un giorno che qualche padre,
a corto di fiato per la lunga corsa,
le scarpe lacerate, il volto ormai consunto,
prima di passare il testimone
di una staffetta perdente,
ci sussurri timidamente all’orecchio:
“ ’Nch’ a tte, come mme, tu ne capirà mai
cós’a l’è ben e cós’a l’è malo
su questa tera ch’a n’ze pó curare…”

Anche tu, come me, non capirai mai/ che cosa è bene e cosa è male/ su questa terra insanabile…” 

I suoni
Qualcuno da qualche parte ha voluto
questa storia: i fari che stancamente
si incrociano sulla strada che buca
le curve invisibili del tempo, il senso
del passato e del futuro che è già
adesso, e chiama dal numero di un telefono
sconosciuto, la distanza dal volto coperto
delle cose – l’albero ventoso, la roccia, le mani
nella luce…
E oggi qui senza capire
riprovo a leggere quello che altri
ha scritto con lettere confuse nel fondo
del pensiero, segnando il quieto palpito
del sangue, per prolungare la mancanza
intollerabile e il principio, il folto
odore della notte, come quell’ombra
che è ferma laggiù in ascolto dei suoni
antichi sognati dall’universo.

da NEI BASSIFONDI DELL’IMPERO

La fila delle baracche affoga nel fango
La fila delle baracche affoga nel fango
uno stretto viottolo dove s’annidano
cataste di sporcizia in fondo si intravede
un gruppo di ninos che gioca con la pelota
movenze di ritmo carioca
ridono ma uno sulla destra ha quasi
una smorfia di traverso sul viso…

Solo un manifesto mezzo strappato,
biascicato dalla pioggia.

Negli alti luoghi mareggiati, sui forteti
Negli alti luoghi mareggiati, sui forteti,
alla controra, il pensiero corre ai cuccioli
d’uomo cancellati a Cana, Sabra e Shatila,
nozze in moltiplicazione di sangue
e polvere, i perseguitati con la maschera
dei persecutori. A Ciudad Juarez, nel buio
del suburbio, dieci cento mille
operaie bambine inghiottite dagli orchi,
dalle maquiladoras alla sabbia del deserto,
spolpe ossa seppellite nella fossa
senza nome. E a My-Lai, Song-My, dolcissimi
suoni tra le labbra, tutto si può
fare, tutto è stato fatto nel segno
di chi impasta disprezzo e libertà,
come la landa di luna a Dresda dopo
il risveglio con l’uccello che grida
a squarciagola sul ramo. E poi, i dodici
mesi di inverno nel bianco della Kolyma
con l’ombra di Giuseppe e gli altri sconosciuti
a vivere due volte morti, lasciando
fede e briciole di pane al dopo… E per sempre
e senza requie, nel grigiore di Ostia
all’Idroscalo, sfogliare questi luoghi
a uno a uno al centro di un giardino,
davanti a una colonna spezzata tra due voli,
pronunciando a mezza voce il loro nome…

da COME PIETRA CHE PIANGE

Sempre colpevole di fronte alla legge.
Solo la conoscenza del dolore
nega il fato. Ma anche questa diventa
abitudine, come il tempo che non conosce
stagioni e nel giardino porta pioggia
e vento tutto l’anno. Così cerchi
di dormire per toccare solo
per un attimo il viso che si compie
nel passaggio dalla luce all’ombra.
E’ancora lei, la donna di roccia che perde
lacrime e vuole diventare pianto…

*
Fischi di merli e bimbi. Qualche gabbiano,
lontano dal mare, volteggia sul Fiume in cerca
di cibo tra l’immondizia. Tracce
inarrestabili di sottomondo. Il tuo occhio
fisso sta in ascolto e interroga. Ma è tutto
chiaro: i Tribunali ti seguono ovunque, scoprono
la nuda vita. Intercettato da un universo
di viltà immonda, subisci una condanna,
senza capirne il senso. Di là dalla vetrata,
nel giardino, tornano ancora le furie cieche
sotto gli ulivi penitenti…

*
Dalla parte di Niobe, nel nome dei suoi figli
perduti, in memoria del recluso oppresso,
suicidato, continua, disperando, a scrivere
per non lasciare spazio alla scordanza,
al vuoto, poni mente al senso che stormisce
in attesa del nascosto indistruttibile, tra assassini
e screature abbandonate, nel rifiuto della norma
di Artemide nera, ripeti quel lontano di vita
che è consueto accordo di musica e silenzio,
assomma perdita e risveglio con misura,
il gelo e il prato assopito nell’ora
della mimosa che straripa…

da IL CHIARO DELL’OMBRA

Il luogo è quello del rovo e caprifoglio
Il luogo è quello del rovo e caprifoglio
sotto l’argento mosso di pioppi
e salici. Un airone scontroso
s’allontana, posa il suo fuoco
sull’altra riva. Là hanno tagliato
tutto per risanare chissà cosa,
ma presto spunterà di nuovo il verde
che non s’arrende. Il luogo è quello
del distacco di due ombre perse
nella corsa del lupo affannato.

C’ è una stanchezza crescente che porta
C’ è una stanchezza crescente che porta
all’acqua verde confusa tra il verde
delle foglie lento, quando la macchia
dell’ansia traspare e l’urlo già scritto
dentro divora mai sazio.
Anche l’animale dagli occhi aguzzi
che nel buio s’abbevera, antico,
e senza sosta si gratta ansimando,
dissemina intorno tracce di sogno,
di mente.
————-Dita minute che arricciano
ciocche di madri, passi nel corridoio
notturno inveduti, giovinezza di femmine
assenze, volti specchiati nel volto
filiale, le ingiurie della legge
e del distacco…
——————“Una mela sotto
il cuscino, mezzo bicchiere di infuso
di papaveri o essenza di mandragora…”  

Ecco più in basso la distesa d’acqua
calma colore dell’erba che aspetta
di riaccogliere la carne dell’esule.

da PER DONO

da Altadol
Deltacortene a diminuire, Altadol
a dosi massiccie, Rimadyl 3 mg
per kg di peso corporeo al giorno…
Altro veleno che porta cura
insieme a nuovi mali.
Un qualsiasi Dott. Felitra chiamato
in sogno che cerchi invano
per dare una risposta. Ora il suo grido
di dolore punta la prima
stella

*
Sul limitare, come se fosse tra veglia
e sonno, dove le figure si fanno ombre
e le ombre figure, dentro uno specchio
oscuro che si schiude, la sua corsa
affaticata, il suo sguardo umano e lì
proprio lì il senso, sulla via luminosa
che traccia la solitaria sul pavimento
buio, senza più timore né margine
di pena, con la conoscenza di un bimbo
nascosto tra le foglie di un tiglio dorato
o dietro un capanno sulla spiaggia
di un mare autunnale, prima di quello
che poteva essere e non è stato

Desiderio delle stelle
————————————–…e quando miro
—————————–quegli ancor più senz’alcun fin remoti
—————————–nodi quasi di stelle,… 

—————————–Giacomo Leopardi

1
Seduti sulla spiaggia abbandonata
siamo rimasti a guardare
le stanche volute della risacca,
in attesa che qualche pesce vorace,
sbucato dalle pieghe di un’onda,
mostrasse tra il biancore dei denti
la sua povera preda inanimata.
Una coppia di cani nerofulvi
si accaniva su una carcassa di gabbiano
incastrata da giorni tra gli scogli.
Ci siamo chiesti allora perché tutto
finisca in un modo così semplice e atroce

2
Io non so da quale parte
a quest’ora che non è solo ombra
ma ombra di luce nella brezza lunare
ritornino nella mente assonnata
le sembianze più o meno note
dei cari assenti, ostie impalpabili
che nel primo buio compaiono
o nel mezzosogno del fuoco nascente:
” Massimo… Massimo…” come stelle fisse
sussurrano “prega per il nostro
luogo di pena e per questo vostro
tempo confuso…” ma sono io,
proprio io, che invoco per noi
una preghiera nel nome di un passato
che si fa presente e di un male
dalla faccia inconoscibile

3
Lassù, da qualche parte, sulla soglia
dell’orizzonte degli eventi, dove
braccia smisurate di fulgore
si dibattono prima di precipitare
in pozzi senza fondo, lune pianeti
soli comete nane giganti stelle fredde
nove e supernove pulsar costellazioni
quasar galassie ammassi di galassie
e nebulose, corpi celesti intravisti
o solo immaginati, immersi in materia
e energia oscura, specchio dell’infinitamente
piccolo e, d’un tratto, abisso del pensiero
che in sè riassume sfere di bellezza

4
…E quaggiù, sotto la montagna bruna,
gli inferni e l’insensato ancora più
insensato inferno dinanzi
all’insondabile infinità.
————————Ma ora, qui
– tu e io parte del silenzio – il resto
non importa e così se anche in un tempo
lontano – quando dell’uomo non sarà
neppure l’assenza – le cose celesti,
in un immane strappo, svanissero nel nulla,
ci basti nella stanca luce del tramonto
questo mare che piano si svuota
e accoglie nel suo cavo oscillante
i primi bagliori del buio

da NEL TEMPO DEL PADRE

Alla fine di questa stanza
c’è il mare e alla fine del mare
la volta stellata.
L’uomo con il drago di sangue
in fondo al petto si guarda
le dita affusolate al pallore dell’alogeno
prima di cominciare a leggere.
La donna ripete la stessa nenia
per tutta la notte
con la testa piegata sul seno.
Qualcuno annota
sul vuoto della pagina
una cura senza ritorno.
“Quanto tempo ci vorrà
per costruire un nuovo mondo ?”

L’onda che s’avvolge
nel brivido del suo candore
riflette l’ultima stella

Così lenta è venuta la morte
e aveva lo sguardo perso di un cane
immobile e il volto sfibrato di un uomo
percorso dagli anni e dopo il tormento
del gatto grigio fumo perduto
nel folto…
————–Così lenta è venuta…
e pure eri lì che camminavi
intorno alla casa della tua infanzia
-il pianto del glicine più del salice –
ma non eri solo, ti stava accanto
tuo padre con il toscano tra le dita
e il braccio sinistro dietro i fianchi
e io a guardare da lontano e sorridere
con voi posati in questo luogo, appena
toccato dal vento, che non passa

Come l’animale incorrotto
anche tu in cenere radice antica
e oggi, nel distacco dal seme generato,
un nemico che divide
con il vile pretesto di un morbo.

Occhi celeste pervinca
dall’Increato
dissolvi e coagula per ritrovare
un nuovo splendore

Traduzioni
da OLTRE MALPASSO

The Sounds
Someone, somewhere, has wanted
this story: the intersecting lights
in the road piercing time’s invisible bends,
the meaning of both past and future
which is already now, calling from
an unknown telephone number,
the distance from veiled things
– the wind-swept tree, the rock,
the light-kissed hands…
————————- Today I vainly
seek to decipher what others have written
on the bottom of the thought,
marking the quiet blood beat,
to expand the unbearable lack
and the beginning, the night’s various scents,
like that shadow listening to ancient sounds,
dreamt by the universe.
(Traduzione di Valerio Innocenti)

da NEI BASSIFONDI DELL’IMPERO

Through a looking-glass
Through a broken looking-glass,
there enwrapped, an obscure image…
in the faded room, amid a whirl
of eyes and senseless yelling
he says, ‘Remember Job shrouded
in his pain, and do not leave him
alone with his God…’ While redeeming
plans for the urban improvement are
uttered by stupid and blinkered
oracles, who look at one another
between dawn and dusk, he adds,
‘May the faceless Pity continue
to pray for us as well’
(Traduzione di Valerio Innocenti)

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