Massimiliano
GIANNOCCO
Massimiliano Giannocco è nato nel 1974 a Roma, dove vive. Dopo gli studi classici nel liceo capitolino Socrate, si è laureato in Economia aziendale presso l’Università degli studi Roma Tre e ha conseguito il Master in Istituzioni Parlamentari “Mario Galizia” presso l’Università La Sapienza. Lavora da anni nel settore energetico, occupandosi in particolare di rapporti istituzionali. Autore di poesie in italiano e in romanesco, ha pubblicato: Novembre (Europa Edizioni, 2020), Notturno stellato (Europa Edizioni, 2023), Quando il mare è mosso (Porto Seguro Editore, 2023), Poeta de quartini (Eretica Edizioni, 2024), Una polifonia distonica (Eretica Edizioni, 2024); e la raccolta di aforismi poetici Possedeva il mare dentro (Amazon Kindle, 2022). Presente in diverse antologie di poesie in italiano e in romanesco, ha conseguito premi e riconoscimenti nazionali.
massigiannocco@gmail.com
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POESIE
da NOVEMBRE
Arte
Lasciate ch’io versi
nei flutti del mare
un calice dolce,
sovente amarognolo,
corposo ed asprigno,
pungente ed amabile.
Lasciate che i sensi
si facciano lievi,
spogliati di vesti,
aspersi di ambrosia,
così innamorati
di tersa poesia.
Viviamo la luce
delle ore notturne.
Lasciamo il fardello
che tarpa l’essenza.
La sbornia dell’arte
rapisca la vita!
Autunno
Che bello lasciarsi alle spalle
l’opprimente caldo d’estate.
Riaprire la porta di legno
che conduce alla stretta mansarda.
Che bello sentire dal tetto
non più l’ardente meriggio,
ma il fresco tepore serale
e una finestra che sbatte.
Che bello chiudersi dentro
e dare vita ai versi dell’io,
mentre la pioggia bussa sui muri
e muoiono le foglie dagli alberi.
Anima
L’uomo è fatto di tempo.
Il suo corpo di ore, minuti, secondi.
La sua anima no!
Si dimena costretta
tra giunture immanenti,
urlando al rintocco
di un pendolo antico.
Anche l’anima muore,
prima del corpo.
Atemporale eppure mortale,
non resiste allo sperpero dei giorni,
ai conati di vomito
di una vita senza senso.
da NOTTURNO STELLATO
Canta
Canta la gioia di vivere,
canta le emozioni
e, se ti va, pure i dolori,
che poi sono come il retrogusto
amaro del cuore
su cui banchettano i vicini.
Canta sulla base musicale
di fisarmonica, fiati e violini,
fanfara allegra e malinconica
di balli gitani sotto
i portici dell’anima.
Canta, anche se non hai più fiato,
canta con la gola squarciata,
tanto canti per te stesso
e le note esplodono dai precordi,
dalle viscere e dal seme che feconda
il mondo intero. Canta per lei,
che ti ama ed è lì che ti aspetta.
Cantate insieme, durante l’amplesso,
mentre il mare vi inonda di sensazioni
e le stelle sono l’unico pubblico
che applaude pulsante di entusiasmo,
perché la voce dei vostri corpi
è una, sola, bellissima
e partorisce fiori sulle dune della vita.
Amiamoci
Amiamoci
ora qui
in ogni momento
ci sia concesso.
Amiamoci
senza remore
senza freni
senza corde mentali.
Amiamoci
su queste rive
tra le carezze del mare
rotolando da verdi colline
svettando sopra alte montagne.
Facciamolo!
Perché mari, colline e montagne
fra mille anni saranno ancora,
ma noi due, avvinghiati
come i serpenti del Culebras,
siamo un sorriso
meraviglioso e temporaneo
in mezzo all’eterno sbadiglio
della natura.
I vicoli di Roma
Amo i vicoli di Roma,
perché implorano nascosti
il riserbo dei passanti
e confidano nel buio,
protettore malandrino
dei portoni che ai cortili,
odorosi di infiorate,
ci conducono in silenzio.
Sotto mura impenetrabili,
al sonoro rinfrescante
di fontane mascherate,
con il cielo benedetto
dal tramonto fiammeggiante,
ogni bacio nutre vita
e si fa ocra e si fa avorio,
come i vicoli di Roma.
da QUANDO IL MARE È MOSSO
Isole del cielo
Che poi è così bello
stare sull’effimero presente
osservando l’azzurro del cielo
e disegnare sulle nuvole
i sogni del domani.
Non servono penne o matite
e non bisogna preoccuparsi
che l’inchiostro sia finito
o la punta spuntata.
È il dito a tracciare
su quelle isole aeree
la densità dell’anima.
Aurora boreale
Hai notato quanto è bella
la nostra notte
quando si disvela
un’aurora boreale
di silente comprensione?
È tutta lì
la pace del cuore
sotto la corazza di un abbraccio
e su nel cielo nessuna nuvola
a lacrimare tensione.
Erotico
Un gesto
un solo tuo gesto
anche distratto
persino goffo
ed estuosi
mi si fanno
i sensi
da UNA POLIFONIA DISTONICA
Disconoscermi
Domani mi tuffo nella vita.
Voglio immergermi
in un mare di emozioni.
Finalmente una scelta ardita,
senza timori né elucubrazioni.
Io
Io non sono
nella massa
e per la massa.
Io amo
la montagna d’estate
e il mare d’inverno.
Io sono
l’inquieta solitudine
che, ai limiti, attende
chi se la sente
di sedersi a fianco,
di fronte alle nude vette
baciate dal sole,
alle roboanti onde
in guerra con gli scogli.
Una folata di vento
Se solo avessi l’ardire,
una folata di vento,
all’improvviso d’estate,
e lo scoprire le gambe
sarebbe il tuo discoprirti
alla vita, a me, che anelo
a compiacere ogni senso,
ma soprattutto a placare
la sete, senza recarti
alcun tipo di disturbo,
se non, dopo, riassettare
il vestito, ricomporre
il quotidiano, ridare
le dolci pieghe al sorriso,
quando ti giri e saluti
da lontano. Resterebbe,
dalla lingua distillata
nel cuore, la folle goduria
dell’improvviso momento,
il sospiro delle fronde
accarezzate e baciate,
una folata di vento.
da POETA DE QUARTINI
L’anima
Me sò commosso a vedè un regazzino.
Ciaveva stracci da poro pezzente,
un bambolotto stretto ar cuoricino,
lo sguardo spento che nun dice gnente.
“È tutto apposto, piccolé?” Je feci.
“Mamma e papà ‘ndo stanno? Perché solo
stai qui seduto?” “Conto fino a dieci”
rispose pronto “Poi spiccherò er volo”.
“E dove te ne andrai?” Je domannai.
“Su, in Paradiso. Lì sarò contento.
Vié puro te che tanto morirai.
Senza penzieri. Ce porterà er vento.
Me basterà lassà sto pupazzetto,
che è tutto quer che ciò. Me voi seguì?”
Me misi a ride innanzi a lo scherzetto,
ma lui spiccò er volo e in cielo sparì.
La vita
Vide er marchese pe strada ‘n poraccio:
“Vié che te vojo aiutà! Damme er braccio!’
E quello subbito je diede retta,
ma come s’arzò, ecco, la cianchetta.
Marco Aurelio
Quanno che sali pe la Cordonata,
che è ‘n’armoniosa e larga scalinata,
su t’aritrovi, in groppa ad un cavallo,
‘n imperatore. Tu nun disturballo!
Egli è filosofo in meditazzione,
lo sguardo è pieno de preoccupazzione.
Spizza ogni cosa in cima ar Campidojo
e, tutto scosso da forte cordojo,
arza la mano come a volé dì:
“Mo basta! Fermi là! Fate patì
la mia città co maleducazzione.
Si v’accostate, v’ammollo un ceffone”.