Maria Rita
BOZZETTI
Maria Rita Bozzetti è nata a Roma nel 1947 e vive a Galatina (Lecce). Ha pubblicato in poesia: Polvere di giorni (Congedo, 1992, nota di N.G.De Donno), Canta l’Eterno Presente (Manni, 1998, nota di D.Valli), Il Dio che non parla (Manni, 2002, nota di D.Valli), Nell’ozio delle erbacce (Ibiskos Ulivieri, 2004, nota di A.Forbice, Premio Teatro Osservatorio Bari), I dintorni della tua memoria (Ibiskos Ulivieri, 2004, e versione in Albanese, 2007), Segmenti extemporanei (Campanotto, 2006, nota di F.Manescalchi e G.Baldassarre), Monade Arroccata (Lepisma, 2008, note di D.Valli e A.Forbice, Premio Città di Marineo), Sulla soglia (Lepisma, 2010, note di C.Mezzasalma, R.De Giorgi, A.Forbice, D.Maffia, M.C.Cataldo, Premio Le Muse Firenze), La mia Cappuccetto Rosso (EditSantoro, 2010), Tu, l’altra carne (Milella, 2012, nota di C.A.Augieri), L’altro regno (il miolibro.it, 2012), Lettura al rovescio (Tracce, 2014, nota di C.Mezzasalma e P.Giannini), L’altro regno (Polistampa, 2015, riedizione ampliata, nota di F.Manescalchi), I due Pinocchio (Milella, 2016, note di F.Manescalchi e L.Mele), Paesaggi di carta (Feeria, 2016, nota di C.Mezzasalma), Sul retro di cuori (Manni, 2019, note di F.Manescalchi e C.Mezzasalma). Inoltre: Senza potere (romanzo, Lepisma, 2009), La parola pura del nostro destino (saggio, Feeria, 2013, nota di C.Mezzasalma).
POESIE
da POLVERE DI GIORNI
Un Angelo
Un Angelo
di pietra,
senza forma
corroso
poggiato su un’antica china,
dimenticata dalla speranza
e abbandonata dal dolore,
strappa al mio cammino
pietà
che diventa preghiera
nel caldo pomeriggio estivo:
s’alza verso il cielo
la certezza di un’anima,
e navigando
nell’orizzonte afono
coglie la risposta
di un Dio,
che governando ama.
L’Angelo è lontano,
le sue mani senza dita
il mio pensiero
hanno guidato,
dove l’Eterno
ridimensiona il presente
e piccolo fa ogni grande
problema.
da CANTA L’ETERNO PRESENTE
Questa lenta
morte
del tempo,
dai brevi annunciata
errori stagionali.
Servo già del futuro
il fragile fuscello del pensiero.
Agli occhi appannati dalla brina
della notte lunghissima, una linea
appare al confine,
reale e vicina di qua
dagli ultimi spazi
divorati dell’anima.
da IL DIO CHE NON PARLA
La Guerra
Nome guerra stracciato
nella realtà di soltanto notizia:
bimbi vivi oggi, morti domani,
in foto di ultimo sconforto,
cadaveri di vecchi e di madri,
disperazione di realtà del benessere,
silenzio che agghiaccia l’anima.
Ritrovarsi ben chiusi in gusci d’uovo,
per non sapere
e non dare,
non soffrire
e non piangere,
non riscoprirsi dove
il nostro misticismo incontra Dio.
Disertori del cuore,
sfuggire al richiamo,
camminare nell’incerta prigione
di una assenza che riempie il giorno.
Eserciti di bambini muoiono,
eserciti di donne piangono,
eserciti di giovani
affogano nel sangue.
Resta terra arida
cosparsa di inutili giocattoli,
di vesti bruciacchiate,
di pareti scoperchiate dai tetti.
Muore la città
dove vive la guerra,
dove l’odio si accende
di spari e di fuochi
e l’uomo si riduce a miccia
della strage.
Interrogati da occhi
vivi e innocenti che muoiono,
i cautelati lettori del mondo
hanno dimenticato ogni dolcezza.
Son rimasti coi guanti ripuliti di parole
a macchiare di rosso la terra.
da NELL’OZIO DELLE ERBACCE
Il mio pane che sia per tutti
Padre mio, della mia carne,
delle mie ambizioni, passioni,
delle mie voglie, della mia stanchezza,
Padre della mia giovinezza e della mia vecchiaia,
dei miei diritti al gioco,
del sereno e tranquillo vociare
in un cortile familiare,
Padre dl mio essere omicida,
ladro, della mia violenza
che uccide i miei figli,
della mia prepotenza che
non rispetta diritti,
Padre della mia debolezza
che non sa accogliersi in una folla,
e davanti a un forte piange
si annulla, non cerca conforto,
e non sa il motivo di ciò,
Padre, Tu che mi sei padre
e non disdegni il tuo ruolo,
ascoltami: nel chiedere la tua volontà
cerco anche la mia,
il mio pane che sia per tutti,
i miei debiti rimessi perché
sia perdonato l’averli causati,
le mie tentazioni perché esse
danno spessore alla mia umanità,
il mio male perché Tu me ne liberi;
aiutami Padre nella mia vita
scombinata che segue linee difficili,
s’inerpica per anfratti spinosi e in salita,
dove la vetta è sempre nascosta e
il tragitto così lungo,
da non assaporare mai la fine.
Padre,voglio abbracciarti,
per conoscere il pezzo di cielo
dove tu sei, e che mi appartiene,
come figlia che Tu non puoi
dimenticare.
da LA SOGLIA
I bambini morti e quelli uccisi dall’indifferenza
Cade la vita
dai giochi a nascondino
da notti strette al seno
da mani sullo sdentato sorriso
da occhi in gara di aquiloni,
cade senza rumore
e senza eco d’esistenza:
spogliata dall’ indifferenza
nella memoria si muove vuota
e confusa ombra insegue nel nulla
una voce per dare volto e corpo
all’anima che è stata bambina.
Un silenzio rumoreggia di colpe
le coscienze spettatrici del male
e una speranza stagna nei deboli sforzi
di offrire amore a chi dalla morte fugge.
da MONADE ARROCCATA
Giovanni 13, 7 “Ciò che ti faccio, tu non lo sai; lo comprenderai in seguito”
Perché mi fai tagli di gelosia?
perché sento duellanti sciabole
tintinnar di violenza nell’alba di quiete?
perché la vicinanza dell’altro odora
di sangue e di paura, mormorio di cuore
inseguito che bracca l’aria nel terrore?
perché le parole si armano con veleno
per ridurre all’assenza sfumature diverse e
cercano stampi nel regno del magma
uguale densità di umano, distribuito
nell’informe mediocrità?
Il tuo silenzio brucia più della lama ,
disperso nella quiete virtuale che strazia
e non concede pausa all’anima;
neghi un cenno muto, capovolta clessidra
di nuove speranze, e lasci disperare
nell’omissione della tua presenza ,
ogni richiamo, pianto sciolto
nell’assorbente notte.
Qohèlet : Polvere di polveri/tutto fumo/polvere/una qualche cosa l’uomo avrà/in tutta la pena sua di sotto il sole
Ogni pensiero è epidermico contenitore
e ogni memoria è anima delle cose
e tutto quello che cade e ciò che il tempo spoglia
e tutte le albe attese dalla notte
e tutti i tramonti nelle strettoie di stelle,
tutto quello che vicino a noi appartiene
al nostro incastro di sguardo o cuore,
tutto si sgretola in polvere,
prima del suo destino di polvere.
In polvere va’ la carne e i sogni,
il primo e l’ultimo mantice che
respira del tempo i fuochi,
muscoli di coraggio e atrofie di paura,
sentori notturni e diurne cecità;
in polvere si raccoglie degli anni
il tentativo di scalare i secoli
e vincere la disfatta di attimi
persi e mai ritrovati.
In polvere si raffredda il fumo di un essere,
il suo aggrapparsi a balaustre di ponti
per non cadere in correnti di morte.
da DIALOGO POETICO CON IL MIO MAESTRO
Lettura al rovescio
Ciò che pare, richiede una lettura al rovescio,
come del ricamo l’ordito, della morte la nascita,
della gioia il dolore e del dolore quello che verrà
nelle traiettorie delle stelle oltre la luna.
Ognuno si dipana come una matassa di lana,
e gli anni sono l’utile spazio per piccoli gomitoli
di senso compiuto, storie di lezioni all’anima
con passi sicuri addentranti nell’Infinito
e dettati dal personale istinto mosso verso Dio.
da I DUE PINOCCHIO
Ascoltare una vocina
Nel silenzio dell’io
sentire una vocina
è più di un ascolto
è quasi pronuncia
all’unisono di parole,
carpire una presenza
viverla estranea e
insieme fatta di sé,
un sogno tramutato in persona,
separato e fuso
come aria al corpo.
Sentire una vocina
non è esplorare l’ascolto di sé,
un ripetersi nell’origliare muto,
un rafforzare il detto
con l’incisione interiore,
amplificata voce cosmica traghettata
nell’Universo immateriale dell’io.
Non è un rivedersi
come parola articolata in pensiero.
Quella vocina è l’inizio
di un salire e discendere
per montagne ancestrali
con nebbie e meteoriti,
è un errare assorbiti
da lontana meta
percepita tra aghi di buio,
è un intrecciarsi a luce stellare
in ordito che si schiarisce
nel lento macinarsi del tempo,
spazio ordinato da simboli di vero.
………..
da SUL RETRO DI CUORI
Retro di cuori
Strade nascoste cerco,
vicoli per entrare sul retro di cuori,
porte di servizio,
angoli sfuggiti al raziocinio,
schegge di se stessi private
di materia e di coscienza,
ombre che dentro turbano
come presentimenti di tempesta.
Là voglio stendere i fogli
per copiare le parole che osano
e i nastri che accoppiano sogni.
TRADUZIONI
da I DINTORNI DELLE TUA MEMORIA
Është kjo vdekje
Nga koha shkëputet jeta,
e rëndë si lëvozhga e një trungu;
e zhvesh boshllëkun
pastaj n’agun e diellit
dorëzohet e me ditën mbështillet.
por ndërrthurja rrëshinore
e mendimeve në indet e gjesteve
i jepte asaj hapësire
qëndresë kujtimesh, që tashmë jetojnë
në oshëtima gjithnjë e më të rralla.
është kjo vdekje
ndoshta vetëm aksident i përkohshëm?
20-05-04
Të presësh
Jam në pritje që zëri yt
të vesh pritjen time e të më flasë,
fëshfërimë gjethesh të paduruara
që bulëzojnë kujtesa nëpër degë;
që frymëmarrja jote të rrëshqasë
në trupin e diellit të fundit
për të vulosur me kënaqësi
e me gëzim ta ngarkojë kohën;
që profili yt të çajë errësirën
për të mirëpritur në hijet
dritat shumëngjyrëshe të yjeve,
ëndërr e pashprehur e të jetuarit.
Pres në buzë të reve
e mbështjellur në pemën tënde.
11-03-04
Mungesa jote
Kur mungesa jote bëhet e pranishmja
dal jashtë nga koha e strukem në të qarë:
përsëritja pa fjalë e heshtjes tënde
nuk ka forcën e një oshëtime, as të fshehur,
e mbetet një ëndërr e dobësuar nga pesha
largësish të vjetra e të pafundme si një dyshim.
Mendoj se je fare pak larg meje,
e dridhem per të mos gabuar qoftë një hap
që ende më larg të të çojë,
atje ku edhe të dëgjuarit tënd bëhet
si i imi i shurdhët në çastin e pafundëm e
n’hapësirën e vogël e të qënurit.
Pres natën që ti të flasësh,
e të tregosh dashurinë e shkëputur për hiç mos gjë
që jetës i dha një tërësi ndjenjash:
e tashmë qesh për tradhëtitë e kohës
e për atë vjedhje të fjalës që me dhimbje
shënoi etapat për lundrime të vetmuara,
nën shoqërinë e pasjoneve te paqëndrueshme.
Një shpresë më mirëpret,
të udhëhiqem nga vështrimi yt
atje ku degët e thara bashkëjetues
ende ruajne një syth
të lënë prej teje për të më dhuruar të nesërmen.
19-03-04
Mbrapa yllit
Mbrapa fytyrës së një ylli,
dritë që sheh e nuk përgjigjet,
dhe ku në sy ka vetëm errësirë
apo ndoshta asgjë, në atë hije
kërkoj një trup e një emocion.
Nuk gjej gjurmë dhe hapi i erës
S’duket gjëkundi.
Kështu,
në humnerën që thith boshllëkun
fshij nga shpirti përjetësinë e fundit
kapja e fjalës së varur në ëndërr,
në pëshpërimën e mugut të kohës.
22-03-04
(traduzione albanese di Ada Prizreni)