La Poesia italiana del Novecento - The italian Poetry of the 20th century

Paola Mancinelli


 

Paola Mancinelli è nata ad Osimo (An) nel 1963 e vive a Castelfidardo (An). Ha pubblicato le raccolte di poesia: Vibrazioni (Pentarco, 1986), Momenti dell’essere (L’autore libri, 1987), Come memoria di latente nascita (Edizioni del Leone, 1989), Oltre Babele  (Edizioni del Leone, 1991), La Metafisica del silenzio (Stamperia dell’Arancio, 1999), Sovversiva bellezza (Aletti, 2017). Dottore di ricerca in filosofia teoretica presso l’Università di Perugia, è docente di filosofia nei licei. Fa parte della Società Filosofica italiana e cura progetti didattici di storia della filosofia. Fra le pubblicazioni principali: Cristianesimo senza sacrificio. Filosofia e teologia in René Girard (Cittadella, 2001), Homo revelatus, homo absconditus, di alcune tracce kierkegaardiane in René Girard» (in AA.VV., Nota Bene, Quaderni di studi kierkegaardiani, Città Nuova, 2002), Pensare altrove. Rivelazione e linguaggio in Franz Rosenzweig (Quattroventi, 2006), Lo stupore del bello (Polistampa, 2008), Le ragioni del bene: sul pensiero di Hannah Arendt (De-comporre, 2010), il saggio di estetica Grammatiche della bellezza (Aracne, 2017).

 

mancinellipaola@libero.it 

 

POESIE

 

*

Custodia misteriosa è il silenzio

di sovrumano canto

e a un tempo

di parole

scavate nell’abisso delle cose,

tanto più figlie d’una genesi

stretta

in sogno d’infinito

quanto più abitate dall’incanto

della bellezza

e pur ferite dall’ardua gioia

di quel compito:

ridire il mistero

 

 

*

Non so, quale incanto tu dispieghi,

arte

che apri divina cognizione

dell’essere,

e le cose rendi

tracce di fonti inesauribili,

né mai seppi, come

-disciplinata l’anima al puro ascolto-

l’ardua tua via si schiuse

nella gioia d’incessante creazione

ad aprire  varco di luce

Fui io grembo della Parola o fu

la Sua indicibile pienezza

a generami eterna?

Solo seppi

il gemito appassionato

d’universale bellezza

che, divino, prese

un corpo,

il mio corpo:

culmine e destino

d’una tappa teandrica

 

 

*

Diuturna è la passione

che verso la bellezza urge,

e alta sull’umana

città

stempera la gioia

di afferrare in essa

il riverbero divino della vita

che in sovrabbondanza restituisci

semplicemente consegnandoti

alla pienezza del canto

 

 

 

*

Sul nitore della pagina

la parola dissigilla

il bordo del mistero:

quotidiana ed insieme

iniziatica,

dispone il viaggio

all’indicibile

 

 

 

*

Così il profondo

abbraccia l’alto,

lo riceve come dentro

un talamo prezioso:

grembo fecondo

di un seme eterno,

tende tutto se stesso

a quel nuovo pneuma

che dentro gli grida

creazione

 

 

*

Con altri occhi

(forse con nuovi)

afferri il reale:

lo cogli nello spettacolo

sempre inedito

dell’essere,

e di nuovo gli doni

il nome,

ridestando in te

adamitica vocazione

 

 

*

Poesia è singolare atto d’amore

che si compie in una ascetica

solitudine,

severa nella sua assolutezza

ma pronta ad espandersi

come bellezza

o a diventare profezia

che riscatta la condizione d’esilio

con cui paghi

la cura di tutto ciò che è umano

 

 

*

Brucia in te la sete

di questa umanità

fatta a brani,

brucia l’immane

cecità

di quanti la svendettero,

quasi tu sia, stanotte,

il porto sepolto

di ogni approdo,

là dove ancora resiste

pietà

 

 

*

Porterà anche il più intimo

atomo d’universo

la memoria di quell’ebbrezza

che  avviluppa

in pura genesi di luce

ogni fibra

della tua creaturale essenza,

e come sapida gioia

schiude tangenze d’eterno

 

 

*

Spira da dentro l’alto,

profondo impulso del creare.

 Dall’interiore cavità

del tuo cuore esteso fino

ad afferrare l’immenso

cogli una già saputa

pienezza

che stupisce ogni volta

questo tuo inevitabile

svuotarti

Ma non è nulla quel

Vuoto che ti afferra in vertigine:

appena il tocco del Mistero

sottratto

per abitare come interstizio

di luce

fra le vocali e le consonanti

del Verbo

Porti in te l’incanto

dell’infinito

e il segreto

di siderali orbite

pulsanti l’eterno,

ma nel tuo

microcosmo

è quasi vertigine

che ti smarrisce

in gioco divino

 

 

*

Un segnale è il canto

della pura nostalgia  che

ci consuma,

e spesso si cela

nella coscienza che deve

contro la frontiera dell’indicibile

avventarsi

la parola

e farsene traccia