Luigi
CRIVELLARO
Luigi Crivellaro è nato in provincia di Padova nel 1942 e vive a Villorba di Treviso. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Con pila tascabile (Edizioni del Leone, 1987, 2° classificato Premio Marco Carpena), I soli dell’Orsa (Edizioni del Leone, 1999), In trasloco (Biblioteca dei Leoni, 2021) e i romanzi: Fuori controllo (Corbo&Fiore, 1993), Quaderni di un terrorista (con lo pseudonimo Giano Corte Moschin, Biblioteca dei Leoni, 2016, in concorso al Premio Strega). Laureato in ingegneria chimica presso l’Università di Padova, dopo una lunga attività anche internazionale nel settore degli impianti industriali, ha registrato nel 2013 il marchio “Biblioteca dei Leoni” e da allora si dedica all’editoria.
POESIE
da CON PILA TASCABILE
Albe mai vedute
Albe mai vedute
si incidono dure
a rilievo
sul ripetuto sonno
e sul risveglio
dal passato.
Immagino che nell’attimo
dell’alba
si muova nel cuore
qualcosa
della terra e del dio
che solleva
il sole
sopra i vagabondi
sogni
sopra
l’estenuato ritorno
dell’uomo
nel suo corpo.
Da un passo all’altro
Da un passo all’altro
perdo parole
dai lembi freddi
del bavero.
Le parole chiedono
una breve vita
che non senza fatica concedo.
I treni e le sculture (ferro)
Teorizzare
sul retro di macchinose officine
tra scorie ferrose e ossidate
spirali d’idee. Ruggine
sulle foglie, autunno
nei tuoi occhi
che rivedo. Commozione
tra le imbottiture e i bottoni
sfibrillamenti distaccature.
Qualcosa cade
nell’introvabile.
Cementate all’erba
le ferrose figure rinascono.
Passeggiano immobili. Rintoccano.
Evaporano. Metallica rugiada
brunisce le nostre parole
lì sotto. E sopravvivono
notturne nella deserta piazza
raggiata d’ombra.
Ah! sempre possedere quella nera saldezza!
Ma solo barbagli di quel nero
ma anche solo vaghe effluenze ferrigne
ma appena una lieve ferrosa ditata
ma stamparcela sulla fronte!
da I SOLI DELL’ORSA
Duetti
Questo Paese mi sta procurando
una quantità di genuine
sorprese. Il merito non è mio,
è che aleggia sulle vie di qui
il distacco da ogni regola
occidentale. Io già tutte
le ho dimenticate, e di più
ancora mi lascerei ribellare.
Intanto mi dedico ad ascoltare:
i cinesi parlano per ometti
e figurine che gli escon di bocca
in forma di gridolini aspirati.
Io mentre viaggio seguo i loro
duetti inestricabili, deliziato.
Poi la sera agguanto il telefono
e senza volere mi esprimo
con inconsuete sinuosità
e sospingo lungo il filo avamposti
incongrui. Si fanno strada sparendo
nello spazio, di là mi tornano
raggiustati come logica impone.
Distrazione
Uscii da me stesso
con grande agilità
e mi sistemai sul bordo
del letto. Seduto di sbieco
osservai le loro manovre
un po’ ridicole e confuse.
Una lampada ancora accesa
dava un brivido di chiarore
alle ombre delle cose
qualche smorzato suono
notturno vibrava e svaniva
qua e là nella stanza.
Ero intento ma distratto
vedevo ma ignoravo
capivo ma non sapevo
e negavo che s’intuisse
alcun latente impaccio
infilatosi tra i due.
Durai tempo non so quanto
a ricusare il senso
della mia fluttuante assenza
e mi obbligai finalmente
a rientrare. Trovai indizi
già pesanti di tedio
e gelo. Dimostrai
un improvviso assalto
di piacere e mi volsi
a lei per baciarla.
Disenergia
Implosioni
cesure
qualche irregolare
oscillazione.
Verticalità obliqua
sul mare invisibile.
Volontà disarmata.
Ma vortici compressi
sommuovono dure
sonorità nel profondo.
Di me.
Che ancora non muoio
come temo ogni giorno
senza esplodere alcuna musica
né tonante né tenera.
Il trapano
Una remota via di città
due sedie una conversazione
dai sottoboschi amorosi.
Un trapano che insiste
a bucare nuvole di
anni passati e finiti.
Come un maltempo
appena riapertosi
a tentativi di sereno.
da IN TRASLOCO
Il mio inverso
Ogni volta che mi arrischio a sbirciare
la faccia crudele del mio inverso
tale è la sorpresa che mi domando
da quale mai gioco troppo perverso
io l’abbia potuto generare.
Lui affonda nello stesso pianeta
interrato dove dorme inquieta
la mia faccia vera, quella lunare,
che vorrei meno spesso in sosta,
meno riservata, meno nascosta.
Ma quando risale alla luce solare
quei misteri notturni a svelare
cui la vorrei ogni minuto intenta
non manca che ad essa s’accompagni
la faccia dell’altro, e vi ristagni
ombra sgradita che sulla parola
vera spande rabbia turbata e sola.
La piovra
L’istante fuggitivo non ritorna
del fulgore arcano che gioventù
concede. Una traccia e non più
il tardo amante abbaglia e frastorna.
Natura fomenta implacata
la piovra del sentimento e
non cura se le ventose del tempo
ne fanno guardia disarmata.
Supplica
Rifletti, gentile amica, ma ritrosa
che il tempo non usato è come un frutto
lasciato d’estate sul graticcio
a marcire. Che al favore amico
della fortuna è sfida insensata
non cogliere i fiori nel giardino
dei sentimenti. Che rischia di mutarsi
la pena inflessibile dell’esclusione
in un ringhioso digrignar del cuore.
L’ oceano infinitesimale
ovvero: Come salvare l’uomo dalla nuova fisica
Uno s’illude d’ essere un Leopardi
o anche soltanto un semplice
uomo sensibile e se ne commuove
dentro fino alle spirituali fibre
di cui stima essere intessuto
quand’ecco che andando per libri scopre
della nuova fisica il segreto:
esiste un brulichio dentro ogni cosa,
anche vivente, di natura duale,
esiste un cosmico scambio
d’informazioni immateriali e
d’ inesplicate interazioni che
addensano e compattano il reale,
una mai interrotta osmosi tra
energie e masse e forze e onde
che l’una dentro l’altra trasmutando
in infinito girotondo fanno
dell’universo questo nostro mondo.
E il cosmo è tramato da un frenetico
intreccio di quanti fotoni e adroni
materia antimateria e gravità
cosi che per capire la natura
devi calarti alla profondità
dell’oceano infinitesimale
dove troverai che i sentimenti
amore gelosia odio paura
dolore e fantasia non sono che
sbilanci di fisica energia
e quanto affiora in veste di coscienza
è solo materica conoscenza.
Universale e generale domina
una fallace relatività
che riduce a maceria ogni certezza
elude il tempo e illude la vecchiezza
sì che una pallida percezione
d’uomo a fatica la puoi salvare
dalla sua micidiale ingerenza
svaporando in mistica evanescenza
o figurando il cosmico pulsare
indice puntato a uomo creare.
Il vero e il limite
(in barella)
Non per fare ricerca astratta
ma per capire dalla repentina
prossimità con il confine
se al di là si rintani l’indicibile
vero, oggi mi serve la poesia.
L’ho per qualche ora avvicinata
la linea del limite e ne ho tratto
una tremante febbrile visione
dell’istante in cui muoverò
il passo destinato a portarmi
oltre quella trincea cruciale:
ed ecco si svelerà dall’opposta
sponda il vero a colpirmi in faccia
e avrà l’agro viso del rimpianto
e la voce del disamato amore
e la fiamma del tralasciato ardore
e il gelo della mia anima ghiaccia.
Bifocale
Sebbene mi sia ormai tutto chiaro
e abbia da gran tempo decrittato
i codici del nostro dolceamaro
giocare nell’abbaglio del creato
– come signori del tutto e del niente
proprietari di un mondo all’oscuro
del proprio destino in controcorrente
in balia di un padrone spergiuro –
sillabare in umana lingua
quell’ineffabile parvenza
che fame e sete estingua
della mia brama e urgenza
è missione che sempre e ancora
mi affatica soverchia e soggioga
da ogni rotta deviando la mia prora
del mio senno scardinando ogni doga.
E dunque inseguo a dispiegate ali
l’ombra che alla vana sfida mi adesca
e tanto seduce che alle cruciali
cure dell’essere antepongo l’esca,
nego degli affetti il soffio struggente
dei turbamenti il tremito ignoro
e dell’umano il disegno potente
ostinato disconosco e deploro.
E leggo ad occhi chiusi un epitaffio
inciso indelebile sulla pietra:
“gli è mancato nella vita un graffio
netto della sorte: non una cetra
scordata a bandoliera ma di fedi
sicure una mitraglia micidiale
contro l’assillo di perenni assedi
alla vena di un cuore bifocale”.
IN INGLESE
A scarf
When my hand felt the hard
youth of her flesh, a scarf
I thought I’d like to be
for her nude neck as if she,
having a sudden and soft
need of warming up a lot,
she wanted me twisted
to her body and mingled
tight; ah, white skin,
sensitive to every thin
and light touch and kiss,
which for long shall I miss.
A little crime
Flying through an aging sky
I land back to the fabulous time
when a kid was I and too shy
of my peins and fears shrine
when my body used to flush and cry
for nothing but a little crime
like loving in silence a pure sky.
Now that a thick pack of past days
lie behind and burden the shoulders
of my spoiled heart I eventually rely
on nothing but a last little crime
like loving in secret under a cloudy
foreign temporary scaring sweet sky.
Sleepless opera
Isn’t love greater, I said, than jealousy?
Melancholy was in her whisper
and wounded eyes as: yes
she replied through
the sound voice of the stage.
I have brought her sadness
along tonight and it hurts me
all night long not having found
in my stage
a music to touch her profound.
Victoria
Victoria, don’t mind if I stifle
the sparks of your name, while
the piano corner I remember and
the quiet family of your gentle
animals and that white sofa
where from surrended sweetly
with liquid eyes you glanced
me over. Although, a moment
later, independent again you were
and umprendible like a remote
island in the middle of the sea.