Libero
DE LIBERO

Libero De Libero è nato a Fondi nel 1906. Ha compiuto gli studi classici tra Ferentino e Alatri. Si è trasferito a Roma nel 1927 per frequentare i corsi universitari di giurisprudenza, inserendosi presto nell’ambiente artistico e letterario di quegli anni. Con Luigi Diemoz ha fondato e diretto la rivista letteraria Interplanetario, che ha avuto tra i suoi collaboratori Corrado Alvaro, Massimo Bontempelli e Moravia. In quegli stessi anni, dal 1928 al 1934, frequentava lo studio di Mario Mafai dove si formava il gruppo dei pittori della scuola romana, dedicandosi alla critica d’arte. Nel 1941 ottiene la cattedra di Storia dell’arte nel liceo artistico di Roma, dove è vissuto fino alla scomparsa avvenuta nel 1981. Ha pubblicato di poesia: Solstizio (1934), Proverbi (1938), Testa (1938), Eclisse (1940), Epigrammi (1942), Il libro del forestiero 1930-1942 (1945), Banchetto (1949), Ascolta la Ciociaria (1953), Sono uno di voi (1963), Romanzo, (1965), Madrigali (1967), Preludio (1971), Di brace in brace  (1971, Premio Viareggio), Circostanze (1976), Poesie (1980). Di narrativa ha pubblicato: Malumore (racconti, 1945), Amore e morte (romanzo, 1951), Camera oscura (romanzo, 1952), Il guanto nero (racconti, 1959), Racconti alla finestra (1969).

https://it.wikipedia.org/wiki/Libero_de_Libero

https://www.treccani.it/enciclopedia/libero-de-libero_%28Dizionario-Biografico%29/

POESIE

da POESIE

Elegia alla nipote Paola
Troppo ardente correvi a perdifiato
e il premio hai perduto della vita,
tu più ansiosa del seme che la terra
rifiuta, a te nemica la tua gioventù.
Tu eri già pianta, evento di frutti,
ora sei più che una lama nel petto
di tua madre e nella mente del padre
una stilla di fuoco, stanza chiusa
per la famiglia e smarrita è la chiave.
Tu dormi coi tuoi allegri amuleti
e la tua bellezza sterile come
vittoria rimasta senza trionfo:
braccia strette al compianto di te stessa
tu vai sfogliando in sogno libri amari,
in eterna pace ormai laureata.
Se le lagrime fossero usignoli
amorosa sarebbe la tua notte,
e non fanno che un povero fiume
intorno alla tua pallida collina,
tu d’una pietra sei prigioniera.

Autobiografia
È un veliero la mia vita
dall’infanzia segnato sulla mano
e l’ancora sta dentro la terra.
Perciò nel mio sonno
alberi fanno verde cielo
ma sono oscuri i semi
dell’estate mia.
Se m’è fatica svegliarmi
quel gallo mi rinnegherà?
Fossi nato da una pianta
a fianco avrei il genitore.

Canto nero
Se alla mia sorte io guardo
fu l’infanzia in una casa
cresciuta come falsa pianta
ai pranzi delle date:
si andava in sonno all’inferno,
giugno a dicembre gemello,
quattro mura e una scala.
D’allora sperso com’acqua
di fiume in fiume, straniero
marciatore rammento paesi:
di giorno alberi amici,
il passero di notte
e fieno di nuova luna.
Alla fonte calpestata
non torna il lupo.

Giorno caldo
L’estate si dona,
largo è il favore.
Di me disteso si orna
la quercia mai stanca
di chiamare l’acqua.

Quest’albero ricco
mi fa grata l’erba e l’ombra,
a me ritorna nel suo fiato
caldo un volto innamorato,
si piegava sul mio collo,
due fiori cresciuti nel sonno.

XLIV
Da tempo è l’assenza di te
e tutto è da vendere ormai
che mi fa triste erede.
Non più benigno il sole
sulla porta fa nero
l’emblema dei nostri nomi.
Gioventù è una vecchia festa
celebrata da tante parole.

Amici
Erano tanti gli amici
e senza notizie ognuno partì,
altri andare vedrò nella notte
che viaggia come un treno
e fiato non avrò per salutare.
La morte non ha simpatie,
fa come la luce col frutto,
acerbo maturo distrutto.
E il mondo quello non è
che guardi dalla soglia goloso,
porta un volto la gente
e non più volto domani,
accade anche ai fiori nel vento.
Rondini morte sono gli amici
che danno piume alla mia luce
e di me il tempo farà
una secca effigie e lontana.

Vecchiaia, fermati
Tu gonfia di geloni cammina più lenta,
non affrettarti, il cuore ti minaccia,
il fiore che sta per sbocciare lasciami
godere e tutte le botti del mio vino.

Vergognati d’inseguirmi così nuda,
sfasciata all’inguine e in cenci i tuoi seni,
addosso ti cucirò una bella gioventù
e per allegro marito la mia ombra.
Fermati, vecchiaia, riposa laggiù,
contentati di strappare i miei ritratti
e io attenderò che passi tutto il fiume
della vita per venire alla tua riva.

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