Gaetano Forno è nato a Venezia nel 1943 e vive a Padova. Laureato in Scienze
biologiche, ha pubblicato le raccolte di poesia: “Parole d’acqua, Parole d’aria”
(Edizioni del Leone, 2002); “Magistra vitae?” (Edizioni del Leone, 2003);
“Castelli di solitudine” (Edizioni del Lleone, 2004); “Il tempo e le idee”
(Edizioni del Leone, 2006); “Soto
ɫ’ongia
de’l Lion, caresse e sgrafoni in Lengua Veneta” (Venilia Editrice, 2012).
È anche autore di racconti satirici: “Racconti Padovani” (Casadeilibri Editrice,
2009).
POESIE
Sera in laguna 1991
Sera in Laguna, luci lontane.
L'onda
posa guizzi di luna sulla spiaggia.
Dimenticare
di averti a fianco, incatenare
i desideri,
stringere i pugni, morir dentro!
L'acqua
raccoglie le sue briciole di luna.
Estate 1993
Rovente mezzogiorno, deserta, immensa spiaggia,
ginestre d'oro e mirti ed erica selvaggia.
Immobili le foglie, i fiori, il suolo e l'aria,
sorpresi da un'allegra cicala solitaria.
Mare pieno di luce, di scintille profonde,
di riflessi e bagliori che guizzano sull'onde.
Monti lontani, incerti dietro un etereo velo,
sotto di me la sabbia. E m'annego nel cielo.
I miei atomi 2000
Nessuno
osi opprimere me
dentro una tomba,
odio
che un marmo mi ricopra.
Non esiliateli
in un buio bidone sotto terra
i miei atomi,
non costruite intorno a loro
inespugnabili prigioni!
Liberi voglio che volino,
quando più non potrò
tenerli insieme.
Affidateli
all’allegria del fuoco
i miei atomi
quando
io non avrò più la forza
di goderne,
liberi
di perdersi nel sole,
di riunirsi alla Terra,
di esplorare gli abissi,
liberi di nutrire
mille e mille animali miei fratelli,
liberi di sbocciare
negli infiniti variopinti fiori
che dal primo respiro
al mio ultimo giorno
mi hanno
colorato la vita!
Di me
nulla voglio che resti,
nessuno
deprederà della sua vita un solo
palpito d’erba
per gettarlo a marcire
su un sasso col mio nome.
Se resterò nel cuore di qualcuno
sarò sempre con lui,
ma se di me si perderà il ricordo
non ne farò tragedie.
Perché saranno ovunque ci sia vita
i miei atomi
ed io vivrò con loro
eterno,
felice che nessuno mi mandi
a quel paese
perché deve venire a far vedere
di fingere dolore al mio sepolcro
in un nebbioso giorno di novembre.
Aria antica 1995
Vieni alla spiaggia ad ascoltare il mare,
lontani da rumori e da persone!
Guida sarà la Luna al lento andare,
l'anima nostra l'unica prigione.
Respireremo insieme l'aria antica
di profumi salmastri e suoni ignoti;
l'onda travolgerà, complice amica,
la sabbia i nostri corpi i gusci vuoti.
Sulle dune deserte, le parole
del vento e dell'eterna sua canzone
fioriranno in rugiade iridescenti
e la diafana bruma e le struggenti
chimere di un'effimera illusione
sperderà con i sogni il primo sole.
Ària antiga
Vien co mi in riva, vien scoltar el mar
via da ferai da
ciàcole da rumori!
Farà ciaro la
Luna a 'l chieto 'ndar,
a 'l vèrzer
la preson de i nostri cuori!
Ne
imbriagaremo de quel'ària antiga
de odor de salso e sóni sconossui;
l'onda
caressarà, rufiana amiga,
la
sàbia le cape i nostri corpi nui.
Sora
le dune deserte el rosignol
ghe darà fià a
la dolse so canson
che la
spanirà in rosae da le mile falive
fin che
la bruma lisiera sora le rive
e i sogni de na tìmida ilusion
sfantarà co
le so spiere el primo sol.
À la plage
Viens à la plage, où clair murmure le vent
à l'écart de tout peuple et gênant son!
Copine sera la Lune à nos pas lents,
l'âme, infini jardin, la seule prison.
Dans nos cœurs glissera charmant l'esprit
des saumâtres parfums jadis connus;
la vague entraînera, complice amie,
le sable les vides coquilles nos corps perdus.
Sur les dunes éblouies, la gaie chanson
éternelle de la brise matinière
fleurira rosées d'or étincelant
et la brume diaphane, évanouissant
rempart d'une splendide fuyante chimère,
pâlira, faible rêve, aux primes rayons.
Notte brasileira 2001
Convulse città non oltraggiano il buio,
lontane,
non profana umana arroganza
brulicanti trionfi di vita.
Brividi d'aria di cristallo,
inebrianti profumi che solo
la notte conosce
sublimano sogni
d'innocenze smarrite.
Invisibili
sussurrare di selva
echeggiano libertà primigenie,
fremiti di paure ancestrali,
memorie di eden perduti.
Spegne dal cielo d'ebano le stelle
il fulgore dell'alba
e sopisce i rimpianti
la gloria del mattino tropicale.
Kacciatore 2009
Eroico uccellatore che ami tanto
la Natura
e da trepido amante le esplori a pugni chiusi
i suoi recessi più segreti
reso impavido e audace
dal tenere ben stretto tra le mani
il tuo tonante pene a doppia canna!
La penetri invasato
e le eiaculi contro,
patetico simulacro di virilità,
chili di pallini da caccia,
tronfio del tuo orgasmo di piombo.
E ti blateri addosso
penose e inverosimili fandonie
di renderla feconda col tuo sperma di morte,
tu, predatore di Vita
sterminata per sempre, di bellezza
che appartiene anche a me e che mi rapini.
Quando un altro predone del tuo branco
cieco per il furore di una preda mancata
(chissà, forse un feroce passerotto,
un leprotto assetato di sangue,
un mortale ranocchio o una farfalla
dagli artigli squarcianti)
ben nascosto tra i rami ti ha confuso
con un altro animale e scaricato addosso
tutta la rosa del suo amore per la Natura,
da ogni parte ho sentito l'applauso del Creato,
ho sentito l'applauso della Vita.
Tsunami 2005
Nulla
e Fuoco ed Aria e Terra ed Acqua
si fusero in armonia di amplessi.
E fu Vita.
Fu Eden,
sottratto da un Dio geloso
a spiriti
bramosi di conoscenza.
E fu angoscia di menti,
dannate
da un Dio che non vuole rivali
all'infamia del fango.
E fu l’uomo,
nulla
presuntuoso d'immenso.
E uomo
e fuoco ed aria e terra ed acqua
si unirono
in amplesso rabbioso.
E fu Morte.
Aprirono a gara le borse
a mondarsi dei sensi di colpa
ignoti straniti pasciuti fratelli.
Sul grasso mare di morte
avvoltoi da ogni cielo.
E fu festa per tutti.
Fratelli 2000
Seguivo i tuoi precetti con il cuore,
angosciante profeta dal collare bianco,
tutti li amavo, erano tutti miei fratelli.
Un mio fratello dalla pelle oliva
ha venduto la morte a mio figlio.
Ho osato lamentarmi.
Sei divenuto belva,
mi hai ululato tutto il tuo disprezzo,
mi hai proclamato indegno
di stare tra gli umani.
Seguivo i tuoi dettami con il cuore,
rombante arringatore dal collare rosso,
e tutti sempre li chiamavo fratelli.
Un mio fratello dalla pelle scura
mi ha ucciso per due soldi
un amico.
Ho osato mostrare dispiacere.
Sei divenuto belva,
mi hai ululato tutto il tuo disprezzo,
mi hai proclamato indegno
di stare tra gli umani.
Collare bianco,
collare rosso!
Un fratello dalle occhiaie scavate
ha predato di un pane
voi
per il figlio affamato.
Vi siete fatti belve,
sbraitato disprezzo,
lo avete detto indegno di stare tra i civili,
invocato spietati la giustizia dell'uomo,
sopra di lui preteso il castigo divino.
E meno male che era vostro fratello!
Sò in Italia, qua vegno par robar
sperando che i me spara do tre colpi.
Tanto sempre ghe xe giùdici folpi
Che se i me ciapa i me fa rimborsar.
Sò in Italia, doman vago copar
sperando che i me spara a più no posso...
cussì un cogion de magistrato rosso
ancora più de schei me farà dar.
Hanno calpestato il grano 1996
Hanno sprezzanti calpestato il grano
della mia Terra - i figli
stuprato nelle alcove.
Tu non sapevi.
Hanno strappato come bestie i padri
alle nostre famiglie
e li hanno massacrati.
Tu non sentivi.
Le donne hanno violato - noi ragazze
verdi gemme appassite, fiori
lacerati dall'odio.
Tu non vedevi.
Hanno schernito il sacro Dio degli Avi
e spogliato gli altari
e depredato i morti.
Tu non guardavi.
Ora la mano ti offrono, ricolma
di quell'oro cruento.
E ti brillano gli occhi.
Salvato! 1999
Agghiacciante frastuono di lamiere,
non un sol osso intatto.
Il cervello cosparso sulla strada
come burro sul pane.
Hanno lottato in mille mille giorni
a rappezzar frantumi
da strappare alla Dama con la falce,
hanno gli avanzi, orrendo puzzle, a stento
messo insieme su un letto d'ospedale,
forme vagamente d'umano, inerte tronco
ricamato di tubi, sguardo perso
a ignorarsi nel vuoto,
strazio per gli angosciati genitori
dagli occhi inariditi
presso una cosa ormai per sempre larva
senza speranza di speranza alcuna.
Gloriatevi,
voi che ne avrete onori ed oro in abbondanza,
gioite per averlo sal-va-to,
per averlo tenuto
in
(come avete il coraggio di chiamarla?
vita?).
Barena 2005
El sol za quasi sconto
drio de i Coli
lontani
el colora
de brasa
le
nùvole più basse.
L'àqua
la
xe un spècio incantà,
l'ora
che la speta de tornar indrio
a ciapar fià fora de 'l porto.
Na famégia de garze
la
fùrega co calma tra le barene.
Gnanca
le se tol la pena
de farse in
là co rivo,
gnanca le se degna de tirarme
na ociada de scampon.
Puso pian pian i remi
sora el pelo
de l'àqua,
no me la
sento pròpio mi
de
far bordelo.
Se slarga
pigri
i serci drio de i remi
e i rompe el spècio
tuto in giosse d'oro.
Le
me ore
2001
Strighe
fie-morose del tempo
sempre più
eterne sempre più che le scampa,
peociose e madone, squinzie e siore!
Le
strissa slimegose, ste malegne
cortesane de i ani
a impaltanar tuti i me passi,
me se rampega indosso onte e bibiose
a strenzar gropi sempre più ingrumai
sora i svoli
de i me sogni,
me sbrega via da i ossi ongiada a ongiada
longhe
striche de vita
una drio staltra.
Campanon 2009
Ti ga zogà con el me cuor
come
se 'l fusse ‘l toco de quarelo
de 'l campanon
in campielo nostro.
Ti,
massa bela par mi!
Ti ti ridevi,
là, co ti saltavi
co le
cotolete curte le masegne
e ti vardavi in su co i oci furbi
e ti lassavi
desfarse drio de le spale
el to bel coconsin de rissi biondi!
Ti, massa bela par mi!
Ti ti ridevi,
là, co ti saltavi
co le
cotolete curte mai sbassae
e ti butavi in su co i oci furbi
do perle de tetine a pena sconte
che le
me cavava el fià!
Ti, massa bela
par mi!
Ti ti ridevi,
là, in canton de la corte
co le
cotolete curte sempre drio
a mostrar via Venèssia
tra man che
le furegava soto e sora
e brassi che cambiava diese volte
par setimana!
Par ani
le
cotolete le to tetine i rissi
le
ridadine i oci furbi
i xe restai drento i più sconti fogi
de 'l libro
de i ricordi,
queli
che più i fa mal da cani co i vien fora.
No ti ridevi no, ti, staltra sera,
ti, massa bela
par mi,
tuta ingrespada su fin sora i oci,
ti, bel fior spampanà!
tuto marogne e rovinassi!
Bòcolo
d'oro,
"Restemo
boni amighi!" vol dir solo
"No te la
darò mai gnanca se moro!"
Padova 2000 – 2010
Vien su na furia
co ‘l sìndaco se caea zo le braghe
pena che i verze boca daea curia...
Ma xe permesso, porca eà miseria,
che nissuna question eà sia più seria,
co queo che tuti i dì i ga su de grane,
che ocuparse de quei che i va a putane?
La
'sessoressa nostra aeà cultura
co eà parla se ga da ver paura.
Ma pa' scoltarla ancora pì corajo...
xe del Foscolo infati el Sinque Majo.
I tempi canbia, i tempi i resta tristi...
Eà nova sindachessa eà ga in odio
sintassi, verde e automobiisti.
Tuti ai Jardini!
Par amirar coe boche spaeancae
mudande de rumeni e magrebini
tute eà intorno a Gioto ben picae.
Figuri tristi
che i pesta i roba i spàcia e i te sassina!
Ma a chi protesta i dise su rassisti...
I te copa i te sbusa i te rapina,
i roba nee boteghe e par le case,
i pesta come bestie, i te sassina,
no ghe xe un zorno che se staga in pase.
Se vive impaltanai neeà paura,
parfin da lu 'sessor xe 'ndai robar!
Ma cossa xe che in giro el va contar?
Che eà sità eà xe pròpio sicura!
E par mostrar che el xe un gran bon bonbon
el spara che ai Rauni dei Alpini
ze compagno guaìvo un Botejón!
Sempre guaìvo!
Pai nostri bravi 'ssessorassi al verde
xe un nemigo mortal n’àlbaro vivo!
Cossa i te fa sti potacion nostrani?
I buta zo i pì bei a sentenera
e pì i se sbava indosso pì i ze sani!