Enza
SILVESTRINI
Enza Silvestrini è nata a Pomigliano d’Arco nel 1972 e vive e lavora a Napoli. Ha pubblicato le raccolte di poesia Controtempo (Oèdipus, 2018), Partenze (Manni, 2009); il romanzo Sulla soglia di piccole porte (Iuppiter, 2012, seconda ediz.); il racconto Lido Mappatella (libro d’artista per ilfilodipartenope, 2012); la favola in versi sul tema dell’omofobia Diversi amori (illustrazioni di Barbara Balbi, Iuppiter, 2013). Collabora con la rivista “Poesia”, è redattrice di “Levania, rivista di poesia” e responsabile regionale del Pen Club Italia Onlus.
POESIE
da CONTROTEMPO
***
comincia sempre
con piccoli smottamenti
perdite di significati
tenui apparentemente
soffici svagatezze di
non ricordo
adesso mi verrà in mente
cui nessuno vuol dar peso
restiamo così tutti fermi ad aspettare
che qualche cosa avvenga
***
avviene
con una certa indifferenza
tra un sospetto e l’altro
appena sussurrato
lambire territori sbiaditi
sembra all’inizio
un paesaggio più bello
acquietati gli ardori
furiose impennate
funeste alle nostre esistenze
***
così il tempo ha smesso di girare
è sempre qui è sempre ora
se tu sapessi tutto ciò che accade
in questo lago tiepido
quante successioni di istanti
ti si muovono intorno
proveresti pietà per noi
che ancora li contiamo
eviteresti di andartene
così spesso nel passato
incapsulato qui in casa
per mortificarlo continuamente
pretendi sia presente e vivo
davanti ai nostri occhi
dilati le ore per farne giorni o anni
o qualcos’altro che non ha nome
una tua nuova lingua ancora non esiste
***
l’anima se ne va confusa
in questo limbo di sopravvissuti
echi di questo o quell’altro mondo
tuonano all’orecchio sbigottito
emergono frammenti di facce
storie mobili e scomposte
assapori la libertà insensata e divina
di posizionarli a modo tuo
le vie si fanno irregolari
nessuno può raggiungerti
mi batto in difesa dell’esattezza
provo a condurti sulla verità dei fatti
adduco prove minuziosi dettagli
riposiziono date e connessioni logiche
tu sembri convinta
tra le distrazioni del bucato e della pioggia
e per qualche istante
il mondo ridiventa uno
ma poi crudelmente ricominci la storia
di questo o quello
incurante di tempi e luoghi
fatti e circostanze
non c’è più modo di ritrovarsi di nuovo
***
la gloria delle ossa
si alza e si inabissa
intorno al soffio
segno che sei viva
nell’immensa immobilità
del corpo bianco
ritrovi improvvisi vuoti
sotto gli zigomi
nello splendore del pomeriggio
avanziamo verso la sera
in questa calma imperfetta
di sonno e veglia
la scatola del caffè è sempre la stessa
da almeno dieci anni
***
verrà un giorno
dove la storia tra noi
sarà azzerata
non ci saranno stanze conosciute
o alberi amici
non varranno testimonianze
foto o scritti
mi darai nome ancora una volta
ma sarà di qualcuno marginale
e allora così slegati estranei
ci ameremo di più
tutti lo dicono
verrà questo giorno
***
ai tempi dell’amore piantavamo ginestre
e aspettavamo che le foglie esplodessero
tiepide e gialle per il desiderio
venivano a giacere dove eravamo noi
ancora gonfi per i sonni perduti
si incrociavano sentieri e navi
tutti allo sbando oltre la misura
ci attendevano altre cose dopo il mare
e gli scrosci improvvisi di agosto
ho solo questo istante
che non potrà durare
tu sei impreciso e ruvido anche quando dormi
***
a quanti gradi può bruciare un corpo?
nelle pire moderne
perfettamente ermetiche
chiedevamo
e la misura esatta del tempo
per questa fiera operazione
qualcuno nella stanza
la scandisce con precisione
non sopravvive un barlume di eroicità
nei forni stagnanti
nella professionalità degli addetti
in giacca e cravatta
blu o neri
ma qualcosa di te
dalle onde del fuoco sarà pure fuggito
scomposto in milioni di particelle
infinitesime spettrali
vaganti tracce nel vento
che continua a crescere
a maturare in pioggia
evaporato in passaggi di stati
sottratti al ronzio di larve
all’umidità tombale
forse ti respiro
ché infatti l’aria si incaglia
all’altezza della gola
in grumi inquieti e assetati di gioia
***
che cosa tu poi conserverai di te stesso
è la domanda
pronta a resistere a ogni logica umana
se ci sarà ancora memoria del nome
– il tuo che unì ogni parte di te
i nostri che stavano come ponti sospesi
contro il buio delle guerre e della dimenticanza –
dei luoghi attraversati o immaginati
della giusta sequenza dei tempi
degli accidenti che occorsero
funesti o felici
di tutto il turbinio compagno dei giorni
di fantasie e sogni in tumulto
solo tu sai
qui da noi queste cose contano
e interroghiamo oracoli e dei
talvolta ci visitano in vesti regali
avanzando di notte con carri guerrieri
***
appari tra le foglie
dei radi alberi della villa
dove avrei tante volte potuto incontrarti
ma dove non ti ho incontrato mai
un ragno si avventura fin dentro casa
per scoprire che il mondo
ha ancora molto da offrire
in termini di tane e prede lucenti
da PARTENZE
bardato da milioni
di scialli ti scaldi
al sole dietro il vetro
del balcone hai deciso
di non parlare più
che non ti interesso più
con i miei tentativi illusi
di rendere la vita
appetibile ancora
***
hai stipulato un patto
con la malattia per
corrodere il tuo
corpo
vuoi esser solo
nel tuo letto di vecchiaia
avanzata piombata
all’improvviso sulla tua
arguzia e sui tuoi
segreti che non svelerai più
sei ormai così maturo
da non aver bisogno
di esteriorità alcuna
***
laggiù
nella notte
elemosino
una coperta all’infermiere
dopo il solito panegirico
al suo buon cuore
sulla sedia dura
passo in rassegna
tutte le mie ossa
poi mi accanisco
sugli organi interni
conto le gocce
che piovono
nella tua vena
ogni tanto
irrompi vaneggi
cercando di strappare
quella miriade di tubicini
che ti inchiodano al letto
allora bisogna tenerti
forzarti e rinfilarli
uno per uno
con calma ferocia
al mattino non sai
non ricordi
mentre io consegno
il mio bollettino
al dottore di turno
[limitaneo]
assegno a te
il compito di
guardare i confini
i miei sono violati
in armi come
si addice ad un
guerriero
non cedere al sonno
neanche quando
sei felice