Bino
REBELLATO
Bino Rebellato è nato nel 1914 a Cittadella, in provincia di Padova, dove è vissuto fino alla scomparsa nel 2004. Ha pubblicato le raccolte di versi: Mie non mie parole (1977), Da una profonda immagine, Rusconi, 1980, introduzione di Giacinto Spagnoletti), L’altro in noi (Rusconi, 1983, nota di Carlo Bo), L’ora leggera (Scheiwiller, 1989, nore critiche di Silvio Ramat e Mario Luzi), Umane Dolomiti (1992), Non ho mai scritto il verso (Rusconi, 1994), Luoghi comuni. Disegni dal vero (1996), Appunti e spunti (1999), In nessun posto e da per tutto. Poesie 1929-2004 (Biblioteca Cominiana, 2006, a cura di M. Munaro); le traduzioni: Crescere in niente (Croître en rien) di Edmond Jabès (1991), Il mio Folengo in dialetto veneto (Scheiwiller, 1995); le prose di Amore di una terra (1992). È stato editore, pubblicando poesie e prose di Buzzati, Lalla Romano, Sgorlon, Zanzotto Marin e tanti altri.
https://it.wikipedia.org/wiki/Bino_Rebellato
POESIE
da L’ALTRO IN NOI
L’altro in noi
Tutto ciò che non sappiamo
dire
tutto ciò che non possiamo
fare
perfettamente
dice
e fa
l’altro
in noi
Mio notturno compagno partigiano
Quali origini
quale nome
alla figura che dà forma
a questo sacco
di carne e d’ossa;
insondabile il segno del magnete
che smuove i circuiti
nervosi ad una frase;
la mente che intuisce
ciò che l’occhio non vede;
questo mucchio di stracci
con lo sguardo pietoso;
questo pupazzo che sa cantare
con l’armonica a bocca modulate
sequenze gregoriane,
mio notturno compagno partigiano
con la morte alla gola;
inafferrabile presenza
che mi appare in umane sembianze;
tanto vicina
quanto remota;
assente alla parola
assente ad ogni luogo;
che nessuna potenza può toccare.
Parole-amore
Mie povere parole
segni dispersi
in pochi fogli;
le tue le mie parole
da impuro sangue
da vermifero fango,
altri verranno
a cancellarle
a ricomporle nuove;
a compierle perfette nella voce
dell’altro in noi; a farne
parole-amore.
Un modo tutto nostro
Dici parole
molto comuni,
frasi da nulla;
ma, così, mai dette da nessuno.
Abbiamo un modo tutto nostro
d’essere
e d’apparire.
Così profondo
dentro noi
un disegno
di noi stessi
che nessuna potenza
potrà modificare.
Ecco prendere fuoco
Tra molte frasi fatte
spropositi bestemmie
rabbiose imprecazioni
ecco prendere fuoco una parola come un razzo
dell’impeto
che ruota moltiplica i soli.
Magnifici signori
Pescatori di anguille nella magra palude
di Onara lungo il Tergola,
cacciatori di frodo,
sensali d’esca e talpe,
poveri amici della mia contrada,
morti, spariti;
quando il tuono urta le fondamenta delle case
e quando il sole turbina sulla vasta pianura
piegando al vento i neri
fondi cavini,
eccoli balzar fuori dalle macchie,
dalle cupe erbe dei fossi
il giorno della sagra,
con gli alti palafreni di parata,
con i rossi mantelli della festa,
magnifici signori del paese.
Non ho mai scritto il verso
Non ho mai scritto il verso
che per tutta la vita
ho sognato di scrivere.
E non ho mai saputo
il vero puro timbro
della mia voce.
Di sorprenderla
ogni giorno m’illudo
in attimi di grazia
immacolata come l’alba
prima del mondo.
Dalla mia lingua muta
parla una voce
che non conosco.
da L’ORA LEGGERA
*
Allegra furia che boje fora de’e raìse dei fagari
panòce sgiaòn scatarùni cai nogàre scavessàe
s’ciochi de piroe-pàroe
che nel rotondo giorno i contadini
goglottano col vin clintòn a gloria delle mie contrade, cui guardano ubriachi
astronauti e nostromi senza carte e mappe
nel mezzo degli oceani
di vento e fuoco;
allegra furia libera dai soli e dalle terre
libera dall’uomo
da cui parli.
*
I monti pensano
e sognano con noi
abissi ed isole mai visti da nessuno;
aspettano con noi
l’ultima scossa;
il salto ai meridiani senza terra.
*
Voragini spaccate
———————dalla forza
———————————-dei vuoti
a confronto con noi;
—————con l’impeto
——-che vuole uscire
dai nostri corpi.
Tensione di tutte le montagne a una parola.