Alessandro
FO
Alessandro Fo è nato nel 1955 a Legnano e insegna Letteratura Latina presso l’Università di Siena. I suoi libri di versi sono: Otto febbraio (Scheiwiller, 1995); Giorni di scuola (Edimond, 2001); Piccole poesie per banconote (Polistampa, 2002); Corpuscolo (Einaudi, 2004); Vecchi filmati (Manni, 2006); Mancanze (Einaudi, 2014). Ha a lungo privilegiato lo studio della tarda latinità: ha curato l’edizione tradotta, con introduzione e commento, di Rutilio Namaziano, Il ritorno (Einaudi 19942); ha collaborato con traduzioni e schede alla Antologia della poesia latina (Mondadori, 1993) e ha contribuito con varie voci al manuale di letteratura latina diretto da M. Bettini (La Nuova Italia, 1995). Inoltre ha pubblicato: Virgilio, Purché ci resti Mantova, Le Bucoliche I e IX tradotte e divagate (con G. Bernardi Perini, Edizioni degli Amici, 2002); la traduzione con studio introduttivo e note delle Metamorfosi di Apuleio (Frassinelli 2003; rist. aggiornata, Einaudi, 2010); una nuova traduzione, in esametri ‘barbari’ dell’Eneide di Virgilio (Einaudi, 2012; note di F. Giannotti). Si occupa anche di fortuna dei classici nella modernità e ha studiato in tal senso soprattutto Virgilio, Orazio, Ovidio e Rutilio Namaziano: quest’ultimo in un ampio saggio introduttivo a Rutilio Namaziano Il ritorno (a cura di A. Rodighiero e S. Pozzato, Aragno 2011). Di letteratura italiana contemporanea ha curato varie opere di Angelo Maria Ripellino, fra cui – insieme a F. Lenzi, A. Pane e C. Vela – l’integrale delle poesie uscita in due volumi (rispettivamente presso Aragno e Einaudi, nel 2006 e 2007). Ha pubblicato il saggio Il cieco e la luna. Un’idea della poesia (Edizioni degli Amici. 2003).
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POESIE
da VECCHI FILMATI
PALUSTRE
Lungo una via di nome Pantaneto
presa per sbaglio, involontario clinamen,
cadde a caso l’incontro,
da tempo ormai sfumato.
Come sei bella,
No, tu lo sei piuttosto.
Ed un breve dialogo sull’orlo
di una nuova incolmabile distanza.
Fisica di particelle
strette da un’attrazione,
ma accelerate via (diverse età,
differente nazione
e nessun posto
dove pensare in comune una vita).
Sto sfiorendo… Adesso sono tinta,
ma i capelli sotto sono bianchi.
Cosa dici… Sei sempre un incanto,
No, tu piuttosto.
VECCHI FILMATI
In visita a Giovanna, mia sorella
dai Sentieri ha salvato in vhs
vecchi filmini di vacanze insieme
lungo gli anni Sessanta.
—————————-Molto bella
passa per tre secondi
nei fotogrammi, svanita, la mamma.
Avrà undici anni Andrea che a quel tempo
stupiva tutti col suo avvitamento
dal trampolino, i suoi salti mortali.
Vi rivedo Marcella
morta da poco tempo di tumore,
finita appena l’agonia del figlio,
e il gioviale Lamberto,
già da tempo (un infarto
dopo il tennis) caduto in altri mondi.
Ombre di vhs, e presto niente,
come anche noi altri attori del reperto.
Giovanna giovanissima in un niente
d’inquadrature si alza da un lettino,
seguita dalla pioggia di capelli
bruni che le festeggiano il sorriso,
occhi stelline, ali,
primavera di vita
————–che anche ora
di ferita dolcezza m’innamora
– come fitta, già allora,
m’innamorava straperdutamente.
da L’IMMAGINAZIONE
ATTIMI DI NATALE
Tornai a Natale a trovare mia madre
alle cellette del forno crematorio
del cimitero di Prima Porta a Roma.
Lei mi guardò dalla piccola lapide,
volgendo gli occhi sulla spalla destra,
chiamata al tavolo di un ristorante
(foto che allora mi aveva mosso al pianto,
quando s’impose alla scelta fra tante,
per quel suo caldo sapore di vita).
Le chiesi aiuto da un mio labirinto
in cui da anni mi dibatto e peno,
poi abbandonai la grigia, umile loggia.
Si intrecciò col sereno un po’ di pioggia,
ma poche gocce, a turbare le pozzanghere.
Salii il sentiero, fra le azzurre stanghe
che mimano i profili di una chiesa,
e, a torri o campanili, hanno un camino.
In cima, sopra la verde distesa
di prati e campi, un immenso arcobaleno.
da RELIQUA DESIDERANTUR
dalla sezione Libro d’oro
AL FIGLIO
(non lontano da Ostia)
Nella casa in cui vivevo, adesso,
scuotendo per i passeri
la tovaglia in balcone,
l’aria sarà grida di bambini
all’uscita da scuola.
Là in alto era l’amore, all’ombra
di una storia famosa, la cui tempra
già toccava progetti di bambini.
Dal terrazzo si poteva ascendere,
volendo, fino a Dio,
se non come Agostino,
gettandosi lo stesso
oltre i dubbi in un salto
verso la luna, verso l’Orsa Maggiore,
magari, come da ragazzo, alla Fosbury.
Però
nulla è mai davvero come sembra,
ma almeno sette volte più complesso.
CHE SEI NEI CIELI
D’improvviso straziava il pomeriggio
il pianto del bambino
disperato al cancello, per un caso
chiuso di fuori.
————–Corsi, sopra, a lato
«Alessandro, – chiamai – scendo, ti apro.
Non preoccuparti più. Dammene il tempo!»
«Dove sei? – singhiozzò – Non ti vedo»
«Qui, affacciato,
settimo piano del palazzo accanto».
Un attimo, la mano sopra gli occhi,
non mi trova, si scorda dell’aiuto
non sente più, stravolge in una smorfia
dolorosa la bocca, grida forte,
implora il padre, e ormai rinnega pure
la pura verità di avermi udito.
dalla sezione Il tono blu
IMPREVISTI
—————–21 ottobre 1849
Le sue creazioni non coprono un giorno
di musica. E giunto infine al fondo
trovò chi lo beffasse
per il suo tocco delicato: «ancora un poco e
sarebbe dileguato
nell’impercettibile e impalpabile».
Lui,
Fryderyk Chopin,
«ORNAMENTO E VALORE DEL MONDO»
invece,
di giorno in giorno
sempre più indispensabile.
dalla sezione Figure d’angeli
ANGELO DEL BOTTICELLI
Reclinato l’ombrello
sotto un colpo di vento,
il passante distratto
ora, nel grigio del maltempo, attratto
dalla finestra in luce,
vi scorse, trascorrendo,
un orrendo neon, letti a castello
sfatti, e all’armadio, un attimo,
biondi e mossi capelli:
veloce giravolta
e apparvero, in corruccio
– di sei secoli belli –
proprio i tratti di lei,
che non è tolta,
dunque, al mondo fin dal Quattrocento,
ma è rimasta a fiorire qui in eterno,
lei, Simonetta Cattaneo Vespucci,
l’Ideale di Sandro Botticelli.
ANGELO BRUNO
Quasi a fine funzione
– quelle deserte, infrasettimanali –
giunse, e a lui ginocchioni
s’inginocchiò d’accanto.
Sopra il piumino bianco
neri si spargevano i capelli
a incorniciare i tratti naturali
ed insieme irreali
tenerissimamente sorridenti
dietro le trasparenze degli occhiali.
Verso una dimensione
di una metafisica dolcezza
virava il nostro banco
sotto il peso di quella leggerezza.
ANGELO PREOCCUPATO
Nel sonno fece un incubo. Parlava…
Le carezzai piano piano i capelli.
Era tornata la calma (sembrava).
La mattina le carezzai i capelli.
«Dici davvero? Non me n’ero accorta».
Poi, tutta la giornata.
E di nuovo la sera, andando a letto,
la mano andò alla seta
della sua testolina tormentata.
E disse un po’ pensosa e addolorata
«Ma quando sarò morta,
tu mi accarezzerai i capelli?»
ANGELI SU SCALE
Quando la vidi scendere le scale,
scherzosamente dissi «Abbiamo una sposa!»
Solo un poco dopo, la preziosa
luminescenza bianca con foulard
lasciò affiorare le sue parvenze Down.
Si aggirava flessuosa nella sera,
ascoltava attenta ogni poesia,
partecipava, ora con ironia
sorridendo, ora facendosi ombrosa.
Creatura d’altri mondi, si dispose
accanto a una bellezza giovanile
di occhi bruni acuti e luminosi,
vestita in scuro.
————–In differente stile,
e quasi come per moto contrario,
due capolavori del Creatore:
anche lei, sì, che pure decurtata,
compressa in una sua gittata minima
di fascino e avvenenza
ne andava fiera.
————–E, da diva del cinema,
riprese il giro, largo, voluttuoso,
qua e là poggiando uno sguardo abbandonato,
tenendo il collo lunare inclinato
come un cavallo ombroso
e uscì di scena, risalendo la scala
in cima a cui l’aveva congedata
la sua madre terrena, accorata
da una pena in volto senza fine.