La Poesia italiana del Novecento - The italian Poetry of the 20th century

Massimo Rossi

Massimo Rossi nasce a Venezia nel Luglio del 1956, vive e lavora a Mogliano Veneto (Treviso), giornalista pubblicista, esperto di autografi e manoscritti antichi. Nel 1992 per la Grafic House Editrice ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie: Aritmie Metriche; nel 1993 con altri tre poeti l'antologia di poesia erotica: La mano sulla carne con prefazione di Dario Bellezza. Nel 1998 per le Edizioni del Leone ha pubblicato: Minima Poetica e altri versi giunto finalista al premio Ungaretti. Nel 1999 Ha vinto il primo premio al concorso nazionale per testo teatrale Sottopalco. Nel 2001, presso le Edizioni del Leone, ha pubblicato il testo teatrale La sorte dei poeti (o dell’ironia). La sua produzione poetica è riconosciuta dalla critica nel Neolirismo; ne hanno scritto Dario Bellezza, Alberto Cappi, Roberto Carifi, Luciano Nanni, Paolo Ruffilli. Sue poesie compaiono in molte antologie, riviste di poesia e in Internet. Tra il 2000 e il 2002, pubblica sotto pseudonimo due libri di narrativa. Ha tenuto corsi di studio e approfondimento della Poesia per il Comune di Mogliano Veneto (Treviso). Ha scritto articoli per il Gazzettino di Venezia, per il mensile di antiquariato Charta, attualmente tiene laboratori di poesia e teatro per l'Assessorato Politiche Sociali - Reds del Comune di Venezia. E' stato direttore editoriale della Libreria Chiara & Co. Editrice

OFFICIAL WEB SITE: http://www.massimo-rossi.com  



 

 

edito e inedito

****

Pur di starti accanto

essere vorrei il tuo sogno

che  dimentichi al risveglio.

 

 

Sono del mare il suo segreto cielo

ma dal sole ho in dote che un lampo.

 

ti parlerò di me e della gioia andata

delle stelle cadenti dalle ciglia

delle nuvole svuotate di pianto

della conchiglia che fu amica

amante mia d’amor mai detto

che sussurri il rumore dell’onda.

 

******

 

Sei come la biglia intorno al pozzo

che gira gira senza mai cadere

nel buco dove i colombi vanno a bere.

 

anche il dito che la spinge sei e sei volte

ti amo riamo riamerei rimando rime.

 

può tornare e tornerà

il tempo mite della biglia

iride di vetro a tutto tondo.

 

 

******

 

 

Scorre il tempo tra le chiuse del fiume

stavamo lì astratti e ritratti invernali

erano il tuo e il mio volto rovesciati

a ponente mentre il cuore tachicardico

e un dorso di mano formicolavano

in consonanze vocative.

 

nelle stanze infinite negli atri muscosi nei fori cadenti

soggiorna non il sentimento ma la sua contemplazione.

 

intuizione lirica pura crociana intuizione.

ispirazione ribelle che belle

origina parole ma sole.

sole parole di sole.

 

 

 

In un contrario naturale

 

 

In un contrario naturale c’è un fiume ribaltato

dall’oceano alla sorgente: scende.

non d’acqua dolce o salata è il percorso

neppure d’acqua meticcia ma biologico intruglio

dove anche un’anguilla  nel contrario naturale

per scelta zitella e misantropa

bramerebbe discendenza.

al di là di ogni intenzione ti osservo

con pinna caudale di gloria trasparente: nuoti

da branchie di dolore meno evidente: respiri.

dalla sorgente all’oceano: sali.

 

 

******

 

 

Lascia che l’imbrunire

inghiotta le nuvole bianco latte

punta lo specchio e rifletti te stessa

nel disco aranciato del giorno che s’addormenta.

 

da qui ti vedrò simile ad Afrodite

a un’apparizione divina che toglie il fiato.

 

respirerò a pieni polmoni per non morire

pregherò il sole sfinito

di allontanare per sempre il suo sonno

starò ad adorarti così  in un eterno tramonto.

 

metà ottobre 2000

 

 

 

Da qui tutto comincia

 

 

 

Da qui tutto comincia.

L’andirivieni di deboli tramonti

e d’albe malate di buio

segnano l’età dei miei figli.

vivere sembra una convalescenza

senza fine : l’attesa

unico rimedio alla pazzia.

oppure somiglia ad un banco dei pegni

dove ti prestano un terzo del bene

e rinnovi ogni sei mesi il coraggio

per un indifeso sorriso.

mi accorgo di invecchiare

dai prestiti restituiti

dalle bollette pagate e impagate

dal preventivo del dentista sempre più alto

dall’usura dell’auto e della caldaia

dai gratta e vinci inutili

dalle sere trascorse immerso nel Web

cercando nel virtuale il reale.

 

ti credo sempre Leopardi

ma non più al vigore del passato

è una condanna pietosa il ricordo

senza tempo senza dimensioni

la malinconia ha ceduto la cattedra

al maestro dei maestri : l’attimo.

 

da lui dipendo da lui apprendo

ora  l’arte amica.

 

 

*****

 

 

 

Ma per quanto

e per quanto perduto o sperduto sia

lo sguardo grigio invano dal celeste

scende e non rivela giammai luce

che ribelle  brilla produce e stilla

gocce-cristallo d’incontrollato pianto

e non per rughe incolori e tortuose

aride idrovie marziane

tracce di un trascorso paradiso.

ah! chi sei dunque che t’appresti

al sincrono respiro degli amanti

come donnola all’ignaro pollaio?

 

 

 

*****

 

 

 

E’ una faccenda di bilanci dicesti

per tramortire anche ciò che di sacrosanto resta.

il caffè macchiato era ed è amaro l’orzo macchiato pure

e una ragione c’è: non mettiamo lo zucchero.

ma tra mille e una diversa o differenti conclusioni

solo i nostri sessi hanno valore assoluto

non certo il cornetto che ci facemmo

vagheggiando nell'orgasmo  un’alba nuova.

 

 

 

 

 

Fu cenere

 

 

Fu cenere ancor prima di ardere

l'intesa meditata perenne.

avevi intenzioni velate

tronchi perché piane emozioni

fini fiammiferi sdruccioli.

con la testa china

in attesa di cenere

insisti ad incendiare il domani

ignifugo quanto l'oggi.

e dal quartiere dormitorio

dove la notte distendi il mio

corpo abbandonato

risorge la noia dell'insonnia

ed il sospetto che al nulla

si opponga  sconfitta  la parola.

.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 

piantarsi in terre che amplessi non videro

provoca ustioni appena visibili.

Potresti  pensandoci  chiamarle

così:solitudini stratificate.

formano direttrici oblique

allo stesso modo di sguardi indifferenti.

 

 

 

*****

 

 

 

Penso: "Nel bene e nel male  io ti amo!"

ma forse più nel male che nel bene oggi.

domani notte

baciarti il sesso

mi auguro abbia più senso

rimane dunque un sonetto incompleto il mio amore per te.

 

 

 

 

Io non ho mai amato!

Io-non-ho-mai-amato-nessuno!

 

 

 

 

Dai cirri del primo piano

sono disceso quale anima dannata

all'interrato accompagnato da un Virgilio in sottana

conosciuto una sera d'agosto alla stazione.

l'inferno è il giusto castigo agli ingiusti

(o bonus ) al dolce far nulla?

Io non ho mai amato!

Io-non-ho-mai-amato-nessuno!

pozzi i tuoi occhi neri . abissi.

precipizi. ma doni di femmina

premi che vorrei in perpetuo alla carriera

di testardo fannullone.

sai o non sai che il mio interesse per te sta lì

sotto l'abbozzata coppa del ventre?

tra i seni intravisti di sguincio?

non è d'amore che parlo

lasciamolo ai poeti quello

ma di carne e passione

di orgasmi ripetuti

di calori animali e pelli sudate

di umori rinsecchiti sulle lenzuola.

e non chiedo perdono per la mia lussuria

ma reni robuste.

 

 

 

 

*****

 

 

 

 

Tutto è inconfessabile nei miei pensieri

il sentimento più alto s'impregna di volgare:

murmure di tinte annacquate già ieri

arcobaleno ai miei pochi capelli. Andare

dove nessuno o chiunque s'avventura

ecco per un attimo semplicemente ti amo.

 

 

 

 

Ah  Wagner !

 

 

 

 

Mi muovo come posso in quest’inferno!

la memoria l’abbandona ogni giorno!

ah  Wagner !

mi muovo come posso  in quest’inferno:

tra tagliole e corde di violino

tra ottoni e inganni coperti di rose

inseguendo la memoria che l’abbandona.

è  la solita storia senza storia

affanno una ragione che non c’è :

la morte  la sua  inevitabile

la vita  la mia  evitabile.

ah Wagner!

 

 

 

*****

 

 

 

Della tua oscurità non ho che un flash:

io che suono tu che non rispondi

 

 

 

*****

 

 

 

Se nel 1907 avessi avuto Parigi come dimora

che so, magari in Rue Ravignan

di rimpetto a Max Jacob

e fossi stato un'avvenente ventenne

un po' ballerina e un po' puttana

schiava della fatina verde e dell' hascisc

qualunque cosa avrei fatto o detto

per un mio ritratto dipinto da Amedeo.

 

 

 

 

 

 

Peccato

 

 

 

Era ieri, che a meno di dieci anni

pensavo il mondo fatto di canali

e calli strette e campi e un’unica piazza.

Ogni mattina a scuola all’Accademia

solcando in vaporetto

la ferita d’acqua dalla Ca D’Oro;

poi a rincorrersi come cani

dietro alla lepre e sorridere certi

che il tempo mai  ci avrebbe scambiato

gioia d’essere al mondo con tristezza.

In quale anfratto della mia memoria

in quale crepa sulle fondamenta

che ogni sei ore si scoprono al sole

stanno riposti i ricordi della nostra pubertà?

Non so. Non ne sono sicuro forse

somigliano al calore della pietra

emersa che odora d’alghe e miele.

(Molte volte vidi dalla finestra la neve sopra i tetti della Misericordia stringendo nella mano l’orgoglio)

Con cuore pronto alla vendemmia, ignari

tra filari d’emozioni ed insonnie

gustammo i primi amori:

mani infilate tra le mutandine

rosa, lingue anguille  lampo inceppate.

Carbona ! regno della libertà.

dai barbagli viola. dalle finestre

chiuse. dalle dieci paia di chiavi.

entro i tuoi confini di canne e stoffa

sopra il cadavere di un materasso

violai la sua verginità

mentre ancora stringeva

i libri sottobraccio!

Lei  attrice del rimorso puberale

invano cercò di disinnescarmi

la coscienza divenuta ordigno

ficcando la lingua nella mia gola

o stringendomi forte al seno

o guidando la mano inesperta

tra le sue cosce d’albicocca.

Baciarle le labbra appena affogate

nella fontana del piacere maschio

dividere il frutto dell’erezione

a nulla servì e la mina esplose

con un tale fragore che più l’acero

rosso dei suoi capelli rincontrai.

Peccato ascolta.  piòmbati gli occhi e ascolta:

una stomìa crudele si creò

tra noi e i giorni a venire

ed anche il primo dolore arrivò

il primo di una moltitudine

spalleggiato dalla paura

e dalla solitudine.

Vomito dello spirito questo sei

tu stravizio gradasso abominio

lacerazione del cervello  bestia

immonda che tutta circonda

l’anima mia perduta. Rovina

peste  colera flagello indovina

di giorni infausti procuratrice

di pianto rabbi  assenza di rimpianto

essenza di malvagità questo sei.

Tende ancora la Mano Santa Iddio?

Cerco salvezza  pentimento e amore.

Intanto  vinta da un sonno straniero

mia madre muore.

 

 

*****

 

 

 

 

All'alto cielo protendo  ignorando

il sole rissoso un pensiero cavo.

Ed attendo che lo sgomento cessi

quando si inerpica umile la luna.

 

 

 

Elegia per Nèrige

 

Nèrige.Valgono poco le parole.

Sono lampioni in un deserto viale

e lo spazio tra loro è immenso e inutile

spazio che tra i suoni è silenzio.

Cosa ancora vuoi sentire Nèrige?

Neppure quel rinnovato miracolo

genera giusto peso alle mie sillabe

che vivide scandivano illusioni.

Se solo potessi spiarmi l'anima!

Intendere se entrambi siamo despoti

di noi stessi o del destino le vittime.

L'alba sul Terraglio giunge ogni giorno

impietosa e misura implacabile

la distanza che ci annulla il sorriso.

 

 

 

 

Affinché gli amori sul nascere uccisi

 

Affinché gli amori sul nascere uccisi

o peggio sepolti ancora in vita

abbiano un velo di giustizia per sudario

e radi ricordi a far loro da croce ignota

per tutto questo io ora ti scrivo.

 

accendo un’altra sigaretta

la seconda del mattino e nello sgomento ti rivedo.

 

ascolto la Grosse Messe e-moll KV 427

così risento di nuovo il suono ricostruito della tua voce.

atri ventricoli ed emisferi bagnati di luce

illuminano lo schermo del computer

tutto è veramente pronto adesso.

 

accendo un’altra sigaretta

la terza del mattino: comincio.

 

non sono l’uomo più adatto a vendicare

amori assassinati nel nome di mature coscienze

coltelli affilati li porto alla cintura

rasoi nelle tasche dei jeans pistole sotto le ascelle

bombe nella mia ventiquattrore di Fendi

gas nervino in ampolle di fine alabastro.

 

eppure al cospetto di un verso di Rimbaud, piango.

 

schizofrenia cronica dell’uomo

che uomo non è mai stato.

Peter Pan con l’ernia al disco

Narciso cresciuto nel deserto del Sahara

Ciclope dai tre occhi caduto nel buio più buio.

sono io. mio Dio! sono io!

 

non dimoravi allora nel visibile

ma nell’immagine di ciò che sempre si perde

incatenata da ginestre e gladioli vermigli.

rigogliosi li ho visti crescere

dissetati da lacrime tue fonti inquiete 

illusione disillusione mie inquiete.

 

et voilà !

 

mentre scrivo questo memoriale

un flash d’agenzia agita l’intima redazione

merita un’altra sigaretta e poi un’altra ancora

la tua dichiarazione si trasforma

in uno sbilenco e un po’ stracciato sipario

ma sembra più l’ultima pagina di un diario.

 

adieu.

 

 

 

MINIMA POETICA

 

 

 

Parte I°

 

 

 

Tu dovresti non credere

a nessuna delle mie parole?

proprio a nessuna?

ascolta questi tuoni verità

e chiedi: " amore siamo dunque poeti? "

mia bella chioma rossa penserei

che in te vive Poesia!

sì! e vorrei berla tutta dal calice

forgiato da Cupido

e cesellato da Eros

poiché il desiderio di averti

non abbandona il senso del mio verso

questo devi ancora capirlo. Aspetta!

non coprire le nostre nudità

dovrai sentire il fremito

barbaro che nasce dal roseo ventre

ed in quel mentre egli t'apparirà

bufera intima brutale e corrotta.

la poesia penetra nei nostri corpi

in ogni possibile buco o fessura

e raggiunge i misteri del perenne.

travolge e purifica senza paura

l'anima; squarcia il velo

d'un indefinibile colore dove si intrecciano

in un amplesso antico quanto il mondo

pensiero e azione.

Pensiero e Azione!

e fare il pensare e pensare il fare

edificare inclite architetture

alte cattedrali pagane in versi.

marmi mattoni e mosaici di sillabe

allo scopo di donare un rifugio

inviolabile e sacro

tra le righe di un libro.

inizi a capire

l'importanza del canto?

Dynamis eterna della parola!

per comprendere tutto

sulla natura delle cose umane

il segreto non è solo nel verbo.

c'è un suono ovattato soffocato

dai crescenti rumori

di ingranaggi e motori:

il perpetuo respiro del creato.

ciò da coscienza della vita eterna

poiché nulla veramente

ha un destino di morte.

ma l'uomo

seppure cosciente che nulla muore

nel corso della sua esistenza

vede e sente la morte

la invoca nella disperazione

la ripudia nella gioia.

solo se uniti

in una assoluta e mesta armonia

il pensare e il fare sostengono

quella forza vitale ed interiore

d'accettare la propria natura

senza porsi perché.

io in questo preziosa amica non riesco:

pormi perché mi occorre per vivere.

 

 

 

 

 

Parte II°

 

Nel mare delle umane incertezze

sto navigando sospinto da un alito

verso la terra dei sentimenti

governati dall'anima e dalla ragione.

 

 

 

Mi affanno in una sterile

ricerca del ritmo del verso chiuso

del verso libero del verso malchiuso

e bacio e ribacio Eugenio Montale.

e di sicuro sbaglio capisci? Sbaglio

e sbagliando sbadiglio

poiché mi annoio a morte.

meglio sarebbe riprendere a fare all’amore

scoprire insieme ogni ruga dei nostri corpi

o percorrere con le labbra

le vie che portano ai tuoi accelerati sospiri.

rileggendomi

in queste ore di fine d’anno

mentre qualcuno anticipa l’inizio del nuovo

con castagnole e razzi solitari

il dubbio si è fatto più forte

se in questo momento scrivo poesia

o uno zibaldone

con pochi ingredienti conosciuti.

non sono pazzo

appena in tempo

arrivo alla conclusione

guardando il tuo corpo nudo

che non mi importa un cazzo

se scrivo poesia o prosa.

lo ammetto.

fino a due ore fa

mi importava e tanto

della forma della musicalità

e della lunghezza del verso

ma ora?

ora che le mie dita battono fonemi al computer fonemi che generano sillabe che generano parole (e se ne fottono dell’a capo), voglio partorire qualcosa di indefinibile messo al mondo solo per discutere. Pensi serva qualcosa la mia opinione se questa che stendo come panni al sole sia Poesia? Che importanza può avere per noi, per chiunque di noi, stimarsi poeti? La presunzione in arte non significa un difetto perché dispone ad una affermazione e infonde apparente sicurezza. Però credimi, il giusto prezzo da pagare è esattamente il contrario: infinita incertezza, infinita fragilità. Non esiste modo per sfuggire al pegno. La maturità in Arte sta nel convivere con la certezza del dubbio nel tenere in equilibrio il mondo interiore con quello quotidiano. Bada, non può essere mai un equilibrio stabile: in ogni istante è d’obbligo verificare i pesi d’anima e ragione; spostarli continuamente da un polo all’altro e tu sei l’asse, il fulcro e la padrona delle forze in gioco. L’Arte non è certo figlia o madre della serenità.

 

 

 

 

Parte III°

 

 

 

 

La funzione del poeta

pensando bene

gocciola misteri.

se vuoi forse una funzione

è quella di percepire infinite realtà.

per primo grido che un mondo senza poeti

non potrebbe essere né vivo e reale

la parola è necessaria all’uomo quanto l’aria.

e il poeta essere dai mille occhi ed orecchi

osserva ascolta trascrive condensa

il fare e il pensare dei mondi.

ma tutto ciò a me importa?

o importa a te che ascolti indifferente

la mia piatta infantile lettura?

accetto il compito che l’Arte mi ha affidato?

scrivere per essere compreso dagli altri

è veramente ciò che voglio?

la parola quanto spazio e silenzio

invade di me stesso?

la forma rimane lo stimma

dell’uomo incarnato poeta?

dal basso dei miei anni

vorrei capire capire di più

forse conoscermi meglio

cercare di comprendermi

affinché altri possano comprendersi.

leggendo ancora una volta

questi liberi versi il loro senso e suono

scopro del mio delirio l’inutile grandezza:

il bello e il buono devono in Arte

attraverso una mirabile metamorfosi

trasformarsi in utile.

un verso inutile

non ha ragione d’essere immortale.

anche se scritte le mie parole

e tremo per questo

avranno un futuro

da donare al maestrale.

 

 

 

 

 

 

Parte IV°

 

 

 

 

Ed il nostro vento soffia impetuoso

alberi antenne e versi

dondolano come impazziti pendoli.

anche i miei animali preferiscono

restare dentro casa.

noi dovremmo uscire

sentire l’aria di gennaio gelida

frustarci viso e mani

eppure molti

il cui destino disegna in astratto

andranno alla chiesa

per ascoltare messa

convinti sia una prova d’amore

verso Dio ed il suo casuale ministro

e l’astratto divenga figurato.

il prete sarà grato ed orgoglioso

di sentire tanto calore in chiesa

ma non ringrazierà.

migliaia di peccati

verranno perdonati.

l’urgenza di essere puri

almeno per un paio d’ore

candeggia le coscienze

di deboli e vigliacchi.

il poeta si confessa nei suoi versi

e più si confessa meno è sincero

non vuole un perdono

piuttosto una tregua agli effetti

della sua naturale ambiguità.

siamo dannati condannati

a non avere pace

a non godere come vorremmo

di modeste umane gioie

a comprenderle

a farne canto quasi senza viverle

prostrati da una sofferenza

continua e strisciante

da un fastidio sottile

che bene espresse Baudelaire.

quando un ragazzo

mi offre i suoi versi

non li leggo li sento e respiro

sono aliti sonori di una spontanea tristezza.

la giovane melodia assume

una forza liberatrice

un tentativo di graziare

la pena esplosa dal cuore.

quanto mi sono cari

i versi semplici degli adolescenti!

sono verdi arbusti di salici

ignari d’essere piangenti

cercano la purezza del crescere.

il loro spleen si nutre ancora di speranza.

l’intimo dolore l’intima privazione

si canta più della gioia

alla penna si affidano testimonianze

che mutano come dal sereno in tempesta

e spesso mutando lasciano godere l’anima

di un’effimera quiete

ma dietro lei si nascondono orribili

rassegnazione

sete dell’invisibile

rimpianto.

 

 

 

Parte V°

 

 

 

 

 

Ora non parlare

perché è giusto domini il silenzio ai suoni

i tuoi occhi urlano

la rabbia per l’assenza d’amore.

forse il poeta

uomo o donna che sia

non riesce ad amare

(un’altra dannazione)

poiché comprende dell’atto l’origine divina.

quando dal sonno risvegli l’ispirazione

qualunque cosa tu scriva

è all’amore che stai pensando.

potrei adesso trovare il coraggio

per dirti: "Poesia è Amore!"

o se vuoi ne è la vera voce.

no. no. no! mia occasionale compagna

che serve ti sussurri con docile rabbia

ciò a cui per primo non credo?

se tanto valgono le sillabe

non chiamarmi poeta

non scaldarmi con i tuoi rossi capelli il petto.

diffida. sono un nemico astuto

che cerca la propria sconfitta nei baci

negli amplessi furibondi

consumati nel sottoscala o sopra la lavapiatti.

 

ma sono così stanco.

dormire indifeso sulla tua pelle

sperando nella tua vendetta...

voglio arrendermi

ad un sonno senza sogni.

prima permettimi d’immaginare

il nostro verbo vele di un vascello

in rotta verso una terra

che mai raggiungeremo.

Si vis me flere, flendum est.

Primum ipsi tibi…*

 

* "Se vuoi che io pianga devi piangere prima te stesso" dall' Arte Poetica di Orazio

 

 

*****

 

 

Ricordo la foresta cingalese

e l'avventura di trovare

un vecchio hotel coloniale inglese

abbandonato da ottant’anni nel sud dello Sri Lanka

che se sapevo cosa mi aspettava

restavo comodo nel mio paese.

la guida Sanchez

(molti lì hanno nomi spagnoli o portoghesi)

seguiva un sentiero inesistente:

aveva un radar nel naso o nella mente…

uncaldoumidoinimmaginabileinsopportabile:

sudare è naturale.

la vegetazione è

tropicalintrigantestraripante

oppone una forte resistenza.

per mezzo miglio

costeggiamo

un torrente d'acqua bruna.

a monte rivela Sanchez

i cercatori di pietre

dragano il letto del torrente

e questo è il risultato.

poi come per miracolo

appare

una statua in legno di San Sebastiano

Lì chissà da quanto.

lefreccecisonotutte

mi avvicino, la osservo incredulo, la tocco con la mano.

cosa ci sta a fare un San Sebastiano

nel mezzo della giungla?

chiedo a Sanchez una sommaria spiegazione:

Saranno stati i conquistatori

forse per segnare una via.

qui c'era una strada

molti anni fa

conduceva

ad un villaggio di cercatori di zaffiri e rubini

rincuorato da quella presenza si prosegue.

ancora un'ora di cammino accidentato.

Il sole e la pioggia penetrano deboli nella vegetazione

sento oscuri fruscii venire da ogni direzione

qui vi sono migliaia di animali

che volano camminano strisciano.

da lontano s'intravede tra gli alberi

finalmente

una massa chiara quasi ospitale

è lui

l'antico albergo coloniale.

la costruzione sarà lunga almeno settanta metri

ed alta non più di quindici

un corpo centrale e due strutture gemelle ai lati

tre piani.

non c'è più un vetro alle centinaia di finestre

non che siano rotti

proprio non ci sono.

la giungla ha invaso tutto anche la hall.

entriamo.

un grosso serpente di almeno quattro metri,

scivola leggero e veloce verso sinistra

dietro a quello che probabilmente

doveva essere il banco dell’accoglienza

bellaccoglienzabellaveramente

sarà il nuovo portiere dell'albergo?

mi si gela il sangue.

odio i serpenti.

tutti indistintamente

anche i vermi

ho il cuore che va a mille:

what snake is it …?

balbetto.

mannaggiamechenonsol’inglese

la guida sorride:

Python. No problems sir…sure no problems

mi guardo intorno.

doveva essere una costruzione affascinante

nella rovina ancora si avverte ancora lo sfarzo

la hall è estesa come un campo da basket

il soffitto molto alto

faccio un po' di pulizia con il piede

per scoprire il pavimento

marmo sembra marmo

bianco

dalle venature delicate

quasi acquerellate

qualche stucco e i rosoni di contorno ai lampadari

alle pareti brandelli di tappezzeria pesante

viola blu

ocra verde

hanno staccato tutte le luminarie

intorno alle colonne

dovevano esserci stati dei divani di velluto

rosso rosso

delle tende rimane qualche tirante sfilacciato.

il progetto prevede la ristrutturazione del fabbricato

e rifare un nuovo hotel per ricchi arabi .

comincio a scattare foto con il flash

l'esterno lo lascerò per ultimo.

il pitone sarà ad attendere che ce ne andiamo

che resti lì dov'è.

dovrei ora salire ai piani superiori.

maledico la volta che ho accettato quest'incarico.

mi sento

senza via d'uscita.

la grande scalinata è lì davanti a me

noto tracce di animali negli scalini impolverati

spero

orme di scimmie. di scimmie?

ma ci sono le scimmie?

intanto ci siamo io e  Sanchez e il pitone...

a metà circa della scalinata

questa si spiega in due come ali di gabbiano.

mi sorge pure il dubbio se tengano il peso di un uomo.

sarebbe una tragedia rompersi qualche osso

a quattro ore di cammino dal più vicino villaggio

e altre due in auto da Colombo.

l'istinto è quello di tornare nella capitale

mandare tutto all'aria

ma ho un contratto che mi impedisce la recessione

se non pagando

una cifra superiore

:

furbi veramente i miei attuali padroni!

devo fare il lavoro e devo farlo anche bene.

per risparmiare ho preteso una sola guida locale:

che coglione sono!

Sanchez aspetta disposizioni.

sto riflettendo in fretta. c'è ben poco da riflettere.

guardo l'orologio :

quasi mezzogiorno.

tra un'ora bisogna prendere la via del ritorno.

go up Sanchez!  came on!

Sanchez si tiene dal lato destro della scalinata e mi fa cenno di seguirlo

molto lentamente

sale uno dopo l'altro gli scalini e poi continua tenendo la destra.

io come un automa

guardoinbasso guardoindietro guardoinalto guardoasinistra guardoadestra

saliamo al primo piano.

la guida mi fa cenno di fermarmi .

ho di nuovo il cuore che va a mille.

Resto paralizzato.

Look sir , many bats! careful! Silence!

pipistrelli ! Oh cristo anche i pipistrelli ci sono e grandi pure.

sono bestie inoffensive

si cibano di frutta ma se ti vengono addosso

non è bene.

anzi è male.

sono addormentati

ma basta un non nulla

che si sveglieranno tutti.

se uso il flash si innescherebbe un caos.

devo scattare la foto del corridoio con una esposizione lunga

e mettere

la macchina fotografica sul cavalletto

che ho dentro lo zaino.

qui l'unico vero rischio

non sono i serpenti o i pipistrelli .

a parte qualche rara tigre

sono i Tamil.

se hai la sfortuna d'incontrarli

al minimo ti lasciano nudo

al massimo ci lasci la pelle.

un fratello di Sanchez

è stato assassinato

con una raffica di mitra al mercato

ma nel nord del paese non da queste parti

comunque non c'è limite alla iella.

con la delicatezza di un orologiaio

o di un chirurgo

apro lo zaino prendo il cavalletto

lo monto giusto in mezzo al corridoio

dimentico che dovrò andare anche in qualche stanza

quindi dovrò valicare il corridoio

sotto i pipistrelli.

l'obiettivoaduevirgolaotto  tempounsessantesimo

va bene va bene va bene

ho scattato una decina di foto al corridoio.

ora devo entrare almeno

in una stanza

meglio quelle più vicine

meno strada da percorrere sotto i pipistrelli

e porte delle prime stanze

sono chiuse o socchiuse

cazzo  cazzo cazzo e ancora cazzo

ma in che razza di casino mi sono cacciato?

non possiamo forzare le porte

se no si svegliano i pipistrelli.

non resta che andare avanti

sperare

di trovarne qualcuna aperta.

Sanchez è tranquillo:

cinquanta dollari per tre giorni di lavoro

come guida e accompagnatore

di un occidentale

tranquillizzano

uno come Sanchez.

lui e la sua famiglia

camperanno per sei mesi.

con cinquanta dollari anticipati.

ai piedi porta delle ciabattine da mare

calzoncini corti quadrettati

giallo canarino

maglietta polo  quadrettata

azzurra e gialla

Io ho delle pedule da montagna

alte venti centimetri

calzettoni sino al polpaccio

pantaloni lunghi e spessi

guanti e cappello a falda larga.

sudo come in un bagno turco

o in un  bordello-fumeria  di Hong Kong

Sanchez fresco di bucato e stirato.

sembra in vacanza:

gli manca solo

l'ombrellonelasdraiolaborsatermica.

io un esploratore mancato e vigliacco

senzafuciledacacciasenzaspiritod'avventura.

avanziamo nel corridoio

mentre si sente qualche verso

Monkeys!

sussurra Shanchez

l'avevo capito che erano scimmie!

bugiardo che sono...

ecco vediamo

grazie a Dio

una porta non aperta

spalancata!

Su forza On y va!

la stanza è spaziosa

non c'è nessun mobile tanto meno il letto

al suolo foglie escrementi pezzi di giornale

i resti di un piccolo fa

una lattina vuota di coca cola

(rinuncio a scoprire il pavimento)

i muri sono scrostati

si intravede un colore

rosa pastello.

appeso qualche pipistrello

foglie che entrano dalla finestra

luce zero o quasi.

comincio ad avere molta fretta

click click click click click click more click

fatto

si può uscire adesso.

fuori fuori fuori!

I pipistrelli dormono beati

riscendiamo le scale

molto lentamente.

raggiungiamo l'esterno

ora il pitone può scorrazzare di nuovo per la hall.

e fare il portiere

scatto foto all'esterno:

l'ingressolealigemellelefinestreiltetto.

devo andare dietro adesso

spiego alla mia guida necessaria

le intenzioni

Sanchez dissente :

no good sir....it shadow dark!..but if you want…

insidie nascoste  forse mortali.

Sanchez sa il fatto suo

sarà anche affamato ma non scemo:

e' molto esaustivo e convincente

malgrado il suo pessimo inglese-cingalese.

accetto il consiglio

forse perché non desidero altro .

prendiamo la via del ritorno

non vedo l'ora di fare una doccia

di sana acqua piovana

nella stanza 436 del Gradari Meridien di Colombo.

uncaldoumidossessivodamettersiadurlare

potrei togliermi almeno i guanti

meglio di no

non si sa mai

che qualche megainsetto

adocchia la mano straniera

per assaggiarmi.

per fare uno spuntino inatteso

cammina dai cammina!

ho le orecchie come due antenne:

sento più distinti oscuri fruscii.

faccio segno di aumentare il passo

Sanchez capisce che ho paura

molta paura.

sono lontano da tutto qui

nella foresta del sud dello Sri Lanka

ottomilachilometridacasanonsonobazzeccole.

no problems sir… all finish

relax sir! Relax!

con le sue ciabattine da bagnante

calpesta la vegetazione

quasi fosse un panzer.

cosa non fanno i cingalesi

per una cinquantina di dollari anticipati.

riecco il torrente d'acqua bruna

tra mezzo miglio

rincontrerò il caro adorato San Sebastiano

conancoratuttelesuefrecce

allora grazie a Dio è quasi finita.

quasi?

ma sì esagero:

è davvero finita.

per un mesetto e mezzo a casa si mangerà carne

e scarpe nuove per tutti.

                                                  marzo 1988

 

 

( 28 luglio 1996)

 

 

E’ un giorno dal colore asprigno

questo. dal suono grigio alluminio

dal gusto sordo.

la pioggia riciclata da un lontano

temporale non mi chiede il permesso

d’essere ospite al mio compleanno:

poco male. non ho preparato la torta.

 

 

 

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