La Poesia italiana del Novecento - The italian Poetry of the 20th century

Franco Manzoni


Franco Manzoni è nato a Milano nel 1957. Si è laureato in Lettere Classiche all’Università degli Studi di Milano. Come paroliere, su musiche di O. Prudente ha scritto testi per Christian, Loretta Goggi, Formula Tre, Viola Valentino; su musiche di G. Liguori ha composto le parole di alcune canzoni per le fiabe I tre porcellini e Cappuccetto Rosso; ha firmato il libretto dell'opera lirica Viva Verdi su musiche di A. Bassi. Già autore di programmi RAI, consulente della Triennale di Milano, dell’Atm e della Società Umanitaria, dal 1984 fondatore e direttore responsabile della rivista di poesia e cultura Schema, è una firma da trent’anni del Corriere della Sera in cronaca e in cultura. Ha diretto la rivista Nuova Prosa, ha redatto l'houseorgan Triennale Notizie, collaborando per anni come critico letterario ai quotidiani La Provincia di Como, il Corriere Adriatico, Il Giorno e ai periodici Club 3, Memorie e Ricordi, Prospettive nel mondo, Libera proposta, Uomini e libri, Chi è di scena, Poesia, e al mensile Leadership medica in qualità di storico e critico teatrale. Ha curato numerose antologie della poesia italiana contemporanea, la prefazione a Frammenti inediti di Diodoro di Sinope (Edizioni Le Cinque Vie, 1984, con disegni di G. Maura) e il volume Dei sepolcri di Ugo Foscolo (Le cinque Vie, 1985, con un'acquaforte di M. Carnà), ha tradotto e commentato De bello gallico di Giulio Cesare (Mursia, 1989), Lirici greci (Schema Poesia, 1989) e la commedia Nuvole di Aristofane (Aragno, 2007), andata in scena allo Spazio Teatro No’hma di Milano. È autore di pièce teatrali, tra cui Voci dal Montestella (prima parte) e Voci dal Montestella (parte seconda), delle quali ha curato la regia al Teatro della Memoria. Ha pubblicato il volume Voci dal Coro (prefazione di A. Torno, Viennepierre edizioni, 2004), una raccolta degli articoli usciti nella rubrica Addii sul Corriere della Sera nelle pagine di cronaca milanese. In ambito narrativo ha scritto a quattro mani con Marilisa Dulbecco il volume A Piero Chiara - omaggio in forma di racconti (prefazione di R. Montanari, Tararà, 2009). Ha pubblicato le seguenti raccolte poetiche: imperatore! (Edizioni Le Cinque Vie, 1987, con disegni di G. Maura), Esausto amore (postfazione di R. Mussapi, Crocetti, 1987), Totò (presentazione di A. Sala, Fonèma Edizioni, 1989 ), Stanze d’argilla (testo critico dì G. Finzi, Prova d'autore, 1989), Padania (prefazione di R. Sanesi, Centro d'arte Edizioni, 1990, con disegni di A. Cattaneo), Verso la seta (nota critica di M. Collura, Fonèma, 1991, con disegni di F. Alto), Faccina (prefazione di V. Guarracino, Book Editore, 1991), Lettere dal fronte (Schema, 1993), Figlio del padre (postfazione di G. Oldani, Book Editore, 1999), Angelo di sangue (Edizioni Pulcinoelefante, 1999, con un disegno di A. Casiraghy), la Marisa (Gli Specchi edizioni, 1999, con un'incisione di G. Dradi), l’antologia En sombre de grito, prefazione e traduzione in spagnolo di E. Coco (Devenir Editore, 2001) e Casa di passaggio (Signum edizioni d’arte, 2001, con disegni di G. Marchese). Nel 2010 è uscita l'opera omnia in fervida assenza - trent'anni di poesia (Raccolto edizioni) con incisione, disegni e copertina di D. Oppi. Ha composto nel 2012 le liriche Nel segno l'Eros (con sessanta incisioni di G. Brusamolino, Upiglio Edizioni).

 

Sito web ufficiale    www.francomanzoni.it


 

                                          da   imperatore! (1987)

 

 

                                      voleva dirti…

 

voleva dirti addio

per questo

anno

o meglio mettiti

in vestaglia

riconoscimi

diversa al tocco della filigrana

si è versata

tutto è veglia

dietro la grata

è casta così

solo così

dove tiene il cielo orientato

pare una donna di dio

nella febbre del dio

 

 

                    dove s’annida…

 

dove s’annida tutta nera

tremava nel ghiaccio del viso

supplica gelosa

fango declinato

nessuno ha interrotto il tuo pianto

ti sei introdotta

stupita

nello squarcio spietata

non potrai morire per la bocca

che gorgheggia

estremo dono perduto

pare un velluto nuovo

 

 

 

                       da  Esausto amore (1987)

                 

                                      felici liquidamente

 

felici liquidamente

gocce sottili

fra vapori

stavamo a misurare

dove ogni cosa ci assalirà

dietro negli occhi

so che volevi

in un soffio di terra

togliermi la veste

s’udiva profumo di mani

nel bianco del mantello

saremo superstiti

notturni forse inattesi

semientrando

sfiorami l’esterno del fianco

la cara ira della pelle

già era vicina pretesa

abdicazione minima

leccami le caviglie

ogni stagione in un colore

nessuno sorride dell’acqua

che si fa ramo

e uncina la prima strada

verso il bosco

 

                                        perditi il sogno…

 

perditi il sogno

resina animale

profumo che porto

nella notte di angustia

comprendi

è la carezza vagabonda che

tira la testa

celeste e con un soffio

la carezza gentile è lei

è lei mi beve

 

 

                  ti sei fatta vento…

 

ti sei fatta vento

di lontananza marina

silenzio

quando soffi

scendo a chiudermi

nel cuore della terra

per non tremare di ricordi

 

 

                   asciugami…

 

asciugami

la voglia la frangia

il punto oscuro della noia

senti sabato scoppia

mistericamente fiorirà un nome

la canzone l’immagine

tua

dalla ferita ferita

sta mutando il giorno gelsomino

in festa al fine in festa

 

               da Totò (1989)

 

        Dove inizia un altro tempo

 

ci penseremo

insieme credendo

un’immagine di noi sibilanti

torni

così stretti nel lamento

 

mi penserai

quando l’ora tempera il cervello

e quattro luci nella stanza…

 

acerba fuggitiva

prese le scale

dove inizia un altro tempo

 

 

               papà…

 

papà…

se sapessi…

il tuo orologio mi funziona…

come dirtelo piano

all’orecchio

da vecchie foto aeree

sorreggendoti le palpebre…

trascinarti a me

nella pianura dell’oro

e lentamente

togliere le ossa

all’ora

rimanendo figlio

dentro

e al polso la tua voce

 

                                      Polpa

 

bosco che s’inclina

una strada d’acqua

sottovento

chiedimi tenacia

tra le foglie della trafittura

e fiorisci tutta vicinanza

orlo di nuvola

oltre le mura

della città antica

versami la polpa di ciliegia

rossa rossa

il nettare sul petto

così sangue pare

tra le dita premute

il groppo lucido dei frutti

mentre sorridi

e accenni nel morso

un’infinita accoglienza di dolore

 

                    da Stanze d’argilla (1989)

 

             

                                     di abitarti…

 

di abitarti girarti svegliare

l’età dei ventinove anni farti

il segnale quello all’angolo dell’occhio

nella vasca dell’appartamento sulle spalle

gonfiarmi dal sottopasso alla luce

strapparmi le ultime contese il ritegno

bianco treno setacciare i seni agitati

grandi di levigarti le labbra

ne ho fatto una sacra abitudine

meglio restare amici saperci

uguali appartenerci un po’ per pochissimo

 

                  come è

 

come è

tenerti così

sillaba

fra i denti

serva di dio

nei seni della notte intiera

credimi solo

gemi per sempre

veloce

pagina

indica il passaggio

avvicinati goccia             

 

 

                                da Padania (1990)

 

                 nel fango…

 

nel fango

biancheggiano l’urlo delle rane

e il dolore marmoreo dei cipressi

per un sentiero

a siepi conventuali

e piano va

verso colline

tacito e turchino

l’uomo del campo

con la sua ombra bara

 

                    alla luna

 

nel tumulto del cespuglio

c’è la smorfia di una rosa

sulle ultime foglie gennaie

che l’olmo campestre staccò

dalla capanna illuminata

esce un’orma di farina

mentre un cane azzurro canta

alla luna del Po           

 

                                non so più se in croce…

 

non so più se in croce

lassù è il legno la pietra

o il colore

se il tuo sangue è di plastica

o catrame

anche se soffri

e soffri ancora

cristo morente

nei campi nella sera

 

 

  da Verso la seta (1991)

 

                    okay

 

non c’è poi una differenza

tra il palcoscenico di luce

e il deposito delle marionette

 

certo

i vestitini sono di repertorio

la meraviglia di una morte aperta

come il libro della sapienza

non può mancare

 

ma… giù il sipario

sai… si sta bene qui

in questa

ovatta qui

si sta proprio okay

 

 

          da  Faccina  (1991)

 

                 cosa ci resta…

 

cosa ci resta

senza terra dove andare

se non salire

senza cielo dove sparire

se non dormire sulla collina

in questo autunno mugghiante

di sonno sugli scogli

se non aprire un varco

per un perduto paradiso

esilio per il nostro coraggio

prezzo del viso in attesa

mostra la lingua del viaggio

appesa a una domenica

cosa ci resta

senza tempo da giocare

se non partire

senza strade da tracciare

se non sparire

senza figli da generare

se non dormire sulla collina

con la bocca sulla bocca

di una morta bambina

 

 

               potessi venire a prenderti…

 

potessi venire a prenderti

anche senza braccia come un avanzo

brandelli di carne

sibilando un cambio di destino

oh se venissi a prendermi un sabato sera

starti lì a parlare spiegarti la morte

o meglio farti capire cos’è

quella luce in camera mia

trasformandoci identici

unico sangue piange un amico

il frutto della polvere antico petalo

amore rapidamente in trionfo

tonfo del ghiaccio si sente

portandomi una bianca bara la mente

oh venissi a prendermi stasera

troveresti il pacco pronto

una valigia di fortuna

con la vergogna di una paura grigia

 

                  confusi cantando…

 

confusi cantando

strada del buio

fumando castigo

vinti da nuvole

stretti in catene

martirio di mare

soltanto chiedere

quanto fa bene

saperti tornare

ombra dolcissima

faccina santa

in questa minima

casa sul cuore

 

 

      da Lettere dal fronte (1993)

 

      delle sere d’estate in Lombardia

 

ho una nostalgia infinita quasi dolorosa

delle sere d’estate in Lombardia

i nostri laghi la mia Milano

sole che tramonta sul Parco

via della Moscova tutta dorata fino

in fondo ai Giardini dall’asfalto

il fiato caldo del catrame si alza

qui invece seduto su un tronco

solo in mezzo ad una boscaglia

a guardare l’immensa pianura gialla

aspettando l’attacco del nemico

anche la cartolina di Giorgio da Canzo

ripete un tramonto sul lago del Segrino

quanti punti ricordi

la littorina il campo sportivo

forse non vi vedrò più

sospiro a una formica

mi sale piano sul braccio

non sa mica che potrei ucciderla

 

             

                   una carezza sul petto

 

isolato da tutti

oggi salvo da un’esplosione al tritolo

ho dentro schegge nella carne della spalla

braccio sinistro immobile

una mi buca il taccuino

che porto davanti al cuore

si blocca senti senti in un foglio da 10

esistono gli dei?

una carezza sul petto

con ghiaia fra i denti miei

 

 

                      all’arma bianca

 

carburante annacquato

poche gallette

tra le dune trincee

sdraiati respirando

roselline del primo marzo

bare di sabbia

circondati dal nemico

domani andremo

all’arma bianca

speranze zero

siamo allo stremo

che io non venga catturato!

Ti prego

prigioniero no!

semmai sbranato

forse saranno questi due lucertoloni sciocchi

che ci dormono accanto come mostri d’amianto

a mangiarmi subito coglioni e occhi

 

 

           da Figlio del padre (1999)

 

                   ogni giorno

 

il mio ruolo

essere solo

ogni giorno muoio

è vero solo in parte

 

 

                       eco d’esistenza

 

bambolina sola tiepida

eco d’esistenza

gustata pena appena

trepidante mente sospesa

roba che non si rinnova

inizio di una fine la mia

che non sa di terminare

eterno mare via confine    

                    

 

                                  figlio del padre

 

   non vengo per caso da un qualcuno

son figlio del padre di mio padre

figlio del padre servo di nessuno

un grande padre capace di chiedere perdono

sfidare i giorni gridando d’amore

capendo i propri limiti che sono con l’occhio

nello specchio agitato del cuore

figlio del padre servo di nessuno

certo che tutto sia stato scritto già

dannazione dubbi rugose mani di un bambino

aspetta nel silenzio destino del suo sguardo

ciò che sa

 

 

 

                          da Casa di passaggio (2001)

 

 

                     bordell

 

in ‘sta nazion

de cojon

volen stronz

istess che pivion

na marmellada

moltiplicada

la manden giò

fina a ingolfass de melgasc

a ingossass de spegasc

sentissela corr giò per i spall

la spuzza de brugna

spuasc de rogna

de quaj slandronna

 

 

bordell        = rovina

pivion         = piccioni

melgasc      = chicchi di granoturco

spegasc      = aborti o scarabocchi

brugna        = cimitero

spuasc        = sputacchio

slandronna = bagasciona

 

 

                            trottola

 

senza pietà

vuota

a fatica

pirla la ruota

della mia vita

che se ne va