Biagia
MARNITI

Biagia Marniti, è nata a Ruvo di Puglia nel 1921 ed è vissuta tra Bari, Sassari e Roma, dove è scomparsa nel 2006. Allieva di Giuseppe Ungaretti, dal quale fu soprannominata la nera per via della sua natura fiera, lavorò come giornalista collaborando a riviste e a varie rubriche della RAI. Nel 1951 pubblicò la sua prima raccolta, Nero amore, rosso amore, poi seguirono nel 1956 Città, creatura viva, nel 1957 Più forte è la vita, con la prefazione di Ungaretti, nel 1967 Giorni nel mondo, nel 1979 Il cerchio e la parola, nel 1985 Sono terra che uomo ha scavato, nel 1990 Il gomitolo di cera, nel 1994 Racconto d’amore, nel 2000 L’azzurra distanza, e nel 2003 Implacabili indovinelli 1941-2003.

https://it.wikipedia.org/wiki/Biagia_Marniti

POESIE

Inquieta giovinezza
Mia inquieta giovinezza,
che l’ultima armonia ti sia lieta;
anche se le ore fin qui trascorse
hanno scandito un tempo
che non ritrova quello della terra.

Grappolo di uva splendente
Mio paese,
grappolo di uva che splendi sul mare
quale futuro il millennio ci prepara?
Grappolo teso che intorno smuovi
profumi umori soccorsi grida,
ascolta la voce di chi ama la vita.
Sull’orizzonte corrono nubi
e invano invochiamo giorni
a nostra misura.
Mio paese,
grappolo di uva splendente
con la tua incoscienza
pensi forse di navigare,
senza scaronzare,
fra l’insano potere del mondo?

Breve dialogo con il corpo
Porti questo corpo come un peso
ma prima era il corpo
ad essere la tua vita.
Slanciato il corpo camminava
e lo seguivi, docile e indomita;
correvi, per le strade le macchine
non avevano per te problemi
il corpo dominava
e sorridevi.
Il corpo, ora, più non ti risponde
e conta gli anni anche se non si notano.
Adesso sei tu a portare il corpo
ed affrontare la quotidianità.

La chiocciolina di gaia
“Ho una chiocciolina” dice la bimba.
“È gentile, mi aiuta ad ascoltare
le voci e i suoni che pian piano
intorno a me riesco a scoprire,
così sorrido alla mamma
e capisco gli altri bambini”.

Il silenzio dell’ulivo
La tua voce era il silenzio dell’ulivo
che cresce nella terra avara ma feconda.
Paziente eri come l’ulivo.
Seguivi il secolo
con alacrità di anni giovanili,
a te quasi centenario nulla sfuggiva:
l’ironia scivolava senza malizia
e il sorriso
accompagnava i miei giorni.
Ora le astate foglie
gemono al vento
e nel lungo mormorio
ascolto, padre, il tuo silenzio.
ascolto, padre, il tuo silenzio.

Sono terra
Sono terra che uomo ha scavato.
Ora porto radici di albero e fiori.
Sua sarà l’uva e la spiga
perché il seme più alto germogli.

Sola cammino
Sola cammino alla fine del mio giorno.
I baci ov’era terra spiga mare
forse in me cresceranno
in tanta terra spiga mare.
Amore, pazza attesa, fissa luna tu sei,
ma inutile è sperare
se il cuore non risponde
e l’eco di un bacio non ha suono.

Al tuo fianco
Giacere al tuo fianco, amore
che affondi le radici
nel mio corpo chiuso
e ansioso ridi alle mie grida.

Giorni del mondo
Giorni del mondo,
anche quando silenziosi e quieti
lasciate che ciascuno costruisca
il suo orizzonte dopo l’uragano,
una speranza sempre recidete,
quella di ieri e, forse, di domani.

Per quanto sta in te
E se non puoi avere la vita che desideri
cerca almeno per quanto sta in te
di non sciuparla nel troppo commercio
con la gente, nell’eccesso di parole
e in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
dietro all’assurdo gioco
quotidiano degli incontri e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.
(Traduzione da Kavafis)

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