“E CON ME LORO, I POETI”
Autointervista su “E con me loro, i poeti” (La Vita Felice), il nuovo libro di Vittorio Cozzoli, un serrato dialogo nel tempo con i poeti amati del passato e del presente, a partire da Dante, di cui l’autore è noto esegeta anagogico e dal quale gli è venuto “non solo un confronto, ma anche un conforto, uno stimolo per essere presente nella Storia, e non solo nella Letteratura.” Una raccolta all’insegna di una lingua cristallina, netta e pura, in virtù di una parola semplice e decisiva perché, come recitano alcuni versi esemplari dell’autore, “quello che più importa / attraversa le parole, come la luce / i vetri delle finestre. Dentro vuole / entrare e da dentro di nuovo / uscire.”
D: Nessuna domanda può essere più diretta ed ineludibile di questa: quando, come, perché hai scritto questo libro?
R: Altrettanto diretta, sincera ed altrettanto ineludibile la risposta. Questo “E con me loro, i poeti” è nato come ‘libro’, e non come una raccolta di poesie. E’ nato quando, compiutosi nel senso che lo guidava, ho visto la sua forma e sentito la sua necessità, patendo l’urgenza di offrirlo come contemporaneo. Ed è qui che si sono fatti evidenti i debiti di gratitudine verso quei “poeti ‘ che “con me” avevano partecipato alla formazione del libro. Che non ha, in quanto contemporaneo urgenze di tipo ideologico-culturale o socio-politico, o psicologici e morali, ma anche e soprattutto – e qui sta l’atto di coraggio – spirituali. Cosa, questa, che il Dante ‘secondo Dante’ mi ha aiutato a riconoscere e maturare.
D: Ti riferisci a quel Dante che agli uomini di ogni tempo appare contemporaneo, e non per motivi storico-filologici?
R: Sì, veramente lo è, e particolarmente per me. Vivo in tempi in cui sempre meglio riconosco di trovarmi partecipe di un’umanità prima sedotta e poi abbandonata alla sua miseria. Ha perduto non solo verginità, ma, progressivamente – come dirlo per l’uomo? – tutto sé. Prima si è lasciato portar via lo spirito, poi l’anima, ed ora anche la sacralità del corpo e della natura tutta in cui vive. E, purtroppo, senza resistere in nome della libertà e della dignità che è il suo bene.
D: E questo discorso vale anche per i poeti?
R: Credo che sia così, certo non ugualmente per tutti; ma questo può valere anche per molti dei loro critici ed interpreti, spesso inseriti in un circuito commerciale, che vende merce di dubbia qualità. Ci sono però altre ragioni di più forte considerazione circa le nostre responsabilità. A me pare che in questo tempo e in questo stato si trovino molti poeti; e fosse che qualcuno di essi si ritrovasse in una selva oscura, e così ri-trovasse sé. Molti poeti, anch’essi sedotti (ognuno secondo ciò che più li seduce) paiono com abbandonati da quelle grandi Guide che, come fari nelle notti della storia, mandano intorno, in giro, le loro luci, piccole o grandi, ma pur sempre segni illuminanti, consolanti, stelle. Spesso valorizzano, minimalisticamente, le quotidiane più basse realtà, e non alzano, o rialzano, il capo al cielo. Anch’io – e qui vengo al titolo – ho avuto la mia stella guida (ricordo Dante al quale Brunetto profetizza: “Se segui tua stella, / non puoi fallire a glorioso porto” (Inf.XV,55-56). E’ così che mi sono accorto di quanti altri poeti mi sono stati di aiuto, di conforto, di sostegno lungo gli anni del lavoro creativo. Appartengono a tempi e culture diverse da questa dominante – non so se sia ancora tale, cioè al servizio dell’uomo – in cui vivo. Miei contemporanei sono tutti quei poeti che, vivendo ciascuno nel proprio tempo, parlano all’uomo di ogni tempo. Cioè, da perennemente contemporanei. E, soprattutto, insegnano il come dirlo: con arte, con altissima perfezione, quella che unisce il bello al buono e utile. Il solo bello sarebbe insufficiente senza il buono, diverrebbe estetismo, che presto muore estenuato. E, per di più, oggi molto viene ‘bruttificato’. Non così Dante, non così ‘loro, i ‘miei poeti’. E’ difficile perciò ora dire a parole la mia gratitudine verso il dono dei loro versi che hanno voluto entrare in queste poesie.
D: E sul titolo cosa puoi dirci?
R: Il titolo – “E con me loro, i poeti” – chiede, per essere inteso nel suo significato un preliminare chiarimento; da esso consegue il senso della lettura. Dunque: non ‘i miei poeti’, così come ognuno di noi ha quelli che preferisce ad altri e li rilegge riconoscendone l’autorità, il magistero (a volte vengono anche letti solo per fama conseguita); non questi e così, ma quelli che “Con me” hanno scelto di stare dalla parte di un’umanità da difendere nella sua dignità, senza cedere alla tentazione di perdere la libertà, anche quella interiore, e il credo in valori non mercanteggiabili. In primis quello della poesia, che certamente può ben poco per impedire ingiustizie e violenza, ma può dire il proprio credo. E pagarne il conto, anche con l’esilio, in patria o fuori. Questo loro venire a me, e stare “Con me” per essere poeta coerente col dono e con lo scopo di aiutare l’umanità, è esperienza non solo coinvolgente, ma commovente.
D: Puoi fare un esempio, citando uno di ‘loro’ presente nel libro?
R: Non mi è difficile rispondere, ma prima voglio dire che il citarli è quanto di più lontano da ogni forma di citazionismo, o, peggio, dall’esibizione di colte citazioni. Essi, i poeti che stanno “Con me”, non solo non sono da me usati per uso e abuso retorico, ma in quanto hanno cooperato al compimento di un testo. E’ in gioco la contemporaneità vera dell’uomo e della sua umanità. Ma è bene passare all’esempio e non dilungarmi in spiegazioni, sapendo che ognuno ‘legge’ secondo il proprio bisogno, la propria maturazione in corso, il proprio grado di sensibilità e intelligenza. Tutti sono ugualmente “Con me”. Nessuno è privilegiato. Tutti sono ugualmente importanti ‘per me’, per i miei bisogni in quanto poeta. In ‘quel momento’ creativo, ecco improvviso il loro farsi presenti. Può essere Mandel’stam o Pasternak in un modo o anche, in un altro, Margherita Porete, la mistica arsa sul rogo negli anni di Dante, che mi aiuta a confessare, con giusta umiltà, certe mie passate presunzioni, quasi voler portare sulla punta di un giunco il mondo. Quanta gratitudine per ognuno di essi! E quanto, di nuovo, essi vorrebbero “Con me” aiutare questa umanità, sedotta e abbandonata, che si è lasciata portar via senza resistere, prima lo spirito, poi l’anima e ora la sacralità del corpo e di tutta la natura.
D: Puoi fare un altro esempio del come cooperano?
R: Ecco Milosz che “Con me”, e anche per me, scrive “Non ero fatto se non per vivere nel Paradiso”. Ecco Pound, del quale si ricorda il sognare una rivoluzione fallimentare e fallita, ma che sul finire della sua vita, arriva a ‘capire’ la storia: “Lux enim / contro questa tempesta / pregate”. Ecco Ai Weiwei: “Anche quando il mondo intero era oscuro / c’era qualcosa di caldo nel suo cuore”; parole, queste sue, che mi hanno aiutato a concludere la mia poesia affermando “che lottava e resisteva e delle libertà / aveva scelto la più importante”. Che non è quella tanto difesa dai liberisti di questo povero e declinante Occidente. Ogni verso dei poeti “Con me”, come si è capito, sono portatori di ben più di un bel verso degno di essere citato. Grazie. Sigillo queste brevi note con l’augurio che “loro” siano non solo “Con me”, ma anche ‘con i lettori’.