SULLA GUERRA 4
Alberto Bertoni, Corrado Calabrò, Giuseppe Cordoni, Fabio Dainotti, Massimo Dalle Luche, Ottaviano De Biase, Alessandro Fo, Giuliano Gemo, Aldo Gerbino, Giampaolo Giampaoli, Valerio Innocenti, Giuseppe Iuliano, Gabriella Maggio, Laura Pierdicchi, Umberto Piersanti, Fabio Scotto, Umberto Segato, Sandro Varagnolo, Umberto Vicaretti, Gian Mario Villalta, Stefano Vitale
Antoni Farrè, Bombardamento di Barcellona
Alberto Bertoni
ALLA GUERRA COME ALLA GUERRA
Il gesto di proteggerti dal freddo
si limita a un giochetto
sull’orlo di manica che scatta
verso il bersaglio
E dopo serve a cosa
la virtù delle concause
se l’impatto è violento
sembra qualcuno
riverso per errore sul terreno
Non applaude nessuno
e tutti facciamo tesoro
del silenzio che avvolge l’avamposto
Mentre nell’ansia si stacca voce d’uomo
— Io muoio!
Corrado Calabrò
RONDINI BASSE
Rondini basse
sull’asfalto albino di via Aschenez.
Palazzi dagli occhi sbudellati;
giocano al morto i bambini per terra.
Ramallah, Gaza, sassi per sfida
contro i fucili, come un nuovo gioco:
non oltraggia i ragazzi di paura
ma solo i vecchi —
benché gli fiati addosso,
la morte, di giorno.
Sirene d’allarme avanti l’alba:
ali rigide e alte, alluminate
dai pennelli-spray dei riflettori,
gambe di bambini irrigidite;
riverbera l’asfalto di via Aschenez.
Giuseppe Cordoni
COME NELLA CAVERNA DI PLATONE
Agli allarmi correte
alle Turbine. Dal poggio
vi calate nell’asciutto bottaccio
dell’idrovora. È in cemento;
vi serve da rifugio. Durante le retate
dei tedeschi vi si eclissano
i giovani sbandati. Laggiù afosa
a fatica la notte si trascina. Sfinito
dormiveglia in un frinire
di grilli che s’avvertono
vicini.
L’acetilene ombre
sagoma sghembe
sullo sfondo. Tu ti culli
sul grembo di qualcuno.
Galleggi su parole bisbigliate.
In ascolto del figlio del fattore.
In cuffia insegue da un aggeggio
a galena Radio Londra. Insegue
un segno sulla vostra sorte. Lì sul filo
del sonno è tuo l’assurdo: lo respiri,
lo vivi e non lo sai. Come può
darsi che gli americani
vengano a liberarvi
e vi bombardino?
Fabio Dainotti
IN RIVA DI SCAMANDRO
per Rosetta
Tebe dalle cento porte
automatiche, (entriamo metrò, banca)
escono cento cavalieri armati.
Le donne dalle belle guance
arrossivano in te se scioglievi
la cintura di viole.
A sera don Lucio suonava
nell’azzurra chiesina di Van Gogh.
“Sui cibi a loro davanti allungavan le mani”.
Figure nere terracotta rossa.
Massimo Dalle Luche
7 OTTOBRE E OLTRE
Ritorna Erode Erode ritorna
e non c’è parola che salvi
non c’è parola nuda
i piccoli colombi di ogni razza
in offerta al Dio infinito all’infimo Dio
solo macerie e silenzio
per l’infame schiatta bipede
desolazione e cenere
nell’ora del mutamento che s’inalba
Ottaviano De Biase
LA TALPA E LA CIVETTA
La senti arrivare, nell’ombra, laggiù,
in una terra già stanca di subire, laddove
man mano che una vita si spegne dentro di te
senti che un altro pezzo di cielo s’ammutisce.
Solo lamenti lungo quelle vie e palazzi smembrati
solo dolore, solo morte: sogni andati in frantumi
senza aver dato agli uomini di pace alcuna spiegazione.
E pensare che quella è gente come noi, che quelli sono
figli anche nostri, l’unica differenza è che si stanno
a sfidare in un gioco terribile: la loro vita in cambio
di un’altra priva di amore, senza pace, senza Dio.
Tutto questo io lo chiamo morire, parola arida
che da bocca a bocca ascolta poi passa e va oltre.
A questo ci hanno ridotti, a giocolieri di parole
che barattano la vita degli altri, incapaci come siamo
di guardare oltre quel filo spinato, di parlare di pace,
di ascoltare il grido delle spose dei tanti figli soldato
a cui sono stati negati il diritto di vivere e una bandiera.
Alessandro Fo
FILO SPINATO
Nonno Felice, quando sono nato,
veleggiava verso i sessant’anni,
così nel mio ricordo è sempre «anziano».
Poi sfoglio un album, lo ritrovo giovane
in certe foto come capostazione
coi tre figli bambini.
Più indietro, c’è una foto del ’28,
l’anno in cui nacque anche Fulvio, mio padre,
dopo dieci anni dalla Grande guerra,
che il nonno raccontava
a noi nipoti in vacanza a Luino.
Eventi troppo grandi
al cuore di un bambino,
confusi con i film, le fantasie
dei nostri finti giochi di soldato…
Tanto che poi abbiamo tutto scordato.
Tranne una storia, che è lì nella mia mente
(senza riscontri; me lo sarò sognato?)
Dopo un assalto, rientrava di fretta,
ma al momento del salto, sotto i colpi
restò impigliato in un reticolato.
Bestemmiando contro i numi avversi
disimpegnava in affanno la ghetta,
quando una bomba gli sorvolò la testa,
finì in trincea al suo posto, e uccise tutti.
Senza quel filo, a cui noi siamo appesi,
niente Bianca, né Dario, né Fulvio,
né noi nipoti, né il premio Nobèl
(né questa nebbia di ricordi in versi).
Giuliano Gemo
DOPO
Quando tutto questo finirà,
torneremo a casa.
Potremo star di nuovo attorno al focolare
a scaldarci, al sicuro,
prima d’andare a dormire.
Quando tutto questo finirà,
una sera ce ne andremo in città
a incontrare gli amici,
sotto le luci della piazza,
come si faceva una volta.
Quando tutto questo finirà,
ci sarà una casa in cui tornare?
Quanti saranno i vecchi amici
da ritrovare, sotto le luci
spente della piazza?
Aldo Gerbino
MISURA DEI CORPI
Una cella di duro ferro arrugginito / il mio cuore
(Fatena Al-Ghurra, da “Nebbia”)
Sì, malgré tout, è l’Angelo a sostenere il peso molesto
della pienezza del mondo, quel quanto della misura
dei corpi: il delitto, il genocidio, i volti sottratti alla
misericordia ben stipati nell’agro catino dell’oblio.
Siamo macchiati col giallo, col rubino del sangue: arti
troncati, stupri su innocenze, mediterranee schiume
aggrumate tra i capelli del bimbo steso su livide sabbie
libiche, straziati baratri da Gaza a Rus’ racchiusi in cieli
feroci percorsi da brutali moti remiganti. Carni ornate
da aculei, fungini impasti di speranze incrudelite dalla
assenza del nume, restituiscono àfone rovine, stridii,
baratri tracimati dal perenne buio invernale. I sibili dei
fuochi su ferrose derelizioni chiamano non-umani
a raccolta per un sordo Dio degli eserciti: gli occhi, due
melagrane; la lingua, un cristallo di topazio affumicato.
Giampaolo Giampaoli
GUERRA
Uno accanto all’altro
stretti nel dolore pulsante,
sotto le armi che gridano
suoni di sangue sulla carne violata,
in attesa di vibrare nell’infinito
che è annullamento dell’umano,
volo liberatorio nella morte:
una bambina guarda
con occhi di rugiada,
è il futuro negato,
la guerra trionfa.
Valerio Innocenti
INVANO SCHERANI
Invano scherani
cercarono nomi:
scemarono grida
e dal turpe luogo
il corpo straziato,
deriso e insanguato
affrancò l’anima,
che si librò in alto
nel cielo dei giusti.
Giuseppe Iuliano
UNA MIMOSA PER IRINA
Ora è tempo di guerra e dei suoi aborti.
Odio sgrava bombe, fulmini di razzi
squassi di terra, echi di mitraglia
bestemmia e maledizione di pianti e lutti.
Forgia d’armi fonde lega mola
cuore di piombo, anima d’industria.
Gente dell’Est, esodo di altra bibbia
oblast di Odessa, Mariupol e Irpin
– oh! la stessa radice della mia terra –
fugge verso altri Egitto, esilio di altra strage.
Maschere di sangue stupro di umanità
ancora invocata nella ipocrisia che dura
inchiodano calvari, schegge nella carne.
Quest’anno è ramo secco la mimosa
– cuore freddo inaridisce più del gelo –
così muore l’innocenza di ogni fiore.
Gabriella Maggio
GUERRA
Una sirena soffoca il sussurro flebile dei vivi
e forte grida il sangue sull’asfalto
il giorno pesa sulle macerie della terra e del cuore
l’odore di casa si è disperso tra le crepe
Le vite si consumano nei cunicoli del dolore immeritato
dove si nutre il desiderio di vivere e la speranza di pace
ma il fragore del caso infrange il cerchio di albe e tramonti
un giorno sarà il vento a ricoprire i morti , prega una voce
un giorno sarà la pioggia, risponde sicura un’altra voce,
e laverà il dolore
un giorno ci saranno fiori e cibo caldo sulla tavola,
dice ancora una voce, e staremo allegri insieme
e la voce trema di speranza
a che scopo la guerra?
Non ci sono scopi … Commenta una voce.
Laura Pierdicchi
CONFLITTO
È necessario un moto incessante
che influenzi il pensiero
affinché non trapeli lo sforzo
sovrumano di giorni contaminati.
Sangue contro sangue
nel consumarsi e nel trasformarsi.
Dignità rovesciata per ordine e conto
di chi cancella l’origine. Uomini
caduti nell’ombra — smarriti bruciati
colpiti in nome di un assurdo potere.
Figli strappati. Figli tramutati
in onesti assassini
nel tacito silenzio della Casa di Dio.
Indelebile
il marchio di sangue nella coscienza.
Umberto Piersanti
È SCESO UN HURRICANE
è sceso un hurricane
quasi alla strada,
falcia la camionetta
e quelli dentro
alle torri d’Urbino
non può andare,
lì sta san Crescentino
con la gran lancia
ma la casa dell’Elda
è più lontana,
forse l’hurricane torna
e ci mitraglia
Fabio Scotto
NUOVE SATRAPIE
Il satrapo è stato rieletto
saluta il mondo con lo sguardo fiero
(le tigri, le prede, il judo, il cavallo bianco…)
mentre le prigioni pullulano
i cimiteri s’affollano
la carne brucia sotto le bombe
ora come allora
il sangue scorre per le plaghe del mondo
e nessuno che possa davvero
arginare l’onda
porre un freno all’orrore
di ogni bambino che muore.
Umberto Segato
DE BELLO GALLINACEO
− Ahimé! Re del Creato Creator – gridò arrivando
Il buon Michele armato di spadòn. – Male andò una volta ancor.
− Porti sempre sfiga, amico mio fedele. Che succede?
− Caino uccise Abele, Sire onnipotente. Temo le conseguenze.
– Non ne vedo alcuna, amico mio. Succede …
− La palla di vetro dice che ci saranno guerre.
– Beh, che male c’è?
− Nasceranno nel borgo e poi nel mondo. La prima, la seconda, la terza guerra mond…
BOOM!
E fu così che, da queste parti, tutto finì.
Questa è la prima storia del Pianeta Terzo
Dicono che in un Universo parallelo
Il problema sia stato eliminato
Costruendo un Robot disarmato.
Sandro Varagnolo
LA CLESSIDRA DEL DESTINO
L’uomo che con l’altro
divide la clessidra del destino
ma rinnega se stesso
e non ascolta la coscienza assoluta
semina orrore nel gorgo.
Una fitta si contrae
incistata dalla violenza cieca
dei colpi insensati.
Gli scherani aggiustano il tiro,
un’atroce carneficina si abbatte
su sangue innocente.
Scempio di fuoco
per il nido murato sul ramo.
Non resta che l’apocalisse
e ai caduti l’altare del testimone.
Umberto Vicaretti
MARIUPOL E ALTRE STAZIONI
Se non bastarono Guernica e Dresda,
Sant’Anna Buchenwald My Lai Beslan,
né il sole maligno d’Hiroshima,
ecco pronte le croci
che adesso piantano a Mariupol, dove
si sono arresi e bruciano
scuole chiese ospedali. Tra le braci
lentamente si sciolgono gli abbracci
che annodarono i piccoli e le madri.
Ma il fuoco è piano trasmutato ed ora
è solo cenere e non fa più male.
Vorrei cantare il sogno, ma tenaci
le voci dei bambini ancora chiamano
da Aleppo da Srebrenica da Gaza.
Già il gallo a noi canta, noi che tradimmo
l’alba l’iride il grano.
E Dio. Ed io
non so a chi chiedere pietà o perdono.
Gian Mario Villalta
OPERATION DELIBERATE FORCE
Il motore dei caccia
squadra lastre di cielo:
si legge nero il secolo
controluce.
Grani di gesso brillano nell’erba magra. Odore di legna
nella bassura. La stessa acqua chiusa. Sempre.
Viene in mente la Singer di mia madre
(di sua madre) e che erano migliaia
uguali nelle camere d’Europa.
Migliaia. A pedali, a manovella. Mani
e piedi, gesti uguali, inutilmente.
Il rumore dei caccia — di ritorno: i piloti anche oggi
non hanno visto in faccia nessuno (la morte, la notte che resta,
riposerà negli hangar, che vedrò andando al lavoro)
Casa sulla linea di decollo a 4 km dalla base militare AFI-NATO di Aviano Italy
Stefano Vitale
PIOVONO RAZZI
Piovono razzi sulla neve.
“Non c’è più tempo”
lo sguardo è perduto nel bianco sporco
di una strada senza uscita
scavano con occhi e mani nella Storia
il volto del passato che ritorna.
“Non c’è più tempo”
solo momenti di vuoto
di fantasmi in doppiopetto
gradassi che accarezzano il grilletto
aggrappati al ghigno freddo della notte.
“Non c’è più tempo”
Non c’è mai stato un tempo
perché tutto s’è dimenticato
perché il male è scritto nelle viscere
perché non c’è un perché
all’ottusa malformazione
della Specie che noi siamo.