Gabriella
MAGGIO
Gabriella Maggio è nata nel 1951 a Palermo, dove vive. Ha pubblicato poesie nella raccolta Emozioni senza compiacimento (prefazione di Dante Maffia, Il Convivio, 2019) e testi in versi e in prosa in diverse antologie come: Antologia di Poeti contemporanei siciliani, Vent’anni dopo il Duemila (vol. II, Ed. Fogghi Mavvagnoti, 2021, a cura di J. Russotti), Ricordi da ricordare (poesie e racconti, Carta e Penna Editore, 2018), Agenda 2017-Tempo di poesia (Spazio Cultura Edizioni), Agenda 2016 -Tempo di poesia (Spazio Cultura Edizioni), Agenda 2015-Tempo di poesia (Spazio Cultura Edizioni), Medusa (in Dei, Uomini, Miti, Carlo Saladino editore, 2015), Lunario di poesia 2013 (Edizioni del Giano), L’anima racconta (Associazione Vera Canam, 2013), Sicilia,Viaggio in versi (Associazione Euterpe, 2013, a cura di L. Spurio). Collabora a diverse riviste letterarie e siti on line, quali Il Convivio, Il Salotto degli autori, Euterpe, Culturélite, Academia.edu. , Poeti nella società, La recherche. Coordina il Circolo dei lettori di Spazio Cultura.
POESIE
L’arrivo
È il giorno della festa
e ci siete tutti
non volevate mancare
avete superato l’imbarazzo
dei vestiti antichi e sgualciti
sporchi della terra che vi ha a lungo ricoperto
ma troppo forte era il grido d’amore
che vi chiamava alla luce
Quale gioia pensavo…
E siete giunti tutti
e per un istante
avete sorriso alla gioia della festa
con volti ilari
e passo leggero di danza
nel pulviscolo del sole.
Parole
Parole sempre parole
parole piene parole vuote
parole abbandonate
fiume largo e rapinoso
a strapiombo
parole dette ascoltate
rubate
a chi parla a voce alta
sussurrate al vento
aguzze come pietre scagliate con forza
legate nel muro
necessarie
per dire il mondo.
Marmi secenteschi
Marmi mischi e tramischi
statue e stucchi
ori e profumo di cera e d’incenso
caparre di bellezze celesti
nell’ardore ardente della carne
nell’orgoglio ferito di impulsi vitali
mortificati nella solitudine
pallida esangue
nell’ombra astiosa del chiostro
Incessanti divampano i desideri nell’afa estiva
rabbiosi per il profumato tepore della primavera
illanguiditi nell’indugio estenuante dell’autunno
non raggelati dalla fredda luce della neve
ma raggrumati in arzigogoli di ricami
e nello zuccheroso aroma dei sapori
quintessenze di deliri di vita
estasi di canti.
E ridere così, per niente
E ridere così, per niente
per le piccole cose d’ogni giorno
che si confrontano e scontrano
con questa nostra salda realtà
che resiste malgrado tutto
più forte del diamante
più luminosa di una cometa
fresca brezza che increspa le onde
al sorgere del sole
caldo raggio di luce che resiste
quando il tramonto perde il suo rosso
stella polare in questa notte oscura
E trovarsi così all’improvviso di fronte
alla fine di una giornata
per raccontarsi gli incontri e le parole
tra sorsi di vino rosso
e sguardi profondi negli occhi
fino all’anima a sommuoverla
ora che il tempo è mite
e si sta volentieri sul balcone
E intanto scorre questo tempo epico
di assoluta vertigine che vuole tatto e suono.
Ti vengo alle spalle silenziosa
Ti vengo alle spalle silenziosa
mentre scrivi assorto
Ti cingo il collo e ti offro un frutto
ciliegia o albicocca
quello che c’è
e anche un sorso di vino
con uno sguardo che invita a giocare
preso nella meraviglia dei tuoi occhi
che rispondono al tenero gioco
Il vento muove la tenda
fa vela solitaria e ignota
a ricongiungere anima e corpo
a rimarginare le ferite
dei sensi affilati senza risparmio
ora che i nostri occhi ritrovano
lo stupore del primo antico sguardo
Cade presto il vento
s’affloscia la vela
è bonaccia
e il mare non ha approdi.
I burattini
I burattini talvolta diventano umani
quando nel circo si spengono le luci
e la gente esce dal tendone divertita
e un po’ triste ma non sa perché
Le luci i lustrini il trucco eccessivo delle maschere
dopo la risata hanno rivelato la tristezza dell’effimero
E i burattini ora riposti in un angolo
piangono nell’ombra
tremano
perché avvertono di non essere compresi
di essere solo materia di riso e di beffe
di scherzi crudeli
Così abbassano la testa e non visti piangono amaro.
Esponi al sole la tua anima
Ad A.
Esponi al sole la tua anima
perché asciughi l’umidore della notte
non gocce di giochi d’amorema gocce velenose cresciute nel cuore
Il raggio dell’alba scava le linee
dure del tuo viso
inizi il giorno con occhi serrati
per non vedere l’amore vicino
i frantumi già calpestati
eppure senti, sono sicura, nella luce nuova
la speranza che avanza
timida d’abbracci e carezze d’amore.
Nata di marzo
Nata di marzo avevi nel cuore
le sue tempeste e i suoi luminosi sereni
il vento ruvido e il velluto dei primi fiori.
Eri severa e arcigna
ma tu sola capivi
la mia inquieta adolescenza
forse ne avevi ricordi della tua
ma nessuno li conosceva
erano tuoi e basta
come i pochi oggetti della tua vita.
Cercavi le erbe spontanee
che facevano tavola senza spesa
e le vecchie galline
non più buone a fare le uova.
A tavola dove ti sedevi per ultima
secondo l’uso contadino
servivi per primi gli uomini
riempivi di più i loro piatti
ma non eri mai serva
eri a tuo modo libera
secondo la tua aspra visione della vita.
Sei andata via un giorno d’inverno
che sembrava già primavera
mi hai lasciato in dono
quello che avevi in grande quantità
la tua caparbietà.
Violenza
Te ne stai assorta
il mento appoggiato nella mano
mortificata nella tua femminilità
I capelli crescono radi nella testa
ricoperta di cicatrici
le guance incavate
segnano i vuoti dei denti
e degli stenti
un’ombra di peluria
ricopre il labbro superiore
Le mani ossute mosse da un farnetico
seguono un discorso interiore
inseguono le grazie cancellate
inutili all’amore
ora perduto
Nei tuoi occhi resta
il braccio alzato
pesante di colpi.
Amore cieco
L’inverno si è dissolto nella notte
spazzato via dal vento tiepido
la pioggia ha lasciato sui fili
gocce lucenti di sole
e l’erba del prato ora è più verde
Ma tu non le vedi anche se hai gli occhi aperti
non le vedi
sei stesa sul selciato nel fango tinto di sangue
L’amore ti ha ghermita
cieco e inaspettato
quando indifesa ti sei arresa
all’inganno della pace e dell’abbraccio
e hai lambito con dolcezza la sua mano assassina
che nascondeva la lama affilata.
Magnificentia temporis
Alti piloni reggono la crociera della volta
profili di monofore
inquadrano il cielo nuvoloso
affreschi stinti hanno tracce di vite
brevi trionfi del tempo
Magnificentia temporis
Ispirano preghiere erranti
tra i ghirigori dei marmi
catturano gli occhi
come i grani del rosario le dita.
Labirinti tra colonne e capitelli
sfumano sempre più in alto
nel vertiginoso cielo dipinto
in cui un dio austero e benevolo
inizio e fine dell’ansia della vita
si smarrisce tra le nuvole
E intanto il sogno s’infrange
l’occhio segue sul pavimento
le cuspidi della rosa dei venti
Alla cieca seguo le direzioni
Cerco il tuo sguardo assente
perso in altri pensieri
sempre più lontani.
Fraterno Ulisse
Giunti all’occidente
a questa tanto piccola vigilia
de’ nostri sensi ch’è del rimanente
come il fraterno Ulisse
affrontiamo il cammino dei pensieri
seguendo il corso del sole
verso il mondo del probabile
sfumato di futuro
I nostri desideri antichi
hanno già spezzano gli ormeggi
ma ancora siamo dubbiosi di noi
mentre il viaggio è già iniziato
e ci ammaliano sempre le dolci case
e con l’onda ci sommuove la paura del naufragio
Eppure siamo esperti di marosi e correnti
di tempeste improvvise
teniamo l’occhio alla bussola
compagna fedele del nord
E se impazzisse
sapremmo ancora orientarci solo con le stelle ?
Ai piedi di un muro
Ai piedi di un muro bianco di calce
che nel sole ferisce gli occhi
cresce un cespuglio di grandi papaveri rossi
Un tempo li avrei raccolti
senza pensare alla loro fragilità
ai petali caduti dagli steli
al piacere immediatamente disperso
Ora mentre ondeggiano molli
al lieve alito del vento
li proteggo con la gioia di vederli
Sento un profumo nell’aria
di luoghi luminosi
e lontane sierre nevose
palmizi stilizzati in archi di chiesa
morgane
Quando per te sono stata Jacinta
amante di cinema
e mi hai vestita di parole
e come i papaveri al vento leggero
mi sono affidata a quelle parole
dette solo per me
e mi sono dimenticata di me
nel grande abbraccio dei libri
Oggi mentre socchiudo gli occhi
abbagliati dal sole
mi ricordo di te.