Giuseppe
IULIANO
Giuseppe Iuliano è nato nel 1951 a Nusco (Avellino), dove vive. Di poesia ha pubblicato: Malinconia di terra (1976), Il Sud non è forse… (1980, da cui lo spettacolo della Compagnia Sancarluccio di Napoli alla Biennale di Venezia 1982), Per non morire (1981), Oltre la speranza (1981), Una misura di sale (1983), Semi diversi (1985, prefazione di Luigi Compagnone), Umangraffiti (1988, prefazione di Giovanni Russo), Celie giambi elzeviri (1990, prefazione di Gerardo Bianco), Antinomie e maschere (1994, prefazione di Francesco D’Episcopo), Digressioni di un aedo (1999), Parole per voce sola (2002), Voli e nuvoli (2004, prefazione di Massimo Rendina), Solo per amore (2006, Premio Circe Sabaudia), Verso la cruna (2008, prefazione di Mario Trufelli), Rosso a sera (2010, prefazione di Giuseppe Tedeschi), Vento di fronda (2012, prefazione di Antonio La Penna), Fiori di carta (2014, prefazione di Dante Della Terza), Sciami e formiche (2017), A passo d’uomo (2018, prefazione di Luigi Reina), Parole d’amore (prefazione di Emerico Giachery, Delta 3, 2020). Di narrativa: Cartolina precetto (1986). Di saggistica: La civiltà contadina in Irpinia (1982). Giornalista-pubblicista, collaboratore de “Il Mattino”, ha diretto i periodici “Altirpinia”, “Poesia meridiana”, “Civiltà altirpina”. Attualmente è Presidente del Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud.
http://web.tiscali.it/giuseppeiuliano/
POESIE
da VENTO DI FRONDA
Come il vento
Al mio tempo che passa
e si consuma pigro sgomento
scarico di memoria e di voce
chiedo compagnia, complicità di vento.
Ovunque la nostra libertà di corsa
porta refoli d’aria
tra fiati/otri sgonfi di respiro
spasmi che allontanano la vita.
La nostra forza di liberare il sole
sfolla recinti di nuvole
alla calura presta sacche di nebbie
e a ogni deserto rovescia linfa e umori.
Al vento chiedo frusta di giustizia
su questa terra spremuta offesa
vuota d’umanità, serva
di profezia di nessun verbo,
erba voglio di legge su misura.
Dal vento, ruffiano in amore,
aspetto favori di voglie e moine
bisaccia di pane e vino
per sazietà di fame a ogni digiuno
per non morire in questa sera confusa
che avanza e dura.
Al vento, che spezza spazza trascina
insemina le zolle e cielo e mare rasserena,
cerco asilo e somiglianza.
Io, aria soffio alito – non più trastullo –
oggi di terra e d’anima mi vesto.
Partigiano del mio tempo respiro resisto
e vivo. Sono vento di fronda.
Non c’è verso
Sono fragili le frontiere
dell’Africa maghrebina
liquide come il sangue
che oggi dissolve dittature
e nelle vene del mare
fa scorrere barche di fuga
ricerca/angoscia di salvezza.
Africa madre terra
Mediterraneo altro genitore
da sempre vegliate su figli
che hanno secchezza di gola
miserie di fame e sete
per aridità d’anima
che è vento di sabbia al futuro.
Oggi la rabbia avvampa
tra fuochi beduini
di carovane e tende al deserto
tra focolari di tetti infuocati di huria
da Algeri a Bengasi al Cairo
voglia di uguaglianza
conquista di cielo in terra
oltre le promesse di Allah.
Mercenari di guerre fallite
hanno mani di rapina
e cuore barbaro crudele
sordo e cieco alle ragioni di rivolta
greggio dell’anima
che infiamma Tripoli.
Tirannia accresce l’agonia.
La guerra è furia assassina
madre detestata rifiuta i figli
sfonda le porte
sventra donne e case
e tormenta gli uomini
con ripetute stagioni di dolore.
Non c’è verso
ad invocare pace
con parole doppie
abusive del senso del cielo
fosco ostile violento
tonante di corse di uccelli di fuoco
angeli di ogni maledizione.
Ali e mani
Le mani disegnano spazi,
geometrie al volteggio
svelano movimenti e figure.
Mani si intrecciano
ora gentili ora audaci
e dispensano brividi alla pelle
mistero del corpo e dell’anima.
Altre diventano catena
che affronta i bisogni lo sbando
la disperante solitudine.
Mani chiedono aiuto:
ganci artigli unghie
si stringono ai barconi
alle portiere dell’auto
alle mura ostili della città
a chi passa con occhio distratto.
Mani sporche canaglie
incartano il vero
e mistificato lo restituiscono.
Mani callose nel fango
trovano l’alito vitale.
Le mani possono diventare
ali senza piume
di chi si contenta di essere
angelo in terra. Di terra
Animaterra
Amo questa terra
che ha sciami e denti di case
vive tra colori sbiaditi
e carie diffuse che scavano
a fitta nel corpo e nell’anima
gengive di zolle e lacerti.
Amo questa terra
che soffre flagelli di vento
come via di croce
e scosse dentro il suo ventre
aborti di esodo e morte
come ultima croce.
Amo questa terra
– sentinella antica disarmata
che cerca asilo e voce
tra pietre aguzze di confino
ed inverni aspri di rovesci e gelo –
ribelle a sdegno a colpe a stupro.
Amo questa terra
cerchio di monti e borghi
eco di tuoni e suoni
specchio di lampi e stelle
e nero che infetta gli uomini
dentro ed oltre lo spazio della notte.
Amo l’Irpinia. Odio il suo silenzio muto.
da FIORI DI CARTA
Un mosaico umano
Nella folla, la mia folla
che vocia e fa ressa
capita trovarsi margine
estraneo ai luoghi comuni
restio alle abitudini
eppure guerriero
tempra di cento battaglie
pronto allo stremo
allo scontro allo sfascio.
Tra gente che corre distratta
è ancora salvezza
un granello di idea
una scheggia che sfavilla
ed infiamma la notte
un’unghia spezzata
che graffia l’indifferenza
una spina che s’inarca
e ricuce il dolore.
Sprezzo le icone viventi
padrone del male
e mi contento di essere
un frammento d’umanità
che sorge all’istante
resiste e si ricompone.
Marinai di terra
Qui c’è la nostra terra
rosari di paesi
grani di ogni mistero
tra monti e valli
dove il verde è regno
che traballa al tisico dei giorni
dubbi in successione
lebbra d’attese.
Nervi tesi a torri e tralicci
seminano onde
serpi con denti di magnete
più dannosi della furia
dell’Oceano
e svuotano la fede
di marinai di terra
profughi di sole
orfani di acqua e sale.
Nervi tesi pelli di tamburo
battono con forza
note di dissenso.
S’alza l’urlo al silenzio
e ricaccia nei recinti
la paura e i suoi vivi fantasmi.
Mani sudate
intrecciano attese e dubbi
e levano al cielo
palmi e pugni
di ogni riserbo e fattura.
Compagna al disappunto
s’adatta cosciente la voce.
Certezze
Aspettiamo un lampo
che ferisca e sfarini
compattezza di nuvole
greggi stipate nell’aria
e che riporti il sole
smorto convalescente
a lesta confortante salute
eccitazione di vita.
Ha veste di fasi
la luna gobba o gonfia
come donna matura
che rinnova stupore di natale.
E le stelle sono
mezzane di cielo
pronte a favorire complici
l’avventura in terra.
Spesso una bussola
è sapienza di guida
per violare il buio
e leggere l’ignoto.
Dal Sud muovono
rotte di naviganti
ma l’ago/direzione Nord
oggi scoraggia il viaggio.
da A PASSO D’UOMO
Convivio
Fame e sete ci angustiano.
Sono castigo e febbre al nostro esodo
possibile di ogni direzione.
Ma c’è ancora attesa di Pasqua
sosta pellegrina
al tumulto dell’anima
che cerca da sempre risposte al mistero.
Ladroni di buio e luce
ci ritroviamo come grano sempreverde
semi al sepolcro.
A te oggi la mia promessa di alleanza
e l’ospitalità di mensa.