Elio
PAGLIARANI
Elio Pagliarani è nato a Viserba di Rimini nel 1927 ed è vissuto a Milano e poi a Roma, dove è morto nel 2012. Le sue raccolte di poesia: Cronache e altre poesie (Schwarz, 1954), Inventario privato (Veronelli, 1959), La ragazza Carla e altre poesie (Mondadori, 1964), Lezione di fisica (Scheiwiller, 1964), Lezione di fisica e Fecaloro (Feltrinelli, 1968), Esercizi platonici (Acquario, 1985), Epigrammi ferraresi (Manni Editori, 1987), La bella addormentata nel bosco (Corpo 10, 1988), La ballata di Rudi (Marsilio, 1995). Collaboratore delle riviste letterarie “Officina”, “Quindici”, “Il Verri”, “Nuovi argomenti”, “Il Menabò”, nel 1971 fonda la rivista “Periodo Ipotetico” diventandone il direttore e fa parte della redazione di “Nuova Corrente”. Negli anni Ottanta fonda e dirige con Alessandra Briganti la rivista di “Letterature Ritmica”. Oltre a far parte del Gruppo 63 e ad essere presente nell’antologia dei Novissimi, era stato tra i fondatori della Cooperativa di scrittori.
https://it.wikipedia.org/wiki/Elio_Pagliarani
http://www.treccani.it/enciclopedia/elio-pagliarani/
POESIE
da LA RAGAZZA CARLA
I, 1
Di là dal ponte della ferrovia
una traversa di viale Ripamonti
c’è la casa di Carla, di sua madre, e di Angelo e
Nerina.
Il ponte sta li buono e sotto passano
treni carri vagoni frenatori e mandrie dei macelli
e sopra passa il tram, la filovia di fianco, la gente
i camion della frutta di Romagna.
[che cammina
Chi c’è nato vicino a questi posti
non gli passa neppure per la mente
come è utile averci un’ abitudine
Le abitudini si fanno con la pelle
così e tutti ce l ‘hanno se hanno pelle
Ma c’è il momento che l’abitudine non tiene
chissà che cosa insiste nel circuito
o fa contatto
o prende la tangente
allora la burrasca
periferica, di terra,
il ponte se lo copre e spazza e qualcheduno
può cascar sotto
e i film che Carla non li può soffrire
un film di Jean Gabin può dire il vero
è forse il fischio e nebbia o il disperato
stridere di ferrame o il tuo cuore sorpreso, spaventato
il cuore impreparato, per esempio, a due mani
che piombano sul petto
Solo pudore non è che la fa andare
la fuggitiva nei boschi di cemento
o il contagio spinoso della mano.
II, 2
All’ombra del Duomo, di un fianco del Duomo
i segni colorati dei semafori le polveri idriz elettriche
mobili sUlle facciate del vecchio casermone d’angolo
fra l’infelice corso Vittorio Emanuele e Camposanto,
Santa Radegonda, Odeon bar cinema e teatro
un casermone sinistrato e cadente che sarà la Rinascente
cento targhe d’ottone come quella
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le nove di mattina al 3 febbraio.
La civiltà si è trasferita al nord
come è nata nel sud, per via del clima,
quante energie distilla alla mattina
il tempo di febbraio, qui in città?
Carla spiuma i mobili
Aldo Lavagnino coi codici traduce telegrammi night letters
una signora bianca ha cominciato i calcoli
sulla calcolatrice svedese.
Sono momenti belli: c’è silenzio
e il ritmo d’un polmone, se guardi dai cristalli
quella gente che marcia al suo lavoro
diritta interessata necessaria
che ha tanto fiato caldo nella bocca
quando dice buongiorno
è questa che decide
e son dei loro
non c’è altro da dire.
E questo cielo contemporaneo
in alto, tira su la schiena, in alto ma non tanto
questo cielo color di lamiera
sulla piazza a Sesto a Cinisello alla Bovisa
sopra tutti i tranvieri ai capolinea
non prolunga all’infinito
i fianchi le guglie i grattacieli i capannoni Pirelli
coperti di lamiera?
È nostro questo cielo d’acciaio che non finge
Eden e non concede smarrimenti,
è nostro ed è morale il cielo
che non promette scampo dalla terra,
proprio perché sulla terra non c’è
scampo da noi nella vita.
da LEZIONE DI FISICA
Cominciò studiando il corpo nero
Max Planck all’inizio del secolo (dispute se era il principio o la fine
del secolo), le radiazioni del corpo nero nella memoria
del 14 dicembre 1900
bisognava supporre che quanti d’azione fossero alla base
dell’energia moltiplicata per il tempo
Elena oh le sudate carte la luce
è una gragnuola di quanti, provo a dirti che esiste opposizione
fra macrofisica e microfisica che il mondo atomico delle particelle elementari
è studiato dalla meccanica quantistica – scuola di Copenaghen
e da quella ondulatoria del principe di Broglie che ben presto i fisici
si accorsero come le nuove meccaniche benché basate su algoritmi differenti
siano in sostanza equivalenti: entrambe negano
negano che possano esistere precisi rapporti di causa e effetto
affermano che non si può aver studio di un oggetto
senza modificarlo
la luce che piomba sull’elettrone per illuminarlo
E io qui sto
e io qui sto Elena in gabbia e aspetto
il suono di un oggetto la comunicazione dell’effetto
su te, delle modifiche
Non sono io
che ti tradisco, chi ti prende alla gola è la tua amica
la vita
Io cosa vuoi se tiene duro il muscolo cardiaco
è ormai provato che sono una pellaccia, mi tingerò i capelli Einstein piuttosto
e la sua chioma, te lo immagini quando dovette prendere la penna
scrivendo a Roosevelt «Caro presidente, facciamola
l’atomica sennò i nazi» l’azione dell’energia
dell’energia moltiplicata per il tempo l’epistassi
anzi il sangue dal naso, diceva Pasquina alla tua età, il sangue dal naso che ti libera
Se si vuol sapere se A è causa dell’effetto di B
se il microggetto in sé è in conoscibile
se l’onda di Broglie per i fisici di Copenaghen
non è altro che l’espressione fisica della probabilità posseduta
dalla particella di trovarsi in un luogo piuttosto che in un altro onda cioè generata
dalla mancanza di un rigoroso nesso causale in microfisica
Perciò l’atomica
per la legge dei grandi numeri la probabilità tende alla
certezza
Perciò l’atomica
Poi la teoria dell’onda pilota e quella, così cara al nostro tempo
della doppia soluzione, e se esiste il microggetto in sé, se la materia
può risponderci con un comportamento statistico
Dio gioca ai dadi
con l’universo? E se la terra
ne dimostrasse il terrore?
Non gridare non gridare che ti sentono non è niente mentre graffio una poltrona
Herman Kahn ha già fatto la tabella
delle possibili condizioni postbelliche, sicché i 160 milioni di decessi in casa sua
non sarebbero la fine della civiltà, il periodo necessario per la ripresa economica
sarebbero 100 anni; va da sé che esiste, egli scrive, un ulteriore problema
quello cioè se i sopravissuti avranno buone ragioni
per invidiare i morti
Quanta gioia mi dai quando ti stufi
di me, quando mi dici se scriverai di me dirai di gioia
e che sia gioia attiva, trionfante, che sia una barzelletta
spinta, magari
L’odore delle erbe di campagna nel piatto da Cesaretto ruchetta
pimpinella un’insalata d’erbe della terra tenere espansive degli umori
il cielo di qui che interviene sulla gente compresente orizzontale
e tu e tu ognuno cui ti inviti a ballare ti accende
gli occhi e si fa bello e cresce
vino rosso
capriole con lancio di cuscini
nella mia stanza
Ma cosa credi che non sia stufo anch’io di coabitare
con me la mia faccia la mia pancia
anche in noi c’è dentro la voglia
di riassuefarci alla gioia, affermare la vita col canto
e invece non ci basta nemmeno dire no che salva solo l’anima
ci tocca vivere il no misurarlo coinvolgerlo in azione e tentazione
perché l’opposizione agisca da opposizione e abbia i suoi testimoni.
da LA BALLATA DI RUDI
Rudi e Aldo l’estate del ’49 fecero lo stesso
mestiere l’animatore
di balli sull’Adriatico, Aldo in un Grand Hotel
rifatto a mezzo e già sull’orlo
del fallimento, che fallì in agosto sul più bello, lui
forse non sa nemmeno ballare
aveva successo il locale di fronte al suo, Miramare.
Rudi su un’altra spiaggia popolare
dà inizio alla ballata.
È bello? Può essere bello in
Romagna chi bacia la mano
l’anno dopo del ’48, attacca bottone con gli
ambulanti di bomboloni e
gli intellettuali indigeni meno indigenti, non lascia
senza sorriso carezza o pacca ogni ragazza per strada
conforme ai gusti di quella? È bello
come un uomo sobrio, di modo che quando per la
Festa dei pazzi si traveste da donna
non lo prendono per pederasta ma lo sfottono con
più gusto.
È servizievole: porta pacchetti a tutte le capitane,
ci gioca coi loro bimbi
approva i primi discorsi di Borsa dei padri. Ama
con tatto organizza “Una notte a Capri” le figlie
del macellaio
vennero con quattro corvi. Care ragazze, me le
ricordo nel ‘46
chiedersi al Teatro del Popolo se Emanuele Kant
era più Cristo di Cristo.
Il miliardario polveriere
grugnisce di piacere, Aldo applaude sapendo
che non gli tocca niente.