SCOTELLARO: POETA E POLITICO
Rocco Scotellaro nacque il 19 aprile del 1923 a Tricarico, da padre calzolaio e da madre sarta e “scrivana” del vicinato. Morirà il 15 dicembre del 1953, stroncato da un infarto, a Portici. Nei trent’anni della sua breve e intensa esistenza sono racchiusi tutti i segni del più grande sommovimento che abbia travolto il Sud nel Novecento: il ridestarsi di un mondo contadino e bracciantile per certi versi fino a quel momento “fuori dalla Storia”, o comunque relegato ai suoi margini. Scotellaro fu, come disse Carlo Levi che lo considerava un fratello minore più che un figlio, “il poeta della libertà contadina”: il narratore di quel lungo processo di liberazione, mentale non solo materiale, culminato nell’occupazione delle terre della fine degli anni quaranta, negli incerti successi e insuccessi della riforma agraria e, soprattutto pochi anni dopo la sua scomparsa, nell’emigrazione di massa verso il Nord. A differenza di chi aveva raccontato quel mondo dall’esterno, Scotellaro fu il primo a farlo dall’interno. Le poesie di È fatto giorno che vinsero il Viareggio (oggi, in Tutte le poesie, Mondadori), il romanzo incompiuto L’uva puttanella (che Levi riteneva superiore allo stesso Cristo si è fermato a Eboli), l’inchiesta altrettanto incompiuta di Contadini del Sud, pubblicati tutti nel biennio 1954-55, costituiscono il nucleo del suo lascito. Ma Rocco Scotellaro non fu solo un giovane intellettuale meridionale del dopoguerra. Fu anche un politico, un amministratore: il giovanissimo sindaco socialista del paese in cui era nato, Tricarico, fortemente attraversato da quei sommovimenti. Della politica visse le gioia di una vittoria elettorale forse insperata, la difficoltà estrema dell’amministrare, le sofferenze della calunnia (per un accusa del tutto infondata di malversazione fu addirittura costretto a una quarantina di giorni di carcere, esperienza poi raccontata in alcune bellissime pagine dell’Uva puttanella). Per chi si volge a rileggere l’opera di Rocco Scotellaro, a sessant’anni esatti dalla sua scomparsa, l’aspetto più interessate è proprio questo intreccio irrisolto tra letteratura e politica, tra l’individuare lucidamente i problemi, il saperli narrare, e il peso della loro risoluzione. L’uva puttanella parla della sua infanzia, della famiglia, della morte prematura del padre, della miseria nera della Lucania, delle sue esperienza di sindaco, del movimento dei contadini e dei braccianti per la terra… Le pagine più commoventi sono quelle in cui si racconta della morte di Pasquale, un fuochista che ha perso il poco di cui viveva, e dell’impotenza di un sindaco di fronte al suicidio di un povero, di fronte a tutte le povertà cui non si riesce a mettere mano. Un tema doloroso, questo, che ritorna anche nella riflessione, e nella vita concreta, di tanti amministratori del Sud di oggi: proprio del Sud nascosto dei piccoli paesi di provincia, in genere non raccontati, benché attraversati da una crisi profonda. …