Francesca
BRANDES

Francesca Ruth Brandes è nata nel 1961 a Venezia, dove vive. Ha pubblicato: L’altra storia (Eidos, 1995); La casa dei viventi. L’antico Beth Chaim di San Nicolò del Lido (Atiesse, 1997); L’ultima farfalla a Terezin (testo teatrale, 1998); Pacovska. Magica Kveta (1999); Nagual o del non-visto (2004); La parte per il tutto in Pensare e insegnare Auschwitz (Franco Angeli, 2004); Canto a più grida (poesie, 2005); Piccole benedizioni (poesie, 2006); Tikkun (2008); Virgiliana (2008); Non appena avrò taciuto (2009); Trasporto (poesie, LietoColle, 2009); Slanci urbani (2009); Etimologie (2010); L’undicesimo giorno (poesie, LietoColle, 2012); Il dono di Ernani (2014); Ernani Costantini in privato (2016); Storie dal giardino (poesie, La Vita Felice, 2017). Saggista e curatrice  d’arte, ha scritto e condotto per RadioRai programmi di attualità culturale. Si è occupata di tematiche ebraiche. Ha pubblicato, fra gli altri, per i tipi di Marsilio Itinerari ebraici del Veneto, oltre a testi per il teatro e cataloghi monografici. È collaboratrice del Centro Internazionale della Grafica di Venezia.

francesca.brandes@gmail.com

POESIE

da CANTO A PIÙ GRIDA

Andante
L’amore
al tempo dell’odio
seminato
brucia divampa
erompe
in parole stentate
all’udito.

È un fiume
di candele,
un bacio amaro.

Botanica
Onore
alle piante
dal fruttuoso
fogliame
agli ulivi storti
agli aranceti.
Onore ai vitigni.

Onore
a chi partorisce
il mondo.

da PICCOLE BENEDIZIONI

Per trasportare case
e ritornare
ci vuole arte
e demenza
ebete pervicacia
amor del torto

memoria di formica

Ghetto Vecchio
C’è una memoria
delle cose
ed una del sangue.
Silenziosa
picchia agli usci
vuoti
fruscia di vento
nei tuoi occhi.

Per il pane ed il vino
abbracciala
per i sogni avverati
in altri sogni,
nell’umido di una casa
chiusa
da troppo tempo.

da TRASPORTO

San Trovaso
Generato dalla dimenticanza
il più bello
dei nostri sorrisi
di luce allagata
la peggiore delle tempeste

al suono sul bilico
ci diamo
in un giorno d’argento.

Fa freddo a San Trovaso
e par di toccare
lo sguardo
vicino nuovo nuovo
a me che sbircio la
tua vita

si trasportano i fuochi
talvolta.

Una lunga fedeltà
La piccola gioia
cercata
dipende dalla mia
forza
nel cercare,
dal respiro
che precede lo slancio,
dal coraggio
nel vedere le cose
e nel vederle tutte
così.

La gioia è merito
foga di pianta
è
il pigiare delle radici
nella terra.

La gioia è rischio
di tornare.

da L’UNDICESIMO GIORNO

*
D’attesa silenziosa
vive il desiderio
seme nella terra
che bagno
ogni sera al rito.

D’attesa silenziosa
s’illumina il pensiero
lievita il profumo
del pane
e puro è il canto

pulito dalla polvere
di ieri.

Dignitosamente copro
il battito del cuore.

*
Puoi concederti
trame di rughe
ad assediarti gli occhi

quando ridi

il peso del collo
nel camminare
ondivago

il brillìo nel moto
dei capelli alle tempie.

Io
vedo cascate
nelle tue braccia
segni d’orizzonte
a cingere

stravaganti intese

e poco importa
che passi il tempo

il tuo mutare
mi è bellezza.

Fenomeni
Il vero aspetto
sta nell’osso
della Legge

quella somiglianza
intima
di vita pensata
e del deciso capitato
indotto

quel gonfiare le guance
d’aria

consumare l’aria

produrre suoni
(così prossimi al frullìo
d’ali nel passero)

vero aspetto
di ogni transizione
spostamento di massa

vero aspetto
e logica conclusione
di ogni abbraccio

da STORIE DAL GIARDINO

*
So anche troppo o nulla
dell’essere arborea
fiammante
quasi in silenzio
salvo il ronzio confidente
degli annunci.

Brandelli
in foggia di donna
o incisioni
di una violenza felice
e cura e legatura
degli arbusti e lacci
sostegni di sottobosco.

Poi magica
di un sortilegio affine
alla musica
è la foglia.

*
Mi disciplino al buono
non quell’attimo aperto
non l’assenza di dolore

piuttosto lo scavare nella terra
campo arato  carne arsa
nel fiato ripreso a stento

dammi la mano
mentre scavo
fammi luce con gli occhi

la vedi la vedi tu
quella noce dolente
tra le zolle

Il buono pesa
nel cavo del petto
e riluce.

*
Noi cambieremo in modo meraviglioso ….
John Cage

Essere a fianco dell’ombra
da qui si comincia
dall’incertezza del mutare
nel suono che oscilla
cantus firmus
di minima variazione
sottile allontanarsi
dalla norma
in flusso costante ribadito.

Brillare nelle orecchie
tanta luce
semi di semi di luce
cascata di stelle tinta
di fuochi.

E il tratto
è desiderio esaudito
nella natura incerta
del suono
batte il cuore
prende tutte le forme
e il colore voce
di una virtù nascosta.

O voi che possedete
la qualità del risveglio
infiniti purissimi frammenti
a partir da sé

non iniziare l’esecuzione
senza immobilità interiore

battuta dopo battuta
voce superiore
in posizione intermedia
a coinvolgere velocità e accenti.

Un’unica legge
tiene tutti i miraggi
nella moltitudine

prima di cominciare
innaffio le piante.

INEDITI

Insieme
Di me in te
del tempo che non passa
e se passa non ferisce
o quasi
solo l’accenno alla stanchezza
spuma delle ore
quella che intreccia le dita
grandi con piccole
le nocche  le palme
ed è parola che corre
da me in te
che racconta ogni giorno
le lucciole, i prati.

Yoram sotto le armi
Hai più paura
della pace
che della guerra.
Vuoi mappe
che spieghino il mondo
paludi conosciute
di odio
e non uscirne
non rischiare
non toccare con mano
il boccio del cuore
altrui
visi occhi spalle piegate
suoni portati dal vento.

Hai paura della pace
perché la pace
è il cambio di rotta
inversione
assalto al muro

la pace è pugno
che accarezza
fango che si crede casa
casa con più stanze
sorpresa di aprile.

Neve che si scioglie
è pace
pace sul bilico
vertigine con nastri
tamburi nel dirlo
e coraggio.

Mi guardi
l’arma in spalla
e arma sei tu
in ogni fibra
di movimento nodoso
così fragile
nonostante il fucile
che sembri un bimbo
quando gioca ai soldati
in riva al mare.

Hai un piccolo peso
tra gli occhi
un peso che arde e consuma
e braccia per l’amore
la terra l’azzardo.
Sei seme e frutto
di stagione precoce.

Offesa gioventù
che alla gioventù si addice
l’inquietudine,
non il morire senza scopo.

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