LE SPERIMENTAZIONI DI ALBERTO CAPPI
Alberto Cappi è un poeta che si è imposto dentro quel particolare movimento letterario definito “neoavanguardia”. Si tratta di uno dei più spericolati ed efficaci sperimentalisti. I suoi libri di poesia (Alfabeto, Per versioni, Piccoli Dei, Il sereno untore, Visitazioni, La casa del custode, che coprono gli anni dal 1973 al 2004), oltre a molte plaquette, saggi critici, traduzioni, lo testimoniano. Nel Secondo Novecento si è imposto come il cultore della estrema manipolazione della parola, con ardite combinazioni, inverosimili concertazioni, disarticolazioni e ricostruzioni. Un lavoro di scavi, rotture, ricomposizioni: una scrittura unica e carismatica, al di là del significato, che alla fine comunque emerge in un magma espressivo ribollente e mai definito. Ma con la nuova raccolta Il modello del mondo (Marietti), Alberto Cappi – che mi onoro di avere amico da diversi decenni, nonostante non ci vediamo spesso – ha operato una modificazione molto importante nel suo laboratorio creativo (già cominciata in verità con La casa del custode nel 2004). Prima di tutto voglio sottolineare che ha scelto di dare valore al contenuto, pur non rinunciando alle sue invenzioni linguistiche e alle sue alchimie verbali. In secondo luogo è rilevante la materia che ha attirato la sua attenzione plasmante: la presenza di Dio, appunto “il modello del mondo”. Questa è la mia interpretazione e mi piace evidenziare la novità. Il terzo elemento di riflessione è che Alberto Cappi ha ammorbidito la sua rigidità nella valutazione delle cose, nella sua posizione critica sulla creazione letteraria, e nella scelta del ritmo del verso. Tutto è diventato più duttile, più dolce. Davide Rondoni, nel risvolto di copertina, sintetizza così la svolta di Cappi: “In questa raccolta, dove a mio avviso spira un’aria più estrema, e se possibile brucia una concentrazione al tempo stesso più furiosa e però più abbandonata delle precedenti, troviamo il poeta impegnato nel suo decisivo corpo a corpo con il tempo”.