Singolare, proprio in senso etimologico, Il Principe del Pinocchio (illustrazioni di Ivo Avagliano, Progetto Cultura), l’ultimo libro di Antonio Donadio, poeta e scrittore, saggista, nonché autore e regista teatrale. E al movimento scenico, ci sembra di poter cogliere e sottolineare questa singolarità ulteriore, può rapportarsi il suo Il Principe del Pinocchio, per il dialogo tra elementi naturali diversi (Sole, Luna, eclissi, acqua, vento, aria, Stella cometa) o tra creature del mondo e della natura (Eva, Adamo, il serpente, la pecora, il gatto, gli uccelli, pesci, lupo, agnello, gatto, dromedario, lupo, fiore, ciliegio, coccodrillo, colori, farfalla, il grano ma…di dicembre); per la messa in scena dialogata di quel che corre tra altri elementi avvertiti come creature (Tempo, Silenzio, Amore, Odio, Gioia), fissando il fuoco della recita su qualche astrazione resa personaggio (Domenica, la Casa disabitata, il Cuore degli uomini, il Rosso del semaforo). Movimento scenico affidato alla prosa e alla poesia in un linguaggio sincretico (così suggerisce Antonio Donadio stesso), puntellato tuttavia di corsivo e tondo nel corpo del testo e di neretto nei titoli affiancati dal numero progressivo, sottolineato dai dovuti segni interpuntivi. Si muovono tutti al cenno del poeta-regista che, nel gusto del paradosso talvolta ironico, rovescia l’assunto tràdito e gioca sul messaggio spiazzando il noto e aprendo al diverso tenore del significato-significante. Il Dolore viene consolato dalla Gioia. Il gatto abbaia. L’Errore scompare subito però recuperato dalla Fantasia perché…che gusto c’è se non c’è l’errore? Il mare va in montagna e la montagna si reca al mare. I pesci sciano. L’Agnello non teme di bere vicino al Lupo, ma i gufi scappano, ecc. E tutto va bene. Come va bene Cappuccetto Rosso che avrà la Presidenza della Lega per la difesa del Lupo, come va bene il Matto innamorato: “Amava una grossa pietra / e se la portava ovunque andasse. “È follia pura” diceva la gente. / “Non prendertela, gli sussurrò un dì la Pietra, / loro non potranno mai capirti, poveretti”. (Il Matto della grossa pietra, p. 28). Libro di saggezza, con lo sguardo rivolto alla possibilità di mettere al mondo un mondo nuovo di nuove idee: “Quando sarò Gabbiano volerò oltre il mare. / E ti ritroverò, o Sole, / nascosto nel tuo gioco infantile.” (Quando sarò Gabbiano, p. 30). E più: “Appena sarò Re / toglierò dal Dizionario la parola Fine. / Sarà bello così ricominciare / Tutto daccapo ancora” (Epilogo, p. 49). Il richiamo culturale va a Gianni Rodari, peraltro portato ad epigrafe in exergo: “A chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione”. Libro per grandi e piccoli, allora, corredato dalle splendide illustrazioni ricche di inventiva di Ivo Avagliano: la luna rincorsa dai pesci; due animaletti a formare le sopracciglia del gatto; il Tempo (orologio) che inventa le stagioni, il Matto con un grande fiore e una grossa pietra, ecc. Libro per grandi che desiderano e sperano, smascherando il vuoto esistente e le contraddizioni tra gli individui, in cambiamenti di prospettive e in relazioni più umane in cui il radicato si lasci scalfire da una parola (dal verbo) agìta in modo da aprire all’insolito, all’inconsueto, al comportamento di nuova fattura e, forse, finalmente di convivenza. Libro per piccoli la cui mente rifiuta imbrigliamenti, conosce la colpa ma conosce anche il perdono e, soprattutto, conosce il non-limite che proietta il Cuore in ogni probabilità e luogo: “Saprai raccontarmi?” chiese il Cuore. / “Saprò raccontarti” rispose la Parola. / “Che belle storie sai raccontare”. / “Che belle storie sai dettare” (Dialogo d’Amore, p. 15). Libro per tutti quelli che hanno nell’anima e nella mente un mondo diverso, più umano, rispetto all’“aiola che ci fa tanto feroci”.