IL SONETTO

IL SONETTO

In limine: SONETTO DELL’ULTIMA ORA Jean-Charles Vegliante
I sonetti: Alberto Bertoni, Daniele Cavicchia, Luigi Crivellaro, Enrico D’Angelo, Alessandro Fo, Giovanna Frene, Sonia Giovannetti, Paolo Fabrizio Iacuzzi, Mauro Imbimbo, Valerio Magrelli, Paolo Ottaviani, Susanna Piano, Giovanni Zamponi
In limine: ESERCIZI DI STILE Michele Nigro
Che l’abbia inventato o solo messo in uso, nella tradizione italiana il sonetto si deve a Jacopo da Lentini, nella prima metà del Duecento. Lo schema metrico  prevede una struttura chiusa e fissa, composta da 14 versi, sempre endecasillabi divisi in due quartine e in due terzine. Le rime delle due quartine possono seguire due schemi a rime incrociate (ABBA, ABBA) e a rime alternate (ABAB,ABAB), quelle delle terzine a rime alternate (CDC, DCD), replicate (CDE, CDE) o invertite (CDE, EDC), e nel tempo si sono poi imposte molte varianti di strofa, di verso e di rima. In Francia il sonetto fu introdotto da Marot, che ne variò la struttura (sonnet marotique: 3 stanze di 4 versi e un distico, che per lo più è posto tra la seconda e la terza stanza, e talvolta alla fine), ma gli schemi italiani furono fedelmente imitati dai poeti della Pléiade. A seguire l’impostazione della nostra tradizione anche i poeti tedeschi, spagnoli e portoghesi. Il sonetto della tradizione inglese, fatto anch’esso di 14 versi (pentametri giambici) disposti in tre quartine in rima alternata più un distico conclusivo in rima baciata, non contempla spaziature.

In limine

Jean-Charles Vegliante
SONETTO DELL’ULTIMA ORA
… cominciai di ciò questo sonetto
                                                                                                (Vita nova, 4)
Corpo dormiente si muove per conto suo
in quale spazio non è dato sapere
lui non sa di sapere né mai volere
anche se non dimentica nulla: in pianori
stirati dal vento che piega senza tregua
un’erba magra tagliente crudele ai piedini
del corpo bambino, ormai vecchio se mente:
o per roveti da cui non si esce senza
(piega)
appiattimenti strisciamenti supini
scatti e soprassalti che quasi lo svegliano
rompono la bolla indove l’attesa
è più profonda, meno di spavento.
Oppure in cunicoli fra gabbie di ruggine
in svolte di massi rosi dall’acqua stesa.
(Non ti svegliare, acconsenti agli indugi)

I sonetti

Alberto Bertoni
SONETTO TOSCANO (E IRREGOLARE)

Dettagli da pochissimo
ma ti giuro che per me emiliano
è stato uno choc parcheggiare
nel boschetto dove i pioppi

lunghi e verticali
dell’infanzia remota
si stagliano intrecciati
ai cipressi toscani

(Tu sei di Roma,
hai dita lunghe, zigomi alti
e l’Amiata alle spalle

mentre penso che assomigli troppo
a tutt’altra persona,
molto di te più estranea, più sola)

Daniele Cavicchia
HO PENSATO

Ho pensato a quel diavolo di mago
Al regalo del suo cilindro
Aveva nascosto una parola
Nella ragnatela dell’officina

Mia nonna non sorrise mangiando un limone
Non è un gioco disse, la parola è parte del discorso
Altri tornarono dai campi con radici tagliate
Alberi in miniatura la parola mai definita

Andarono e poi tornarono il treno era in ritardo
Strapparono i biglietti la stanza era stretta
Sul tavolo bruciavano candele imploranti

Nulla resta della parola una fistola giallastra
Nemmeno il bimbo era convinto
La palla quadrata non rotola voleva dire

Luigi Crivellaro
LICEO
Quando uscivo interrogato in greco
o latino in piedi, poggiato dritto
sul passato, ne subivo uno spreco
ansioso che mi lasciava trafitto

dentro una vertigine di pudori
palpitante come un nido bersaglio
innocente di fieri cacciatori
ma deciso a sottrarmi a quell’abbaglio.

Sì che ben presto entravo in armonia
con il canto di prosa e poesia
ragionandone con spirito affine

con colui che m’aveva insegnato
a estrarre musica dal passato
e ritmarne il mio senso della fine

Enrico D’Angelo
DISGIUNZIONE

L’uomo che si sa, e non sa, pure saggia
in terra un luogo, uno spazio non vasto
in cui aggirarsi come a casa; viaggia
a cauti passi in ciò che gli è rimasto
forse ancora poche dolci parole;
a volte, va quasi verso la porta
desidera lasciare il mondo – solo
che la sua mano lo trattiene forte
e non sa il perché e non sa fino a quando
resterà senza andare se, ogni tanto,
un fuoco vedrà ardere da due pietre
con scintille entro una teca di vetro…
(ma perché a volte come un animale
    uguale nel bene uguale nel male?)

Alessandro Fo
SONETTO CON RUGHETTA

Sarà per la focaccia con rughetta
(raccontano quaggiù che fa sognare),
ma un’altra volta, bellezza perfetta,
mi sei venuta stanotte a trovare.

Ora dimmelo tu che devo fare,
quando le nostre vite son lontane;
prendere un verso, per farlo rimare
con il tuo volto per le vie romane…

Be’ questo è sempre un sistema, d’accordo,
per traversare la città al tracollo.
Volerti bene, restando sul bordo.

Volare alto nell’autobus, a mollo
fra detti sordidi cui sono sordo,
salvo per aria grazie al tuo ricordo.

Giovanna Frene
PSEUDOSONETTO

«Misera cosa è la vita»    più misera di ogni
aspettanza nell’oggetto del pensiero si diventa
soggetto del desiderio si degrada l’io
all’altro sempre più altro sempre più vero
greve e leggero è l’orizzonte della vita
impropria     imperfettamente immaginata
nell’emesi della carne veramente vissuta
tale l’occhio si svincola dall’orbita
tale si sradica tutto il mondo dal tempo
troppo a lungo tessuto di illusioni se
teso l’orecchio nell’ascolto del silenzio si sente
invece questo protrarsi oltre il cielo dietro
il vuoto del pensiero del rumore del niente
senso inf(r)anta infanzia illacrimata

Sonia Giovannetti
IL TEMPO

Dov’è il tempo se non nella memoria
che tutto lega al cerchio del durante
e l’essere fa eterno, e fin la storia
acconcia a tratto immoto del pensante.

Dispensa, il tempo, quella ria illusione
del viver somigliante a un proseguire,
e fa di sua apparenza distrazione
da ciò che sta e ignora il divenire,

giacché nel tempo ha dimora il vero
che non trasmuta né conosce mete
ma sempre torna a sé lungo un sentiero

ove infinito il ciclo si ripete
come in quel fato, amico del mistero,
che porta al riapparir delle comete.

Paolo Fabrizio Iacuzzi
PALINURO MARIUPOL

Palinuro l’amico d’infanzia. Trasfuso in noi
per virus nasale. Se il nocchiero per teatro
si cela dentro un anagramma. Per questo
nuovo esodo col grande caduto insepolto.

Fosse comuni e lapidi non scritte. Mai erette
nella terra nuda. Grigioverde senza le toppe
di colore. Taras Bulba tornato dopo la peste
per il tempo dell’Apocalisse. Per i trent’anni

di stragi dalla Bosnia. Per le donne che una
dice la violenza ci spezza. Ma nascondiamo
il computer con la foto del nostro amore.

Col nostro cuore indomito. Mentre passa lei.
E Frida già trasfonde il sangue dal cartellone
per tutti. Sommersi nel teatro di Mariupol.

Mauro Imbimbo
TROPPA CULTURA?
Combatte e dibatte, interno giorno,
scialacqua e si dona, esterno notte,
e l’identità? Ennesimo scorno,
il grande pasticcio, incerte le rotte.

Consulta Musil, consulta Svevo,
consulta persino il Pirandello,
i due detective dell’austro Evo,
e il relativista? Sta lì il suo bello.

Ma la risposta svicola e fugge,
dopo letture, dure, e vi scorge
la dannazione del condannato.

Fissa quei libri con delusione
e poi intuisce la decisione:
mettersi a letto, disincantato.

Valerio Magrelli
Ai tanti ladri che mi hanno derubato

Nel corso degli scambi tra gli umani
vige una norma diversa dalla fisica
perché la nostra specie è turpe, è tisica,
composta da esemplari grossolani.

Se la legge che regola la vita
sul pianeta si chiama “gravità”,
l’homo sapiens ne segue un’altra, già
nota come ingiustizia – la più ambita.

È più forte di lui, questo richiamo
che lo spinge a violare ogni divieto
pur di rubare, estorcere, carpire:

cambia il colpevole, mai le sue mire.
Infatti il ladro, ladro in fato e in feto,
venera il furto dai tempi di Adamo.

Paolo Ottaviani
UN NOCE, UN TIGLIO, UN PLATANO

Un noce, un tiglio, un platano da stelle
immemorabili e uccelli affamati
sui rami d’oro le contadinelle
videro scendere in terra agitati

da un dolce vento e dalle coccinelle
qua e là percorsi. Sui rami affollati
ascoltavano salmi e ciaramelle
gli alberi nati in cielo e pur sognati

sotto l’ombra del noce nell’incanto
fanciullesco del tempo inavvertito.
Qui nella neve il tiglio accenna il canto

di un passerotto zittito dal gelo
mentre tranquillo il platano ha intuito
che ogni foglia caduta sale in cielo.

Susanna Piano
SONETTO DEL CANTIERE

Gli uomini lavorano di lena
dove ieri una talpa meccanica
nel grande prato scavava appena;
il muratore fatica di braccia

per seguir diritto la propria traccia,
il carpentiere per puro scrupolo
di chiodi ne ha messi un nugolo
e col calcestruzzo la vita intreccia.

Tace a sera l’operoso cantierìo,
da un buco nella rete un gatto
si intrufola con furtivo desìo

e nella malta fresca lentamente
con la zampa l’orma sua lascia quatto
ed è già mondo nuovo nella mente.

Giovanni Zamponi
IL LIBRO

Ho visto un libro su una bancarella
portato lì chissà da quale mano,
lasciato alla rinfusa, e non in bella
esposizione, e non in primo piano.

Copertina sbiadita, non sciupata,
l’ho notato così quasi per caso,
mentre distrattamente una sbirciata
davo a quel mucchio poco persuaso.

Pur non riuscivo a togliere lo sguardo
da quella copertina giallo-oro,
l’avrei trattato con maggior riguardo,

se fosse stato mio, e con più decoro.
Un turista l’ha preso, l’ha sfogliato,
ha letto un po’ qua e là, poi l’ha acquistato.

(Io, per pudore o, forse, per timore,
non gli ho svelato d’esserne l’autore)

In limine

Michele Nigro
ESERCIZI DI STILE

(alla Queneau, su Dante, “Rime”, LXXII [“Un dì si venne a me malinconia”])

Un dì si venne a me filosofia
e disse: “Io voglio stare alquanto teco”
Non si curò che le facessi eco,
eppur, ratta, mi tenne in sua balìa.

M’indusse a far dell’anfibologia
l’inimico più inviso il Sommo Greco
che mi menò, per vie diritte, seco,
quegli che della logica è bastìa:

lo Stagirita, il cui concetto etterno
affinò tanto il mio cerèbro occluso
dagl’idoli che nascondean il vero

che, ragionar corretto, or ben discerno
quant’era, prima, oscuro e pur confuso
ed ora alluma, certo, il mio pensiero.

1 commento su “IL SONETTO”

  1. In comune, soltanto la cifra magica dei 14 versi (o righe), con eventuale “coda”. E una certa compulsione o pudore al travestimento: esercizio, pseudo, irregolare ecc. – oppure con “parodica” bella regolarità. Interessante spia di una più che sicura crisi…

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