IL SOGNO DI EDIPO DI EMANUELA SICA
Con Il sogno di Edipo e mitici amori (Pensa Editore) Emanuela Sica ci guida verso luoghi lontani nel tempo, quelli che hanno contribuito a tenere alta la ragione e la conoscenza di intere generazioni. Una prosa senza interruzioni di riga, ma che preserva qualità poetiche di alto profilo, un insieme di immagini, di parafrasi, di rime, di metafore e di altre figure retoriche che, man mano che si va avanti con la narrazione, rifioriscono, si fanno poesia. Il clima che si respira, leggendo queste pagine, ci dà, appunto, il senso della dignità umana in ogni sua forma. A cominciare dai personaggi omerici che sono molteplici. Secondo la studiosa Anita Seppilli, esperta di studi antropologici, dietro ognuno di loro c’è un mito formatosi attraverso i secoli, i cui fattori umani si sono incisi e sublimati nella visione umanizzata di un fatto prototipico del mondo. Sulla stessa linea si pone Emanuela Sica quando dice che i valori che più contano per l’uomo e per le donne, nei poemi omerici, sono quelli della società aristocratica della Ionia: il coraggio, l’astuzia, la magnanimità, la bellezza, la forzo fisica, il nome e i possessi materiali. A grandi linee, i gruppi di personaggi dei poemi esaminati della Sica sono tre: gli dei, gli eroi, le loro donne. Il libro si snoda in sette brevi capitoli: a chiusura di ognuno ritroviamo un inedito componimento poetico della stessa autrice.
Subito dopo “Un sortilegio”, poesia posta come introduzione, la Sica ci guida verso un mondo che, come si accennava innanzi, pur essendo molto distante da noi, conserva per intero il suo fascino onirico. Una specie di diario poetico riassuntivo di un’epoca appunto caratterizzata da guerre, migrazioni, scoperte, intrighi, da amori anche impossibili, cioè da quella inquietudine da cui poi sarebbero nate e fiorite leggende, giunte fino ai nostri giorni in quanto all’origine della nostra stessa cultura. Vediamo, quindi, in una cornice storica, questa società; la posizione dei vari personaggi e quella non meno importante delle loro donne, passando dalla prosa alla poesia…
Mentre Edipo era un fanciullo, i suoi genitori decidono di andare dall’oracolo per chiedere le sorti di questo loro figlio, Questi, l’oracolo, si pronuncia e dice che il fanciullo (Edipo) avrebbe ucciso il padre, sposato la madre e che sarebbe stato la rovina dell’intera città (Tebe)… Ade/ nulla riusciva a percepire/ nulla/ nel sonno più profondo/ l’oscuro presagio/ la morte/ solo smarrimento/ lo sguardo di Edipo/ l’anima che sprofonda/ fredda/ la sua paura esplode// (…) Giocasta/ mio nettare/ vieni in mio aiuto// (…) Eccomi Signore: una voce/ la speranza/ il miraggio / non poteva essere che lei// (…) L’attesa/ speranza mai svanita// (…) Giocasta sei tu?, domanda, dopo pochi istanti, lui e… un vortice d’acqua/ distrutti/ lo divora!/ Sanguina.// Il trapasso/ infine/ una voce gli da il benvenuto: questo è il mio regno sommerso// alla fine una luce/ il fluido della vita/ figlio mio, gli sussurra una donna, e lui: Mia Signora/ avrete altri bambini/ questo (figlio) non è mai nato./ L’abbraccio/ gli occhi che si aprono/ la profezia dell’oracolo di Delfi/ non si è avverata… Dopotutto: si era trattato solo di un sogno/ e una volta sveglio/ eccolo di nuovo nelle sue braccia di madre/ come prima/ dopo un solo attimo/ più di prima.
Medea, la strega rabbiosa, la donna disposta a uccidere i propri figli pur di consumare la vendetta contro il suo amato Giasone. Ecco Medea, che, in punta di piedi, ci viene incontro/ sembra una donna crudele/ gelosa e possessiva/ Glielo si legge negli occhi/ che al solo apparire/ si lascia andare/ alla più cocente passione/ fino ad autodistruggersi insieme all’uomo che ama. Ma forse ha “solo fatto finta” di uccidere i suoi due figli lo si legge nei versi: Sul suo nome fecero calare/ l’ingegno macabro/di uccidere il sangue del mio sangue/ e incolpare/ la madre Probabilmente lo ha fatto per punire il suo uomo/ meschino/ rivelatosi incapace di corrispondenze.
Orfeo, affranto dalla perdita dell’amata Euridice, tentò la più ardita dell’impresa, quella di riportarla in vita dal regno dei morti ma troppo impulsivo e innamorato. L’amore folle/ l’amore che non guarda in faccia nessuno/ che non salva neppure le apparenze/ amore senza fronzoli e senza orpelli/ che spinge fino all’inverosimile/ fin nelle braccia del suo Orfeo/ il più famoso poeta e musicista che la storia abbia mai avuto/ che gli appare in tutta la sua bellezza/ mai sazio/ capace di bere alla stessa fonte/ anche dopo essersi prosciugata. // …Orfeo/ per amore suo/ lei ha cercato di ingannare finanche Dio/ senza riuscirvi!
La Sica ci descrive le trasformazioni dei personaggi, tra cui quella di Dafne, che per fuggire dal dio diventa una pianta di alloro. L’amore e la mancata corrispondenza/ un laccio che stringe e costringe e infine soffoca il dilagare dei sentimenti/ che si ciba dell’amore dell’una e dell’altro/ continuamente./ Ecco, Daphne e il suo persecutore Apollo./ Lei figlia e sacerdotessa di Gea/ la Madre Terra e del dio fluviale Peneo./ Lui figlio di Zeus/ figlio infelice del dio dell’amore/ di cui innamorarsi perdutamente./ Ma lui non la ama/ così, lei reagisce/ pur di porre fine alle corrispondenze si fa albero/ rifiuta i suoi baci e le sue carezze/ si fa legno.
Quello di Ulisse è il poema di un uomo solo e di molte donne: la ninfa Calipso, Atena, Nausicaa e infine Penelope. L’Odissea che cerca di tornare alla sua Itaca, per congiungersi alla moglie e al figlio, viene trattenuto dalla “veneranda” ninfa Calipso, la quale vorrebbe sposarlo; da Atena, che dice che egli vive su un’isola ricca di boschi dove ha dimora la figlia del terribile Atlante: La figlia su cui trattiene quel misero, afflitto/ e sempre con tenere, maliose parole/ lo incanta/ perché scordi Itaca”. Niente male, questo nido d’amore di Calipso! Segue Nausicaa, la quale non si fa troppi complimenti quanto dice: mi piaci molto, e anche se ho moltissimi corteggiatori, preferirei te a loro come sposo (…) però prima devi chiedere la mia mano ai miei genitori… e infine c’è lei Penelope, la scintilla che farà nascere i poemi omerici: senza di lei, almeno nel mito, non saremmo neanche noi oggi a parlarne. Penelope, colei che rappresenta le radici ideali dell’uomo, la casa, il luogo del ritorno ciclico, che ci rimanda alle origini, alla patria stessa. Ulisse/ dopo Troia / in ritardo di dieci anni / e i suoi rivali in amore/ Itaca/ e i suoi nemici dentro e fuori le mura di casa/ quello di non cedere alle richieste del suocero Laerte/ quello che subisce l’ascolto degli Dei/ l’immortale! Altrettanto immortale è l’immagine che abbiamo di Penelope/ lei e la sua tela/ tessuta di giorno e disfatta di notte/ in attesa del suo Odisseo e dei suoi non luoghi/ i suoi morti sul mare/ il suo passato/ un viaggio lungo nel tempo/ in un mondo familiare eppure ostile/ nemico./ L’Odisseo// Penelope e la sua assenza/ con Laerte che consiglia alla figlia di risposarsi/ Lei rifiuta/ non può/ Ulisse è pur sempre suo marito/ Allora non resta che attendere/ di versare lacrime che bagnano/ senza far rumore/ la sua stanza/ onde che impazzano/ senza Ulisse neppure Itaca si sottrae/ solo con lui la sua anima si consola! In questo viaggio/ l’attesa/ così oggi siamo noi ad attendere Ulisse/ ad andare da lui/ a chiedergli di tornare…
E poi l’amore che narra se stesso fino a lasciarsi morire. È la travagliata storia di Giulietta e Rome. Un amore impossibile di due giovani reso celebre grazie al famoso dramma Shakespeariano. La tragedia, divisa in cinque atti, ambientata a Verona. L’amore che s’intreccia col volere delle stelle/ Il posto più sicuro di due persone che si sono giurati l’eterno amore/ fino alla morte./ Il nostro principio e la fine di ogni cosa…