OLOBIONTI DI VALERIO INNOCENTI
La raccolta di Valerio Innocenti dal titolo “Olobionti” (L’Ancora) costituisce la prosecuzione coerente di un percorso poetico iniziato da qualche tempo, che ne conferma la maturità espressiva e un dominio della materia emotiva non comuni e anzi fecondo di sorprendenti sviluppi poematici. Invero, lo stesso titolo della raccolta rappresenta la “bussola” utile a orientarci nel nuovo lavoro di Innocenti: ”Olobionte” è definito, nel linguaggio scientifico, quell’organismo caratterizzato dalla convivenza simbiotica di agenti biologici che non condividono lo stesso DNA; in altri termini, qualsiasi entità vivente caratterizzata da un proprio codice genetico e, come tale, dotata di una carica virale e batterica. Nel testo eponimo, che conclude la raccolta, l’autore avverte che è perfettamente inutile costruire barriere e sistemi artificiali di isolamento, perché in una organizzazione collettiva più o meno complessa il contatto tra organismi biologici è inevitabile, con tutte le conseguenze che ne possono derivare. Evidente è il richiamo all’attuale situazione sanitaria che ha determinato a più riprese l’introduzione di misure di isolamento. Allargando l’orizzonte della nostra riflessione, se “olobionte” è ciascun individuo facente parte di una societas più o meno complessa, nella raccolta di Innocenti è agevole constatare la non casuale presenza di personaggi tratti dalla vita reale conosciuti dall’autore o, in qualche modo, frutto di rielaborazione fantastica e tali personaggi che possiamo definire, con termine mutuato dall’antico linguaggio teatrale, “dramatis personae” – maschere protagoniste di una rappresentazione ora tragica ora umoristica – sono sempre raffigurati con lucidità e calcolata partecipazione nella loro singolarità creaturale. Ma è possibile anche un’ulteriore lettura del titolo della raccolta: a ben vedere anche il testo poetico può essere definito un “olobionte” e cioè un organismo caratterizzato dalla convivenza simbiotica di agenti segnici (e non biologici), che non condividono lo stesso codice generativo (l’autore). Chi infatti può negare l’unicità e l’originalità della composizione poetica? In definitiva, l’autore ci sta dicendo che il suo libro parla di “olobionti”, che sono persone che ciascuno di noi può incontrare nella vita di ogni giorno, ma, nel contempo, ci avverte che, per parlare di questi individui, fa uso di un mezzo espressivo particolare, un “olobionte” chiamato poesia. Sul versante delle scelte stilistiche, segno distintivo della poesia di Innocenti è da sempre quello che si potrebbe definire, con formula sintetica ma indubbiamente efficace, il “cantabile basso”, ottenuto, per un verso, facendo “conflagrare” fatti di cronaca reale, spesso anche drammatici, con un lessico ricco e alquanto articolato, che attinge in parte alla lingua comune e in parte ai linguaggi specialistici (mi riferisco non solo a quello letterario, ma anche a quello medico, scientifico e simili), per l’altro, attraverso l’utilizzo costante di una rima dall’effetto sincopato. Ne deriva, laddove sia evidente la consistenza tragica o dolorosa della materia trattata, un costante effetto di straniamento: emblematici testi come “Né mente né cuore decide”, “Torture invano”, “Invano scherani”, “Efferato” e simili. Difficile rinvenire nella tradizione italiana precedenti a una poesia con tali caratteristiche, forse lo sguardo va rivolto fuori dai nostri confini, e allora uno dei nomi che potrebbe essere suggerito – con tutte le debite differenze a partire dalla diversità di collocazione storica e geografica – è quello di Jules Laforgue, seppure la poesia di quest’ultimo presenti quella sostanza grottesca che mi sembra assente nel lavoro del nostro autore. Per quanto attiene alle scelte metriche, come si potrà notare, sono ricorrenti l’endecasillabo e il verso breve (senario o settenario) e, per questa parte, possiamo dire, senza tema di dubbio, che la migliore tradizione italiana la fa da padrona. Volendo trarre qualche conclusione, possiamo affermare che l’ultimo libro di Innocenti, pur muovendosi all’interno di una linea personale di coerenza tematica e stilistica, si caratterizza per quegli elementi di novità che in precedenza abbiamo sottolineato e presenta indubbiamente un’originale forza di suggestione e carica emotiva. Massimo Dalle Luche
Postfazione