GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA: POETI RUSSI ED UCRAINI
In occasione della giornata mondiale della poesia, Italian Poetry si propone di rilanciare il messaggio autentico della cultura che aspira a porsi come occasione per superare gli odi e le contrapposizioni e a creare ponti tra posizioni distanti e incompatibili. In questo senso noi pratichiamo e proponiamo la poesia come dialogo tra tutti gli uomini, al di sopra degli schieramenti politici e delle ideologie. Mentre condanniamo in assoluto la follia della guerra, riteniamo fondamentale non ostracizzare gli artisti e gli scrittori per le scelte e le colpe dei loro governi e in questa giornata ufficiale decisa dall’Unesco perciò proponiamo una serie di poeti russi e ucraini (in ordine alfabetico) come testimonianza della comunanza imprescindibile di valori che sono al di sopra di qualsiasi occasione di scontro e di violenza, come istanze e bisogni comuni a tutti gli esseri umani. Le traduzioni e gli adattamenti dei testi che offriamo in lettura sono a cura di Paolo Ruffilli.
Eldar Alikhasovich Akhadov, Yurii Ihorovych Andrukhovych, Natalka Bilotserkivets, Evgenij Aleksandrovič Evtušenko , Elena Nikolayevna Fanailova , Aleksandr Nikolayevich Karpenko, Lina Kostenko, Yulia Musakovska, Victor Neborak, Vera Anatolyevna Pavlova, Ol’ga Aleksandrovna Sedakova, Elena Andreevna Švarc, Oksana Stefanivna Zabuzhko, Yury Alexandrovich Zavadsky
Eldar Alikhasovich Akhadov
TRA
Tra Scilla e Cariddi, tra sinistra e destra, tra male e bene, che a ben guardare è anch’esso un po’ malvagio, soltanto in una forma più sofisticata: la voce si fa sotto, urla, pulsa, cerca di distinguere bene da bene, senza mai mollare. E tu le vai dietro al buio nella fragile barchetta della tua coscienza tra le coste sconosciute del passato e del futuro. Nel presente, che non è e non può essere…
A PROPOSITO DI DOMANI
L’infinito “domani”: “vieni domani, lo farò domani, telefoneremo domani, ci vedremo domani, arriveremo domani…” non c’è numero o coscienza per questo “domani”. Bugie assolute. Non appena qualcuno inizia a promettermi qualcosa per “domani”, ecco: questa persona è morta già per me. Perché sta mentendo. “Domani” e “mai” sono la stessa cosa. Verificato dall’esperienza di tutta la mia vita. Tutto è fatto o “adesso” o… “torna domani”. E tornerai domani… e immediatamente ti spiegheranno volentieri che “domani” non è “oggi”. È SEMPRE domani.
Yurii Ihorovych Andrukhovych
IL SEPOLCRO
ed eccoci riuniti tutti quanti la famiglia intera
quando nel cimitero i custodi hanno spento
il lume incerto dietro all’ultimo di noi
ci siamo incontrati di nuovo come al tempo
del gioco in borsa
delle corse in carrozza
dei balli di domenica al club fuori città
ma siamo coricati sul duro pavimento
sotto una spessa lastra di marmo
pesante per le foglie secche e per la pioggia
in compagnia comunque dignitosa
a destra con un magnate dello zucchero
a sinistra con un tenore d’opera
e non sentiamo l’acqua che scorre né il vento sibilare
ma a volte in una notte sorda noi tremiamo
quando i giovani intonano qualche canzone
tornando nei loro sobborghi di operai
a tarda ora da ballare
Natalka Bilotserkivets
L’AMORE A KIEV
Più terribile è l’amore a Kiev che
Le romantiche passioni veneziane. Volano
Leggere le farfalle colorandosi ai raggi della luce –
In fiamme le brillanti ali dei bruchi morti!
La primavera ha acceso le candele all’aroma di castagna!
Il gusto tenero del rossetto a buon mercato,
L’innocenza audace delle minigonne,
E certe acconciature, il taglio non è mai perfetto – Eppure
Immagini, memoria e segni ancora emozionanti…
Tragicamente ovvio, come l’ultimo successo.
Ma morirai per il coltello di un farabutto qui e
La pozza del tuo sangue si allargherà come la ruggine
In un’Audi nuova di zecca in un vicolo a Tartarka.
Piomberai giù dal balcone qui, dal cielo,
Giù a capofitto nella tua piccola sporca Parigi
Vestita della candida tua camicetta da segretaria.
Non puoi distinguere i matrimoni dalle morti…
Perché l’amore a Kiev è ancora più terribile
Delle Idee del Nuovo Comunismo: gli spettri
In quelle notti inebrianti vanno emergendo
Giù dal Monte Calvo, portando in mano
Bandiere rosse e vasi di gerani rossi.
Morirai per il coltello di un farabutto qui,
Piomberai giù dal balcone qui, dal cielo,
Su un’Audi nuova di zecca in un vicolo di Tartarka
Giù a capofitto nella tua piccola sporca Parigi
La macchia del tuo sangue si allargherà come la ruggine
Su una candida camicetta da segretaria.
Evgenij Aleksandrovič Evtušenko
GLI EREDI DI STALIN
Stalin crede che la morte sia rimediabile.
L’abbiamo tolto via dal Mausoleo.
Ma come si fa a togliere Stalin
ai suoi eredi?
Raccolgono rose gli eredi, licenziati,
ma in cuor loro credono solo
di essere in pensione provvisoria;
ce ne sono poi altri tra gli eredi,
altri che gridano contro Stalin
da pulpiti e tribune,
e piangono di notte sui bei tempi.
Oggi piovono infarti!
Per forza che gli viene poi l’infarto!
Un giorno furono sue ruote
e ora non amano questo tempo in cui
i lager restano vuoti
e sono invece piene le sale, dove
la gente ascolta la poesia.
Il Partito ordina: “Non startene calmo!”
E altri al contrario: “Calmati, basta!”
Ma non so stare calmo io e finché
esisterà un erede di Stalin
a me sembrerà che nel Mausoleo
ci sia proprio ancora Stalin.
…
Elena Nikolayevna Fanailova
POESIA PER ZHADAN
Sarà la tua morte questo (mio) paese
la sua militare matematica
i suoi servizi segreti
i suoi inganni e le sue macchinazioni
la sua mancanza di scrupoli
la sua abitudine a mentire
Ma mi piace la tua furia
Dubito che raggiungeremo mai un accordo
con queste creature, demoni imperiali
Strappa loro l’organo della parola
o il tuo e il mio ci finiranno per strappare
dalla ragione comune
La nostra certezza
è che parlano di quello
di cui parliamo noi
La nostra certezza è nel discorso
Il nostro corpo non deve essere fatto
ostaggio subito da loro
Sii più astuto
Voglio che tu sia sano e salvo
al centro del fuoco infernale
Impiega delle spie
Arruola i traditori
Tieni una pistola sotto il cuscino
Colpiscili sotto il ginocchio,
tagliagli i tendini
Altrimenti non ce la faremo
Siamo traditi da ogni parte
Solo tu
non tradisci me
Fidati di me
altrimenti non ce la faremo
Siamo il cervello di questa guerra
Tutto dipende solo da noi
Figli delle periferie
portiamo mazza e tirapugni in tasca
teniamo le parole importanti nel nostro cuore
per il requiem di soldati e banditi
Aleksandr Nikolayevich Karpenko
PARLA CON ME, ERBA!
Vorrei che tu parlassi con me, erba verde.
Mi chiedo dove trovo la forza ancora –
Ricordo solo tutto ciò che ho ormai perduto,
Non posso dimenticare il doloroso mio passato.
Dimmi che ore mai hai tu trascorso
E qual è il tuo più grande desiderio –
Vedi, anch’io ero finito dentro il fuoco,
E anch’io, come te, tutto bruciato!
Ho anche pagato un prezzo alto:
Pensavano che fossimo già morti –
Ridotti tutti in cenere –
Ma dal blindato di guerra che era distrutto,
Come un’altra fenice, ci siamo noi rialzati.
Accontentati dunque dei giorni che trascorri.
Aspettali tutti, festivi e feriali che siano.
Non trattarmi in modo severo.
Vorrei che parlassi con me, cara erba!
Lina Kostenko
CHE SIA LIEVE
Che sia lieve. Come il tratto della penna.
Che sia eterno. Come splendida memoria.
Questa luce bianca – una scorza di betulla,
e nei giorni scuri debolmente bianca.
Ha già provato oggi a nevicare.
L’autunno soffocava per il fumo.
Che resti amaro. Come il ricordo che ho di te.
E sia però lucente, come il più vivo tra i ricordi.
Che non si svegli a un richiamo di tristezza.
E che il dolore non si desti da una lettera.
Che sia lieve. Pur essendo solo un sogno
che ha sfiorato la memoria con le labbra.
Yulia Musakovska
NON BACIARMI SULLA FRONTE
Non baciarmi sulla fronte come un cadavere, due volte
appassiti gli occhiali e gli occhi stessi. Medicine mischiate
a dolci, le pagine del libro gialle come la sua pelle.
Versa nel vuoto alcune delle sue preziose storie.
Considero tutti i protagonisti vecchie conoscenze.
Ufficiali del KGB accovacciati sullo stesso letto d’ospedale,
con lucide scarpe ungheresi – avrebbe anche ucciso
per procurarsele. Sguardo beffardo. Aveva detto:
questi Beatles, questo dipartimento di lingue straniere,
non ti serviranno a nulla. Tutto questo è per gli eletti,
non per gli orfani o per i parenti poveri. E si nascondeva
come il formaggio nel burro, silenzioso come un topo.
Gente come te la catturavamo nei vicoli, la sradicavamo,
E alle persone rispettabili piaceva, cosa rispettabile per loro.
L’avrebbe fatto per suo figlio. Per una pera, per carne viva e calda.
Vedo anche quella donna, la sua bocca storta e luminosa. Le sue
gambe da ragno, porcellana puntinata, arnesi in metallo.
Un appartamento ammuffito con soffitti troppo alti.
Ma è lui che vedo il più chiaro di tutti: forte, con una chitarra.
Con gli occhi spalancati e i pollici nelle tasche dei jeans.
Con migliaia di pagine memorizzate.
Con un volto aperto al mondo. Acqua scura e profonda.
Non per una ragazza, non per una disputa –
per il libero scorrazzare delle braccia,
per un’onda alta, anche se non sopra la spalla.
Victor Neborak
LA GABBIA CON IL LEONE
Il leone è chi emana fiori di sangue,
baffuto Maupassant, morte con la criniera,
aspira le belle donne oltre le sbarre
e lecca l’elastica soavità dei loro ventri.
Fluttuano i capelli in mezzo ai ferri,
i loro fianchi si muovono tremanti,
le loro dita nella criniera come nel bosco
sono camosci pavidi, goccioline amare,
le gole di cristallo, gli occhietti
torbidi, le vivaci lingue…
S’intreccia dolce un sospiro alla criniera,
urlano le leonesse, i giovani si fanno pallidi.
Vera Anatolyevna Pavlova
PENSO CHE SARÀ INVERNO
Penso che sarà inverno, quando arriverà.
Dal candore insopportabile della strada
apparirà come un punto così nero che lacrimano gli occhi;
il punto si avvicinerà per molto e molto tempo;
la sua assenza sarà commisurata alla sua venuta,
e per molto tempo il punto rimarrà un punto.
Un granello di polvere? Bruciore agli occhi? E ovunque
ci sarà la neve, nient’altro che neve;
per molto tempo non ci sarà nulla;
poi tirerà su la cortina di neve,
acquisterà volume e le sue tre dimensioni,
continuerà ad avvicinarsi, sempre più vicino…
Questo è tutto, non può avvicinarsi di più, eppure continua ad avanzare,
ormai incommensurabile..
Ol’ga Aleksandrovna Sedakova
NIENTE
Impotente,
assolutamente impotente,
come il niente
ancora non sfiorato dalle mani creatrici,
mani di speranza,
al cui effetto calamita
si solleva il virgulto dalla terra nera,
si solleva Lazzaro morto da quattro giorni
avvolto mani e piedi
nel suo sudario funebre
il sudario più morto della morte:
il niente,
assolutamente niente,
anima mia! taci,
finché anche tu non ne sia toccata.
Elena Andreevna Švarc
COSA VOLEVO
Lo so bene cosa volevo
e adesso più non lo voglio.
Volevo il tormento e la gloria
e cadere nelle mani del boia.
Bruciando i miei poveri giorni
con questo caustico marchio,
la fine darebbe luce all’inizio
e troverebbero un senso.
La vita come un topo è scappata,
non c’è il tempo neppur di volere.
Ma nella prossima vita mi voglio
papavero col suo narcotico fiore
e in un giorno d’estate, quasi fosse
l’eterno, inebriarmi di me,
non amando o ricordando nessuno,
e risuonare nel silenzio interiore.
Lo so bene cosa un tempo volevo,
ma è meglio voler questo per me
e per l’effetto dell’oppio
cancellare così la coscienza.
Oksana Stefanivna Zabuzhko
AMORE
Come l’acqua scorrono gli abbracci,
Una luce notturna ci divide le ombre…
Non c’è sacrificio o passione né dono –
Lo sforzo soltanto per restarsene in vita.
Inarcato sulla mortale agonia
Di città infestate da radiazioni
Brucia l’evanescente contatto
Delle nostre braccia intrecciate.
E finché dura questo sole notturno,
E questi brevissimi lampi,
Ama, urla e trema
Nel momento finale
Dal limite estremo!
Infrangendo gli specchi notturni
Come ritratti dalle cornici fuori usciamo –
Il respiro è cenere calda che raschia
Uscendo di bocca…
È come se noi sussultassimo
Con i polmoni trafitti,
E dure si fanno le impronte dei corpi
Nel calore dell’aria accartocciata.
Da dove mai viene, e come, e perché,
Questa pallida luce al soffitto?
“Guarda, amore, dalla finestra: che c’è fuori?”
Ha guardato e risposto: “Il deserto”.
Yury Alexandrovich Zavadsky
SORPRENDENTE
Sorprendente come i sentimenti dipendano
dalla pressione del sangue. L’elettricità nel mio corpo
mi impedisce di starmene fermo. Mi costringo.
Nervosamente le dita scorrono sulla tastiera.
I versi liberi si mutano in sogni ad occhi aperti.
I tuoi SMS mi accompagnano i passi. E non è che
non voglio parlare, non ho niente da dirti.
Il giorno è già perso, non c’è pillola a riportarcelo indietro.
Rimane a fine giornata il fastidio della stanchezza.
La notte col suo sogno inquietante non si può ricordare.
Sembro felice a sentire il calore della tua vicinanza
e le tue dita poi su di me. Ah, questi giorni senza radici
come i miei versi non fanno che riempirmi di alcol.
Oggi, poi, il giorno intero resta mattina.
Una nebbia fredda, le sue gocce sospese nell’aria.
Lo spazio vuoto d’autunno. Mi sembra di essere
felice accanto a te. Mai mi sono sentito tanto
calmo e sicuro. Esito, però, se tutto sta andando
così bene, e quando questi giorni saranno passati,
me li ricorderò come i migliori.
– Chiudi gli occhi e rilassati, non senti?
– È autunno: ci cala addosso la malinconia.
– Sono io, con questa mia crisi temporanea.