LA POESIA DI VENEZIA IN NOOTEBOOM
Cees Nooteboom dedica a Venezia un fitto libro di attraversamenti, di immersioni, di scoperte, di ricordi: Venezia, il leone, la città e l’acqua (Iperborea, pp. 256). Le molte facce e i molti misteri di questa “città liquida” caratterizzata “dalla sovrabbondanza di storia e di bellezza” affascinano da sempre il gusto sensibile di questo “olandese volante” e stimolano la sua insaziabile curiosità. Dopo una pratica di visite e periodici soggiorni nell’arco di cinquant’anni, uno dei grandi viaggiatori e degli autori più sottili e raffinati del nostro tempo si unisce a “una conversazione che si protrae nei secoli” tra gli scrittori, da Ruskin a Proust a Rilke a Byron a Goethe a James a Pound a Brodskij, solo per citarne qualcuno. Con “le pietre di Venezia” ha un rapporto privilegiato anche Nooteboom, che le sente simbolo di quella prospettiva eterna altrimenti impossibile da marcare in un discorso astratto, perché solo “una città che esiste da più di mille anni è forma tangibile di eternità”. In questo suo libro che sta tra il memoriale e il diario, entrambi atipici, si dichiara in particolare la magia delle pagine in cui è la vocazione di poeta dell’autore a illuminare le immagini e a dare loro la pronuncia musicale che arriva fin nei precordi del lettore. Nel legame straordinario tra antico e presente, eccoli risaltare tra le righe i tanti segnali di questa città seduttrice: il fluire dell’acqua, l’ondeggiare delle alghe nei canali, l’iridescenza delle luci riflesse, il gioco delle ombre, i veli merlettati delle foschie. Proprio a proposito della fata morgana della nebbia (“caligo” in dialetto veneziano), è illuminante un breve passaggio che emblematicamente allude alla natura arcana e mai del tutto decifrabile di Venezia: “lo sciabordio dei remi, l’acqua salmastra ferma e scintillante, la visione in lontananza ancora velata, la città avvolta nel suo segreto”.