UNA POESIA PER DANTE 2
Pasquale Balestriere, Mario Baudino, Carla Baroni, Gabriella Bertizzolo, Michele Brancale, Fabio Dainotti, Tommaso Di Francesco, Franco Dionesalvi, Roberto Donati, Sandra Evangelisti, Lucia Gaddo, Paolo Fabrizio Iacuzzi, Valerio Innocenti, Gabriella Paci, Laura Pierdicchi, Sacha Piersanti, Gian Paolo Roffi, Valeria Serofilli, Alessio Vailati, Gian Mario Villalta, Stefano Zangheri, Lucio Zinna
Dante di Pasquale Balestriere
(a Firenze, di domenica, Lungarno)
Anche volavano rondini allora
quando Corsi e Donati insanguinavano
Firenze e tu svolgevi
tenzoni con Forese.
E già l’Arno ostendeva ponti e scuri
pesci alle rive. Ferivano frecce,
tagliavano la vita spade e picche,
messi scorrevano spesso con nunzi
feroci o fallaci. T’ardeva in petto
la vita. E perciò fosti pura carne
d’esilio donde invano
sempre alla patria il cuore protendesti.
Carmi fioristi con pane salato,
l’angoscia dell’escluso
fu poi che ti ridusse a nera terra
infine riposata da procelle.
Inferno, Canto XXVIII di Mario Baudino
Sì, se proprio bisogna, taglieremo
non sarà poi gran cosa, alla fine
c’è la possibilità che non faccia troppo male
E se propria bisogna, taglieremo
nudi e più liberi persino di quanto
non paiano le gemme o i fiori timidi del ciliegio,
e tutto quel che si va dicendo per analogia
della natura che sfolgoreggia
Dunque se proprio bisogna taglieremo
ci spiccheremo il capo dal capo
faremo noi di noi stessi lucerna
con tutti i nostri cattivi consigli (pessimi anzi, che altro
può fare in fin dei conti il sirventese?)
in un inferno di corna lampeggianti
non privo di qualche minima gloria
estranei e remoti alla favola schiava
che percorriamo, ora, reggendo
il capo con la mano, dritti
al piè del ponte
(di tanta trista greggia, almeno questa
è la nostra di testa, se proprio bisogna,
è tanto difficile capirlo?)
A Dante di Carla Baroni
Nacqui d’Acquario, un trenta di gennaio
colmo di neve ed impetuoso vento.
Un giorno della Merla al cui racconto
tu accennasti quando in Purgatorio
la Sapia così si pronunciò:
come fe’ il merlo per poca bonaccia.
Ma è velato il tuo riferimento
ed io a tanti anni dal liceo
nemmeno ricordavo i versi tuoi.
Se avessi detto tu che quella merla
da bianca a nera si mutò improvvisa
perché si rifugiò in un camino
io non avrei scordato la Sapia
né degli invidiosi dalle cucite
palpebre la rocciosa aspra Cornice.
Vae misero mihi di Gabriella Bertizzolo
Vae misero mihi, peccai di gola!
In questa pandemia che ci trasvola
– inferno per i baci e per gli abbracci –
vae misero mihi, peccai di gola
con schiacciate, zuccotti e castagnacci!
Il vuoto dello stomaco ho riempito
ma non quello dell’anima, – versacci! –
Così con dolente animo contrito
a purgare il mio spirito ho iniziato,
orando e digiunando all’infinito.
Improvvisa nel cielo blu squarciato
fulgor misericordiae, ecco, fuoriesce:
e il mio cuore ne resta contagiato.
E come Giona uscito dal gran pesce,
sono sgusciato dal vischioso saio:
donando agli altri, la mia gioia cresce!
L’aiuola che ci fa tanto feroci di Michele Brancale
Da modella, discetta in passerella,
è giovane ma vecchio il continente.
La veste policroma si è ingrigita.
Sa fare bene i conti, chiude gli occhi
e stupisce il suo senso non materno.
Come cemento il mare la circonda.
Prescrive il digiuno agli anoressici,
lei che più non sente il cuore compunto.
L’investitura di Fabio Dainotti
quel che vedi,
ritornato di là, fa che tu scrive
Dante Pg XXXII 105
Anche perché ebbi una sorta d’investitura, una missione,
come Dante, l’Alighieri, (A li pieri,
storpiava il suo nome, per celia, un ragazzo napoletano),
a cui Beatrice disse, a un di presso, così:
“Quello che vedi, quando torni, scrivi”.
Quando fuggimmo di casa, io e gli altri due miei fratelli,
Max, il maggiore, mi disse, con grande serietà,
tutto compreso del messaggio:
“Un giorno le devi scrivere, queste cose”.
La fuga intendeva dire, ma
anche tutto il rimorso, la paura,
il senso di colpa,
quel peso insostenibile sul petto.
La battaglia di Campaldino di Tommaso Di Francesco
Sono vago e promesso, controllo nelle notti
lucentezza, materia del pube rosso fiamma,
eppure ferite, spazi spenti appaiono, bianchi
stanno silenti, potrebbe succedermi di tutto
nelle rovine a specchio di città fiorenti vicine.
E invece non ruberò a nessuno parola nova,
in fuga, asilante ringhioso di lontani ritorni,
via dal comandato male, dalle scale e dal sale
conseguo mie vittorie mie in appartamenti.
Al lamento, voce dialetto dei fraterni sconfitti
dal dominio che anima disaccordi delle anime,
fanno eco trafitto di sangue al combattimento
di corpi intestino, la battaglia di Campaldino
fissa nella memoria, a cui da giovane armato
e risoluto io forse ho preso parte e partito.
Il fosso di Franco Dionesalvi
E cieli mi impedivano il passaggio
al pugno divampante del più nulla.
Sulla carta rappresa di montagna
strisciava la pupilla dilatata:
vi vidi un uomo che estirpava con le mani
brandelli della sua carne grumi del suo cervello
li scagliava sulla neve perforavano la corteccia
sprofondavano gemendo, fumando;
lui stava in ascolto della vertigine del mondo,
quindi ho perso conoscenza.
Int.Aeroporto Dubai/mattina presto di Roberto Donati
Bambino,
ero sicuro la fica galleria di talpe
punto e virgola fra la piccola morte e la grande
sbuca tende alla luce alla stregua di cicale
aggrappate ai rimasugli del giorno.
Uomo,
senza più sicurezze è solo
nel percorrerla avanti e indietro e ancora
finalmente so chi non sono se non
una macchia di stelle covata anche questa nell’abbraccio di un buco nero e
lo hanno chiamato cielo o Beatrice.
(che fica la Commedia!)
Spalanchi pozzi di vertigine sprofondi
là dove la vita è vita
sei la Poesia?
Il viaggio di Sandra Evangelisti
Quell’io punto di luce all’infinito,
quel viaggio che accompagna
in terra e in cielo
e la natura, il canto, la realtà
tu ci hai donato.
Il bene e il male
condizioni naturali dell’uomo
Tutto oggettivo e non frutto
del soggetto.
Così il tuo viaggio è viaggio di ogni uomo
Il canto storia e realtà incarnata
naturalezza del poeta.
Ai gravi cembali terreni di Lucia Gaddo
Parli chi è tornato e dica di là che c’è.
Lo dica in parole pregne, in verbi di verità. Di là non è silenzio
ma umanità che grida il cuor suo vissuto
che ha malo modo amato e poco perdonato.
Vi è chi vita e pure morte ha dato.
Chi torna palesa amore dall’infinito amore che soppesa
l’anima, d’altri gravida, d’ogni altro appesa
come luna fra i rami in foresta d’orgoglio
che la dritta via disperde nelle bore delle passioni inquiete,
soffiano dai bordi delle solitudini
e le deborda il naufragar di pena
arresa ai moti stanchi degli affanni.
Alla primiera giovinezza torna l’anima, gravida di eventi.
Tre canti una Commedia di Paolo Fabrizio Iacuzzi
Per il “Paradiso” di Giudici
Dal sommo smalto venne in primavera. Ma quelle
stelle non chiesero il permesso. Claudicanti appena
lui o il chierico o il letterato che nell’ascesa gli furono
compagni. Ora in pietra quello smalto tutto lo riveste.
Due rughe solo in faccia scoprono la smorfia in una scusa.
Ironia davvero. Lui smaltato ora da quello smalto giunge
qui per abbandono. Suo Carlo Martello e con la Falce
insieme. In lotta nel Novecento attraversato. E una pura
fede sbarrata. All’improvviso traversando nei tre canti
per tre Regni. Per dare a ciascuno la Commedia. In pillole
di carta. Nell’istante in pietra sopra elevato da Medusa
con l’Erinni. Ed il Malaspina che l’accolse. L’antenato
vicino a Spezia che gli fu dimora. In attesa di resurrezione
la giacca a quadri. La vita spinata in grigio per campare.
Nel cuor ferito di Valerio Innocenti
Non da feditore,
non da freccia o destriero,
ma da turpi faide
fu nel cuor ferito.
Tra sdegno e stupore,
fuggiasco e forestiero,
da divine e laide
forze fu nutrito.
A Gradara di Gabriella Paci
Tracima il verde nel rigoglio di vita
che erompe dalle pieghe dei monti
giù fino alla viva roccia scoscesa
e a valle, dove papaveri rossi
occhieggiano fragili e indomiti
in attesa della falce sul grano.
Nell’alcova, giù nel castello,
tra le coltri dorate si disserra
repressa passione fragile e indomita
nel bacio di colpa che brucia le labbra,
che toglie il respiro, il senno, la vita,
che tracima oltre l’orlo della
veste di seta, della pagina letta,
del grido vivo degli amanti impresso
nel cuore dalla spada che falcia:
sospiro d’amore sono Paolo e Francesca.
Beatrice di Laura Pierdicchi
La veste rosso e viola
copriva il corpo armonioso
per soggiogare il tuo sguardo
perso negli occhi di mare
un po’ velati di tristezza.
Il suo saluto
a sconvolgere il ricordo
di quell’angelo bambina.
Luce e coscienza
il suo spirito in te –
assieme perdutamente
in vita e oltre –
nel viaggio astrale
e nel tuo sentire.
Come se le ceneri di Sacha Piersanti
Contra miglior voler voler mal pugna
Purgatorio, xx, 1
Come se le ceneri dall’urna
fosse ancora vita che spaventa,
come se la neve alla tormenta
fosse essenza e non l’abbaglio
di bianco all’occhio degli umani
come se il fumo che mi serve
per pensare e scrivere e parlare
fosse già il tumore e non soltanto
l’invenzione comoda, il perché
a un certo punto poi si muore
come se davvero fosse tutto
così come lo schediamo
noi gran vermi a dire io –
a dimenticare che fu Dante,
non il contrario, padre a dio.
Di cerchio in cerchio di Gian Paolo Roffi
di cerchio in cerchio come per andare
di cerchio in cerchio come per uscire
di cerchio in cerchio come per provare
di cerchio in cerchio come per salire
di cerchio in cerchio come per vedere
di cerchio in cerchio come per udire
di cerchio in cerchio come per sognare
di cerchio in cerchio come per capire
di cerchio in cerchio come dilatare
di cerchio in cerchio come ritornare
Sguardo complice di Valeria Serofilli
(Omaggio a Paolo e Francesca, Inferno, canto V)
Sguardo complice
il furto di una vita
in quella mela / labbra rosse
Adamo ed Eva
clonati dal peccato / prima radice
rinati pallidi dalle pagine
di un libro / da quel bacio
unico / sia pur imitativo
A tanta passione / troppa condanna
Con Dante io vi comprendo!
L’amor che move il sole di Alessio Vailati
L’amor che move il sole e l’altre stelle:
forse per là si parte e mai si arriva
da che qualcuno disse “È morto!” e quelle
parole adesso van di riva in riva.
“È morto Dio!” si insiste e più non pensa
l’umanità schiantata in quest’inferno
ad ardere per quella luce intensa
che oltre se stessa splende e nell’eterno.
Era un’onda di ali di Gian Mario Villalta
Du mußt dein Leben ändern
R. M. Rilke
Era un’onda di ali, una schiuma bianca, uno stormo
di occhi appuntiti, di grida feroci che si abbatteva
sui tetti, sfondava vetri, insozzava terrazzi, era notte
improvvisa, e poi di nuovo il cielo nudo e inerme.
Era la sete, l’urlo sotto uno spesso lenzuolo bianco,
le mani a difesa del viso, terra sui davanzali, marmo
il nervo teso, i bicipiti, il torso chiaro nello sforzo
l’attimo prima, l’abisso dei secoli, Apollo, sì, un’altra vita?
Stasera con Durante di Stefano Zangheri
In questo sogno che la mente ha preso
cammini certo della tua bontade
come viandante nel ciel quasi sospeso.
In tua Firenze per le antiche strade
allarga il cor la tua figura altera
il passo che attraversa le contrade.
Ed è tempo di un’altra primavera
dov’anco il cor di un vate si stupisce
nel ricordar negli anni un’altra sera.
Quando il parlare tosco ti ferisce
dimenticando i tuoi servizi resi
e solo il tuo verso divino ti lenisce.
Ora puro di gloria e di ricordi offesi
sei qui col tuo parlare di poeta
a me che di tua arte poco appresi.
Indichi al mio cammino la tua meta
e parli di saggezze così grandi
che nella mente mia fanno cometa.
Dante a suggerirmi di Lucio Zinna
Quand’ero ragazzino di paese –
solitario e curioso – guerra alle spalle
fame tenuta a bada voglia di futuro –
fu un Dante prima che scolastico
(e ancora dopo) a suggerirmi che poesia
può dire tutto sorreggere in difficoltà
non guardare in faccia nessuno (e pagare
di faccia) traversare continenti del sogno
e restare concreta leggere nell’oltre
scavando qui sotto farci cittadini
della coscienza. Che si riscattano errori
si può tremare d’amore il cuore intenerirsi
(da naviganti che siamo traversando l’ore).
E anche versi legati a rigidi schemi
farsi liberi e volare.