UNA POESIA PER DANTE 1

UNA POESIA PER DANTE 1
Alberto Bertoni, Franco Buffoni, Ennio Cavalli, Gian Citton, Vittorio Cozzoli, Francesco Dalessandro, Massimo Dalle Luche, Claudio Damiani, Renzia D’Incà, Sara Fruner, Mauro Imbimbo, Franco Manzoni, Giovanni Parrini, Umberto Piersanti, Giuliana Piovesan, Giancarlo Pontiggia, Paolo Ruffilli, Nadia Scappini, Umberto Segato, Evaristo Seghetta

In memoria di Marco Santagata di Alberto Bertoni
Vorrei trattenerti di qua,
trovare un rito, un esorcismo
che tempri nel cristallo
questo tuo passaggio di stato
e di luogo
da vivo a morto
unica questione dove
collocare la voce,
accordare la sua vibrazione
fra gli strati diversi delle rocce,
gli orli lacustri, le piogge
E in quale lingua, poi
farti parlare come Dante
il pappo e dindi dell’infante
o, in vista del vero finale,
riascoltare il tuo
ragionare da grande
nell’idioma più caro
e più abituale

Un intenso bagliore violaceo di Franco Buffoni
Come libero fui da tutte quante
Quell’ombre che pregar pur ch’altri prieghi,
sì che s’avacci lor divenir sante,
io cominciai: “Un intenso bagliore violaceo
circonfuso di elettrico blu,
così è apparsa nei telescopi Xmm-Newton dell’Esa
e in quelli a raggi X della Nasa
l’esplosione del superammasso di Ofiuco
a trecentonovanta milioni di anni luce da noi.
Ofiuco è un mostro cosmico formato
da migliaia di galassie
dove Cristo si è incarnato
prima di venire da noi”.

Dante di Ennio Cavalli
Quando Dante cominciò la Commedia,
la traversata plateale della lingua,
a molti parve un tedesco,
un mercante di pelli,
in bocca parole scuoiate,
al vento le piume latine.
Nel ritmo scardinato del volgare
passi invasori
lune ostrogote
faville di favella rugginosa.
Ma dal ponte levatoio della mente
sul filo di rasoio di un Impero
uscì un corteo disabitato,
la Terra dedicata al Cielo
il Cielo del Pensiero in luce
la Terra delicata col suo canto.

Come nel cielo della luna di Gian Citton
                                 a mia madre
Guardavo i tuoi reperti d’antiquaria
nella nicchia d’una porta murata
(schiena e scaffali in rosso-cardinale)
e a riparo uno smeriglio d’incerata.
Vaghe sostanze, quasi umbratili Piccarde,
nuotavano gli oggetti come al fondo
d’un’acqua appena smossa;
e solo tu li distinguevi
a uno a uno belli, così fuori
del tempo e fuori d’uso.
Ora anche a me, pur dopo anni,
se qui soccorsi scorro intravisti
i tuoi calici rari, i piatti e i peltri,
mi pare rivederti con quelli riposare
avvolta da un sottile velo lunare.

Come chiama amore di Vittorio Cozzoli
Uno, l’olandese, scrive l’ineluttabilità
del destino
e non bastando, insiste con una misura
senza perdono e / tutto era finito. Che tempi
sono questi, se uno dice così e un altro
grida di gioia la similitudine per sempre
e come stella in cielo in me scintilla?
Dove, si chiede uno? Qui, risponde l’altro.
E io? Io sento come chiama l’amore, io
che cerco le cose prime e ultime, e, trovato,
trovo chi mi cerca.

Notte privata di Francesco Dalessandro
                                            Buio d’inferno e di notte privata…
                                                        Purgatorio, XVI
Notte privata di pianeti oscura
ti sorprese all’uscita
di marzo. Noi confusi smarriti
restammo nella vita.
Nel mattino di sasso e di paura
dove volse il tuo passo
non lo dissero i riti
funebri, la contrita
processione dei vivi, la postura.
Su quel gelo di marmo
già vuoto il nome, spenta
l’ironia con la voce, passò lenta
l’ora, il tempo in disarmo,
i giorni tutti privi di misura.

Gli anzian di Santa Zita di Massimo Dalle Luche
Gli anzian di Santa Zita per le cianche
attuffa giù nell’unta Burlamacca,
afficcali nel bugio, o Malebranche,
e il grugno lor s’appesti della lacca
che la Giustizia stolida e distorta
s’alliscia sulla faccia da baldracca…

Virus e virtù di Claudio Damiani
Caro Dante, ti scrivo da Roma, nel 2021,
settecento anni dopo la tua morte,
Filosofia e Religione sono messe da parte
da un’osservazione della natura (si chiama Scienza)
che ci ha portato a volare, sintetizzare organismi,
produrre macchine pensanti, vivere sempre di più,
produrre e consumare in modo sconsiderato,
il pianeta è pieno di gas, si sollevano i mari,
negli oceani ci sono isole di spazzatura
e è successo ora che un organismo invisibile
piccolissimo quanto non puoi capire ci ha attaccato e ci uccide,
crolla l’economia, crollano le nazioni,
se ne usciamo fuori dovremo rivedere un po’ di cose,
tu parlavi di virtù, forse dovremo rileggerti.

Prove misteriche di trasmissione di Renzia D’Incà
Ed io ti colsi sulla soglia
finché cadde foglia
e si cadde come corpo morto cade
Leggemmo insieme lo stesso passo
io esitante e tu già innamorato
stessa lingua stesso presepe
Il passaggio fu necessario, breve
non ti mordesti la lingua
tutta l’allungasti ex abrupto
E come ratto s’apprende il senso
il suono si riaccende il gelsomino
ronza il moscone, oh mio drone

Anche tu sei lì di Sara Fruner
la casa
che ogni giorno
aspetta il mio entrare
non ha muri né scale
tetti o soffitte
se uno spiffero
si veste da zefiro
o una botola
chiama disfatte
anche tu sei lì
con la mano ribelle
a un passo dalla notte
e la bocca schiusa
verso di me
a sprigionare le stelle

Dante in classe di Mauro Imbimbo
Nel cammino periglioso, liceale,
incontrammo l’esiliato, lo speziale,
un facondo, sventurato sognatore,
che poeta fu, ed anco prosatore.
Ci narrava delle genti titolate,
di cert’ altre disperate, strampalate,
da costoro riceveva dei ragguagli
d’ogni gesta, con dovizia di dettagli.
Noi confusi, ma rapiti dalle storie,
prendevamo nota di quella congerie,
meraviglie si celavano, ci parve,
ma le note che affollavano la serie
distoglievano lo sguardo e talora
fissavamo, stralunati, una compagna,
con le gambe più poetiche d’allora.

Nelle pupille tue, Francesca di Franco Manzoni
nelle pupille tue, Francesca, sta quella luce
della dolente gioia che sussurra
quale piacer d’amore sì forte mi trapassa
quale mi apre il cuore che si azzurra
sempre l’anima fremente ti conduce
là ove stridore di sesso mi sconquassa

Del guardare e non sapere di Giovanni Parrini
Smettere non ci è dato di osservare
tutto quanto si mostra, che si eterna
nell’inganno fatale, il quale appare
verità luminosa ma più interna
sempre occlude cagione da svelare
finché ci brillerà questa lucerna
nell’animo che – fatto per stacciare
dal vero il falso – ne mantiene odierna
la mistica bellezza e la profonde
nel mondo vagheggiato essere scibile
chiaro tutto, alla fine, tale e quale
il fenomeno alla teoria, eguale
oggetto e idea, cifra poi raggiungibile
quel vertice in cui già imo s’effonde.

Fonte Avellana di Umberto Piersanti
qui, nel mezzo d’Italia
l’esule fiorentino s’è forse steso
sotto lo smisurato tasso
che la sua ombra immensa
sparge sul breve orto
e i folti boschi?
e il canto di quei
frati bianchi
l’hanno forse innalzato
alle celesti sfere?
qui solo il torrente
s’ode giù nella valle,
tutto il resto è silenzio,
qui s’arresta il tempo
e si fa eterno

Il monumento di ghiaccio di Giuliana Piovesan
        (“Lo duca mio di subito mi prese …”)
L’offerta all’incanto non darà frutto
– l’opera si scioglierà nel suo valore.
Quando lenta accosterò la porta
non ricorderò l’attimo prima
e nulla saprò dell’attimo dopo.
Ferma sulla soglia già correrò nel tempo.

Un altro giorno, uggioso e inerte di Giancarlo Pontiggia
Un altro giorno, uggioso e inerte,
di segregazione, di tedii
irrisolti, di vita turbata, che divaga
stridi, scatti, brontolii
che s’ingorgano
nel pullulare della mente, quando
da un orlo di notte
improvvisa, inerme, erompe
una voce
chissà da dove, da quale
pertugio celato di mondo, inforrato
nella materia delle cose: «E quindi
uscimmo a riveder le stelle».

I’ vorrei di Paolo Ruffilli
Restavano la tenera memoria
e il ritmo melodioso del poeta:
Ghiannis, i’ vorrei che tu
e la ragazza che ci traduceva
e la signora della libreria
per me rimasta senza nome
e l’uomo dei caffè ed io
e tutta la stretta libreria del Cedro
schiacciata tra i volumi
e l’ora e il buio di profumi e la stagione
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio

A die in diem di Nadia Scappini
quando lievita il giorno nel tepore di un’alba
riparata e attesa un insondabile filo, quasi un riverbero
di confidenza, mi tiene spalancata per alte quote dove
m’arrovello m’inerpico m’afferro all’orlo
della tua parola che vorrei indossare e mi riesce
così male
tu dio inchiodato lacerato deriso nella polvere del mondo,
che non recedi anche se i cieli mutano volgono le stagioni
incerte tremanti del troppo del poco devastate dall’incuria
dell’avido potere                   da un disumano assurdo delirare
che distrae deserti popoli oceani venti ghiacci,
tu dio che mai disperi          non lasciarmi disperare.
dalla morte solleva ogni vergogna e fammi da qui
da questo punto oggi tanto oscuro proprio da qui
aprire un nuovo canto

Ma s’io fosse fuggito inver’ la Mira di Umberto Segato
De altesa modesta, rabioso de facia
Pareva k’el gaveze tuti de traverso
Boca storta el me vardava, roverso,
Come fusi un servo o ‘na bagasa.
Brusco el comanda: “Indica il loco
Ove Jacopo fu scosso!” “Cossa???”
El parlava foresto e mi capiva gnente.
“Del Cassero intendo, morto nel brago.”
“Ah, go capìo. Quelo che i ga mazza a Oriago.”
“Lingua favelli, villan, rozza e nuda,
non il dolce stil ch’io traduco e parlo”.
“Mi so quel che digo” ghe digo, “sior mona.”
“Semo greci, comandemo a Bisanzio.
Del mar e dela fatiga de remar parlemo.
La sua vien dai skei ke i fa ‘drin’ in cassa
La mia canta la man che basa el legno,
Del remo che fa l’amor co l’acqua”.

Transumanazione di Evaristo Seghetta
Dante è lì che mi guarda severo
appeso accanto al Crocifisso
e al quadro di Van Gogh.
È l’architrave, la mia spina dorsale
lo spiraglio obliquo del pulviscolo estivo
che filtra tra le fessure degli scuri
e trascina i pensieri dall’Inferno al Paradiso
porta a riscoprire la luce delle stelle
dopo lacrime e compassione.
Poeta, maestro e guida
della mia sperata transumanazione.

 

 

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