ZINNA E IL TEMPO DISPERSIVO
La nuova silloge di Lucio Zinna, Le ore salvate (Fondazione Thule), che raccoglie, in tre sezioni, la produzione poetica di quest’ultimo decennio, si connota – oltre che per il consueto linguaggio, essenziale e incisivo – per il ventaglio tematico, percorso dal fundus unificante della dispersività del tempo, a cui ci costringono il vivere contemporaneo e la necessitante gestione della quotidianità. Ne deriva l’esigenza di salvaguardare quei frammenti esistenziali che si rivelano sintonici con la nostra vita spirituale, aderendo a quella interiore dimensione in cui va a consistere la zona più autentica del nostro essere. Una ricerca mirata a sfuggire alle imprevedibili fuorvianze che nel quotidiano si annidano: dal “labirinto delle logiche” alla “stupidità strisciante” alle complicanze verbali (le parole che diventano “una grande fonte di malintesi” come avrebbe detto A. de Saint-Exupéry) e altro, per cui occorre scovare una “logica di base”, affinare il “saper vedere”, riscoprire il “verbi sensus” ovidiano etc. La sezione centrale del libro ripropone le nove liriche di “Stramenia” (apparse nel 2010 in edizione d’arte e in copie numerate), sul motivo della poesia che trova sua linfa fuori dalle mura del consueto, ancorché possa alimentarsi degli impulsi che dal quotidiano stesso provengono, mentre tutto scorre al ritmo inesorabile del tempo. Rilevante, nella terza sezione, il reperimento, da parte del poeta, di un punto di stabilità nella sua fede, che è stata incerta, altalenante, attentata dal dubbio, con lunghi periodi di allontanamento. Un ritrovato rapporto, diretto e personale, con il proprio Dio, scevro da intermediazioni e protocolli. E anche questo aspetto va a confluire, in peculiare dimensione, nella visione di un tempo sottratto a forme di usura e depotenziamento: in senso lato, nel concetto stesso (come in titulo) di “ore salvate”.
Risvolto di copertina