ANTONIO SPAGNUOLO: INTERVISTA SULLA POESIA
Antonio Spagnuolo qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?
Domanda piuttosto contorta! E’ oltremodo difficile poter esaminare lo “stato di salute” dell’attuale poesia italiana. Si affacciano all’agone troppe firme che spesso sono insignificanti, o diverse firme che , sostenute da una editoria così detta “grande”, vengono accettate come punti di riferimento, nel mentre non sono altro che poca cosa, sia per i contenuti, che per le forme di scrittura. Attualmente possiamo incontrare qualche ottimo elemento nella piccola editoria, che viene regolarmente misconosciuto dalla critica ufficiale. Cosa concludere allora? La poesia attuale naviga in un mare in tempesta, nella ricerca esasperata ed illusoria di essere qualificata, mentre i poeti si arrangiano, chi bene chi difficilmente, nella vana speranza di passare alla storia.
Quando hai pubblicato il tuo primo libro e come hai capito che era il momento giusto? Come hai scelto con chi pubblicare? Cosa ti aspettavi? Cosa ti ha entusiasmato e cosa ti ha deluso?
Il mio primo volume di poesie porta la data del 1953, e fu pubblicato a Milano. Non ero ancora maturo, da ventiduenne, per le battaglie culturali, ma grande fu la sorpresa nel ricevere il “plauso” incondizionato di Umberto Saba, il quale diede il primo avallo alla mia poesia. La scelta dell’editore fu assolutamente casuale… in quanto il volume fu stampato a mie spese!
Se tu fossi un editore cosa manterresti e cosa cambieresti dell’editoria poetica italiana? Cosa si aspettano i poeti dagli editori?
Se fossi un editore ed avessi la indipendenza economica capace di sostenere con la dovuta pubblicità i volumi pubblicati finalmente dedicherei la mia attenzione a quegli autori che possano dire veramente qualcosa di valido, sia nella personale ricerca, sia nello stile, sia nei contenuti. Negherei a moltissimi pseudo poeti la presenza in “campo”, solo perché sono elementi di spicco nella televisione, o sono calciatori affermati, comici, giornalisti di grido, modelle, et similia. Purtroppo i poeti – ma quali poeti? – si aspettano dall’editore un’ottima distribuzione e un indiscusso riscontro di critica.
La poesia di domani troverà sempre maggiore respiro nel web o starà in fondo all’ultimo scaffale delle grandi librerie dei centri commerciali? Qual è il maggior vantaggio di internet? E il peggior rischio?
Internet è senza alcun dubbio un veicolo universale che giorno dopo giorno offre ad un pubblico sterminato prodotti che possono essere contemporaneamente validi o di scarto. Il difficile è proprio saper ritrovare la “PERLA” nella massa informe. Purtroppo non esiste un “giudice” unico che sappia discernere e selezionare, per cui possiamo incontrare la poesia più indegna offerta come esempio di poesia da eternare.
Pensi che attorno alla poesia – e all’arte in genere – si possa costruire una comunità critica, una rete sempre più competente e attenta, in grado di giudicare di volta in volta il valore di un prodotto culturale? Quale dovrebbe essere il ruolo della critica e dei critici rispetto alla poesia ed alla comunità alla quale essa si rivolge?
Assistiamo atterriti ad un crescendo negativo intorno alla “critica”. Ormai le recensioni, i saggi, le presentazioni sono quasi esclusivamente dettate da uno scambio di favori personali. Do ut des, maledettamente presente sia nelle riviste che si presentano come punti di riferimento, sia in alcuni volumi che vengono stampati con il beneplacito del favoritismo. Sono decenni che non leggo una bella e franca “stroncatura”, valida sia per il lettore che per gli autori.
Il canone è un limite di cui bisognerebbe fare a meno o uno strumento indispensabile? Pensi che nell’attraversamento della tradizione debba prevalere il rispetto delle regole o il loro provocatorio scardinamento?
«La poesia è (anche) libertà: non può esistere la poesia non libera». In astratto ci dobbiamo intendere su che tipo di libertà essa offre, a chi, a quanti. Che sia in fondo soltanto (!) libertà di scrivere, una cioè delle tante libertà di cui milioni di persone non godono e che convive con sfruttamenti, oppressioni, guerre, ecc. Il canone è un limite non indispensabile. La tradizione va rispettata, studiata, assorbita, rielaborata, rinnovata, riscoperta.
In un paese come il nostro che ruolo dovrebbe avere un Ministro della Cultura? Quali sono, a tuo avviso, i modi che andrebbero adottati per promuovere la buona Letteratura e, in particolare, la buona poesia?
Quis custodet custodem? Molto difficile immaginare un ministro della cultura capace di offrire e promuovere una buona Letteratura. Dovrebbe essere il primo ad avere un bagaglio culturale di notevole spessore, tale da concepire programmi seri e severi. Ma l’esperienza, specialmente attuale, ci fa incontrare elementi che non sanno nemmeno dove abita la “cultura”.
Quali sono i fattori che più influiscono – positivamente e negativamente – sull’educazione poetica di una nazione? Dove credi che vi sia più bisogno di agire per una maggiore e migliore diffusione della cultura poetica? Chi dovrebbe farlo e come?
Sempre ed unicamente in seno alla scuola. La scuola soltanto sa, o dovrebbe sapere, preparare i giovani alla ricerca della buona letteratura. Naturalmente non è secondo il ruolo della famiglia. Ma anche qui siamo allo sfascio, quando si incontrano elementi che navigano nella nullità più deteriore.
Il poeta è un cittadino o un apolide? Quali responsabilità ha verso il suo pubblico? Quali comportamenti potrebbero essere importanti?
Il poeta è un cittadino come tutti gli altri, ma un cittadino che possiede le capacità di creare l’immaginabile e proporlo come lievito per il futuro. Le sue responsabilità (ma come facciamo a parlare di responsabilità se abbiamo constatato che il pubblico della poesia non esiste?), le sue responsabilità sono semplici: parlare al prossimo così come parlò Cristo ai suoi discepoli, proponendo valori morali, sociali, disciplinari, fantasiosi, immersi nel fascino della parola anche non detta.
Credi più nel valore dell’ispirazione o nella disciplina? Come aspetti che si accenda una scintilla e come la tieni accesa?
Non credo nella “ispirazione”. Credo nell’eco che un verso riesce a produrre nelle mie circonvoluzioni cerebrali, aprendo quei segreti nascosti nel subconscio per creare passo dopo passo una lirica che sia attendibile e corposa. La scintilla si accende ad ogni passo, basta riconoscerla e appropriarsene.
Scrivi per comunicare un’emozione o un’idea? La poesia ha un messaggio, qualcosa da chiedere o qualcosa da dire?
Per lo più scrivo per comunicare un’emozione. Tutta la vita è una continua emozione che bisogna comprendere, assecondare, ripetere. Il messaggio nasce poi come metabolizzazione esistenziale, molto spesso intensamente informale.
Cosa pensano della poesia le persone che ami?
Ahimè! È tanto difficile trovare chi ami e comprenda la poesia.
Sei costretto a dividere il tempo che più volentieri dedicheresti alla poesia con un lavoro che con la poesia ha davvero poco a che fare? Trovi una contraddizione in chi ha la fortuna di scrivere per mestiere? Come vivi la tua condizione?
Fortunatamente oggi sono in pensione e, dopo tanti e tanti anni di lavoro, posso dedicarmi interamente alla poesia. Le mie giornate sono ricche ed il tempo scorre veloce tra contatti, interventi, prefazioni, presentazioni, corrispondenza, scrittura, lettura, incontri. In particolar modo curo i più giovani nella speranza di realizzare con loro migliori esperienze. Il mio Blog viene visitato quotidianamente da centinaia di utenti, e in esso cerco di presentare autori che hanno qualcosa da dire. Non sempre chi scrive per mestiere produce ottima letteratura!
Cosa speri per il tuo futuro? E per quello della poesia? Cosa manca e cosa serve alla poesia ed ai poeti oggi?
Cosa sperare per il futuro? Ormai non sono più in età da programmare futuro a lunghe scadenze. Quello che ho sperato per tutta la vita rimane ancora una graziosa illusione: vedere le librerie stracolme di volumi di poesia, di vera poesia, e sapere che il pubblico finalmente conosce ed apprezza la poesia. Ma come ci si illude? È purtroppo vero che i giovani poeti non conoscono a fondo i poeti che ci hanno preceduto, né conoscono tutte le militanze che hanno fatto valida una poesia precedente.