25 ANNI DI POESIA DI ROSSI TESTA
Un itinerario di lettura della poesia di Roberto Rossi Testa nell’arco di oltre venticinque anni, dal 1984 al 2010, è l’occasione, per chi, con moto ‘soavemente caparbio’ e inattuale – segno distintivo di chi sceglie la complessità – ama il ricercare, di addentrarsi in un viaggio proficuo, il cui approdo non può essere né scevro da inevitabili ‘manomissioni’ individuali, né, tuttavia, dalla coscienza – constatazione e consapevolezza – di legami e richiami di natura multiforme, ché all’intertestualità interna ed esterna si affianca, nitido e mai retorico, il filo robusto che conduce, attraverso la vicenda personale, all’universalità. A chi porge sguardo e orecchio attenti, Rossi Testa fornisce più di un’indicazione di rotta. Nel proficuo andirivieni tra i suoi versi, le sue traduzioni, le sue dichiarazioni di poetica che scelgono spesso la forma dell’astuzia della ragione della prosa di Brecht (non è azzardato l’accostamento delle Provocazioni in forma di apologo di Rossi Testa alle Storie del signor Keuner di Brecht), non ho potuto fare a meno di pensare ai versi da “Little Gidding”, l’ultimo dei Four Quartets di T.S. Eliot: «We shall not cease from exploration/And the end of all our exploring / Will be to arrive where we started/ And know the place for the first time» («Noi non smetteremo mai di esplorare/E la fine della nostra ricerca/Sarà arrivare al punto di partenza/ E avere conoscenza del nostro posto per la prima volta»). Così, infatti, Rossi Testa conclude una delle sue Provocazioni in forma di apologo pubblicate sul litblog “La poesia e lo spirito”: «Quello che dunque il Nostro ormai chiedeva era altro: non di seguire i suoi passi, ma di riconoscere il suo cammino, la direzione di esso, per scoprire e magari seguire una direzione e un cammino propri; e, poiché rinunciare a questa fierezza gli risultava impossibile, di collocarlo convenientemente fra i suoi; come il meno influente, il più basso, il più flebile; ma che finalmente poteva nomarsi davvero, e invitare con cognizione di causa “a stare a vedere” ». Raccogliamo dunque il guanto di sfida, accogliamo l’invito a “stare a vedere”. Chi “sta a vedere” sa di non essere semplice spettatore, ma è disposto a guardare oltre, a ri-conoscere, a intuire per esplorare, in breve, a coniugare attenzione e poesia. Individua così la linea, mai spezzata, ma continua e costante nella pluralità di apporti sapienti e accurati. Chi “sta a vedere” coglie la dialettica, tra tensione e dialogo, tra musicalità interiore e costrizione scelta a garanzia di somma libertà, tra la «cantabilità dell’endecasillabo» e «il crepitio e lo schiocco del settenario» . Già nella raccolta Stanze della mia Sposa, che risale, come la prima parte di Eunoè, a un periodo sì felice, ma dal quale l’autore dichiara di aver preso congedo, gli endecasillabi si alternano infatti ai settenari. Endecasillabi e settenari sono i metri scelti anche per Poca luce, la raccolta che segna la svolta nel dire poetico, nel “guardare dentro di sé” o, meglio “nell’inoltrarsi dentro di sé” (questo è il termine filologicamente più vicino all’invito “gehen Sie in sich” che Rilke formula nella Lettera a un giovane poeta e del qual Rossi Testa fa evidentemente tesoro). Il titolo vuole affiancarsi, per contrastarlo in un voluto diminuendo, alle ultime parole – così recita la tradizione – di Goethe: “Più luce”. È il confrontarsi con la «lancinante verità» della storia ad acuire il contrasto con il termine di paragone implicito nel titolo. Il confronto ‘a viso aperto’, senza schermi per il volto e con la sola armatura della parola poetica avvicina l’itinerario di Rossi Testa a quello degli artisti che si sono fatti carico di non tacere la rottura, di cercare un alfabeto per l’indicibile, a Kokoschka de La sposa del vento, il cui celebre quadro dà il titolo alla raccolta del poeta nella quale prevale il settenario, e a Paul Celan della voce in costante dialogo con la micrà, con la Scrittura. Non è un caso, mi sembra, che la parola-tenda, la Parola-Shekinah di Celan, drammaticamente cercata nella sua poesia Anabasi, si manifesti nella sequenza Sciocchina da Poesie per un no di Roberto Rossi Testa.