BERTOLUCCI: PUNTINISMO LIRICO
Attilio Bertolucci benedice l’incanto di tutto ciò che è mediano: l’ora di mezzo, la stagione di mezzo, l’autunno, la primavera, il mezzogiorno, ottobre. In tale medietà, il paesaggio naturale e antropico nella sua coralità sfumata è punto focale, ben più che un singolo volto. È poesia della descrizione, affresco del momento. Bertolucci cura i dettagli del dipinto, il volo bieco dell’insetto, le affiches azzurre, gli zoccoli nella sera, l’erba bagnata, il sorriso di Goethe in mezzo alla piazza; puntinismo lirico sullo sfondo rigorosamente vermiglio della sera. L’umanità, però, rimane brusio indistinto eppure familiare, unanime moto della folla. Oppure, il che è lo stesso, le esistenze sconosciute sono travolte dal loro quotidiano domestico perciò assenti, ma senza che ciò crei straniamento. Al contrario, le strade deserte portano al culmine la gioia d’esser giovani e di passeggiare nel mattino. Giovane è pure la ginestra d’Appennino, mediano anche quest’ultimo. Anche quando la figura umana compare, resta sagoma, cappello di paglia che s’allontana nell’ombra della casa. Domina il senso di attesa paziente, frammisto a una serena accettazione del fluire delle cose, interrotto solo da un’esasperata invocazione del sonno. Nonostante l’inganno utile dell’ora legale le giornate si fanno brevi, e i passi si susseguono verso il traguardo, sempre solo alluso, che riecheggia beffardo nei colori dei fiori, nelle foglie, nel riso del cielo rasserenato.
Maria Grazia Trivigno