PAVESE E UNA NUOVA POESIA DEL REALE
Cesare Pavese nasce poeta con la raccolta di Lavorare Stanca (1936). Subito colpisce la sua posizione eccentrica in un panorama segnato dalla elusività e ineffabilità del simbolismo, da una ricerca che batte sull’intensità metaforica e sulla purezza verbale. Pavese invece sceglie la strada di una poesia semplice e oggettiva che nomina le persone e le cose appartenenti al quotidiano, esalta le ruvidezze dialettali, si concede a lunghe e adagiate cadenze discorsive: le lasse di tredici sillabe de I mari del Sud. I punti di riferimento Pavese li trova nella sua stessa regione, nell’esperienza crepuscolare e segnatamente gozzaniana; ma questa propensione casalinga ai versi lunghi e quasi prosastici è rinforzata in lui dalla conoscenza della letteratura americana e in particolare di Whitman (al quale aveva dedicato la sua tesi di laurea): di lui potevano sedurlo il piglio realistico, la libertà lessicale, il discorso paratattico, la sentenziosità predicatoria fatta apposta per incontrarsi con certo moralismo pedemontano. La poesia di Pavese è solcata da appariscenti dicotomie, che sono anche continue oscillazioni. Il contrasto tra città e campagna (alla fine si tratterà di storia e mito) e la ricerca di una loro possibile integrazione là dove si confondono prati e suburbio. La solitudine come tara o virtù, ora esaltata quale segno di preziosa alterità, ora esorcizzata nella solidarietà con i “compagni”, nell’amore di una donna, che si evoca, con accesa sensualità, con trepida malinconia. Il silenzio che intercorre tra Lavorare stanca e Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (uscita postuma nel 1951, ma la sezione La terra e la morte era già apparsa su rivista nel 1947) libera Pavese dalle residue preoccupazioni di poetica. E’ una continua variazione sul tema della donna innalzata a termine di paragone e di scambio con le voci, i sapori, i colori della terra e del mare. Il lungo verso prosastico si spezza per assumere il tono estatico e litaniante di una continua identificazione, di una incessante preghiera. Dominano le cadenze musicali, le declinazioni alcyonie, che travolgono la pur resistente diffidenza per le parole arcane, la fedeltà ai dati di fisica concretezza.