L’ESSENZIALITÀ LIRICA DI GIUSEPPE UNGARETTI
Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto da famiglia toscana e conseguì gli studi a Parigi, dove visse l’ambiente artistico e letterario prima della guerra mondiale, a cui partecipò nel fronte italiano. Questa esperienza di vita lo ispirò a scrivere poesie che rimarranno nella storia della letteratura italiana, come “Veglia”, “San Martino del Carso” e “Sono una creatura”. Terminata la guerra scrisse per alcuni quotidiani di rilievo, essendo già famoso in Europa per le raccolte Il Porto Sepolto nel 1916, in versi francesi La Guerre ed Allegria di naufragi nel 1919. Dal 1936 al 1943 tenne la cattedra di letteratura italiana nella città di San Paolo in Brasile e dopo la seconda guerra mondiale, ebbe lo stesso ruolo nell’università di Roma, sino al 1958. Giuseppe Ungaretti dichiarò che la poesia è “un dono come essa è comunemente considerata, o meglio essa è il frutto d’un momento di grazia, al quale però una sollecitazione paziente, disperata, è necessaria, specie nelle lingue di vecchia cultura. I modi della poesia sono dunque infiniti, sono tanti quanti sono i poeti del passato, d’oggi e del futuro”. La prima poesia di Ungaretti richiamava accenti impressionisti, escludendo l’esteriorità visiva del sensibile che evocava quella dei crepuscolari e degli avanguardisti per mettere in rilievo il rapporto dell’essere con le cose in senso arcano ed in simbiosi con l’afflato dell’universo nella delusione e sofferenza, quando esso viene a mancare: “soffre il suo supplizio”. Così, la ricerca poetica si sviluppa nell’essenzialità lirica, dove la parola acquista un significato incisivo che caratterizza la poetica ungarettiana nella rivelazione di una solitudine psicologica ed umana che il poeta racconta. Giuseppe Ungaretti scrisse le raccolte poetiche di L’allegria nel 1931, Sentimento del tempo nel 1933, Poesie diverse nel 1945, Il dolore nel 1947, La terra promessa nel 1950 e Un grido e paesaggi nel 1952.