LA MUTABILITÀ DELLE COSE IN JACOBELLIS
Il fantasista del mare di Gianfranco Jacobellis (Biblioteca dei Leoni). Senza sapere l’età dell’autore ci si accorge subito che questa poetica nasce da una lunga esperienza, in modo da trarre l’essenziale da ciascun verso e rendere il testo un microcosmo in sé compiuto. Per pura informazione: Jacobellis è nato a Pescara nel giugno 1936, ma è romano d’adozione, professore associato di cardiologia presso l’università La Sapienza e già medico della Camera dei Deputati. Ci introduce nella sua nuova raccolta con il dubbio, ossia la mutabilità delle cose, quasi che la ricerca di un punto fermo non porti ad alcun risultato. È la sua capacità di sintesi a determinare una scrittura che sembra destoricizzata, volta semmai a indagare la profondità dell’animo umano nella realtà che lo circonda. Al limite, i riferimenti vengono originati dal mito: così Kronos, Prometeo o l’Olimpo, ma a quanto pare un mito surreale e non continuo. La domanda che ci tiene in bilico: chi è il regista della trama di eventi che si evolvono? Non rimane che affidarsi alla parola, anzi, alla parola simbolo, attraverso la quale si potrebbe rompere il velo che nasconde la verità. La natura, quando è chiamata in causa, si innesta nel linguaggio talora in modi particolari, vincolati alla metafora “un petalo lieve staccato dal ramo”, e la vita, nelle sue manifestazioni, sebbene per un istintivo desiderio di eternità, può cadere nell’indistinto, quello – forse – di miriadi di vite che hanno percorso i millenni. Altro elemento probante è la luce: esempio di ciò che rimane alla fine di ogni ipotesi. Liriche che portano temi spesso esistenziali, e più che svilupparli cercano di sondarli, di trarre da ciascuno il nucleo rappreso nel significato, facendo vibrare anzitutto il senso, che va oltre la semplice decifrazione: quest’ultima spetta certamente al critico, ma è in grado di svelarsi anche a chi riesce a percepire il messaggio implicito nei versi.