IL PALLOTTOLIERE CELESTE DELLA SPAZIANI

IL PALLOTTOLIERE CELESTE DELLA SPAZIANI

Due elementi si impongono in modo netto in questo finale e compostissimo messaggio poetico di Maria Luisa Spaziani Pallottoliere celeste (Mondadori): l’impeccabile maestria elegante dello stile e la saggezza riflessiva sulle cose del mondo, sempre filtrate dalla sensibilità acuta e dall’estro della propria esperienza, della propria articolatissima memoria. Una memoria, appunto, quanto mai ricca di episodi e dettagli pronti a riaffiorare. «Le duemila poesie che ho scritto / sono graniglia di vasto fiume», ci dice la Spaziani, che se ne andò consegnando ai posteri questo libro, senza dubbio uno dei suoi esiti più elevati e limpidi. Un libro che parla ancora, anche, dell’amore, che ragiona sulla precarietà dell’umano percorso, che indugia sui luoghi, come la Roma dove l’autrice a lungo visse, o come la sua Torino. Ma che sa non di meno soffermarsi in abbandono sul «mistero di un fiore», o che provvisoriamente si appaga nella vitale apertura di chi è consapevole che «bellezza, gioia, e giovinezza irrompono / rovesciando ogni diga». In questa poetica e preziosa realizzazione di un consapevole e pacato consuntivo, Maria Luisa Spaziani sa bene che «il tempo passa di ora in ora», in una sorta di «pallottoliere cosmico», eppure a noi resta la vantaggiosa sorte dello scavo in profondo e della mirabile testimonianza che, in un’avventura poetica come la sua, trapassa il tempo stesso e ci perviene, ad alimentare e confortare il senso del nostro complesso esistere.

Editoriale

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