LA POETICA DI ZANZOTTO
La principale caratteristica della poetica di Andrea Zanzotto è il plurilinguismo, cioè la sperimentazione, all’interno della sua opera, di diversi linguaggi e di differenti stili poetici:questo accade perché l’autore ritiene che l’uomo contemporaneo sia privo di certezze e la poesia (come l’arte in generale) deve quindi rappresentare il caos della civiltà moderna; di conseguenza nelle liriche di Zanzotto entrano in contrasto termini molto colti (addirittura latinismi) con il linguaggio tecnologico e scientifico tipico della cultura contemporanea. La prima raccolta (“Dietro il paesaggio”) include i testi scritti negli anni 1940-48 e manifesta una spiccata tendenza verso il Simbolismo: il poeta vero è colui che sa vedere dietro la realtà e riconoscere l’aspetto simbolico di ogni cosa ed in questo Zanzotto è sicuramente influenzato dall’Ermetismo fiorentino. Successivamente, però, il poeta sviluppa una sua personalissima vena artistica, che si basa sulla contaminazione tra vari linguaggi: la raccolta “Vocativo” presenta uno stile che molto spesso tende a non considerare le strutture grammaticali per esprimere l’angoscia dell’uomo contemporaneo di fronte ad un mondo che cambia in continuazione e non dà certezze. Le liriche di “Vocativo” sono organizzate come se fossero rivolte a qualcuno o a qualcosa, ma l’interlocutore del poeta resta volutamente indefinito e quindi l’intero testo appare come un monologo. Tale linea di tendenza si accentua con la raccolta “La beltà”, che racchiude i testi composti negli anni Sessanta: Zanzotto esercita nei confronti della civiltà contemporanea la stessa critica operata da Montale, poiché ritiene che il dominio dei mass media porti ad una caduta dei valori etici ed ideologici e quindi anche il linguaggio poetico, che dovrebbe comunicare un messaggio moralmente forte, finisce per ridursi ad un “balbettare” (si legga l’intervista di Montale “È ancora possibile la poesia?“), fino a giungere al vero e proprio non-senso. Di conseguenza in un mondo che non offre alcuna verità ma solo opinioni effimere l’artista non può fare altro che adeguarsi a questo disordine e proprio per questo si esprime utilizzando linguaggi diversi e contrastanti, smantellando le strutture grammaticali e deformando le parole che ormai sono prive di un senso assoluto ed obiettivo. Il critico Stefano Agosti ha infatti parlato per le ultime raccolte di una scissione tra significato e significante, nel senso che le parole ormai sono ridotte ad una pura successione di suoni senza alcuna pretesa di avere un significato certo ed univoco;si nota appunto un uso molto forte di prefissi e suffissi, neologismi e deformazioni. È importante sottolineare che Zanzotto rivaluta moltissimo l’uso del dialetto veneto nella sua opera, proprio perché a suo avviso attraverso il dialetto i poeti possono esprimere meglio la loro creatività:il dialetto è per lui una lingua pura e genuina che, proprio perché antica, non risente del relativismo tipico della civiltà moderna.
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