POETI STRANIERI: JEAN-CHARLES VEGLIANTE

POETI STRANIERI: JEAN-CHARLES VEGLIANTE

Jean-Charles Vegliante, nato a Roma da una famiglia italiana presto emigrata in Francia, compendia nella sua esperienza originale la presenza della grande poesia d’oltralpe con quella nostrana, in un ambito di vero bilinguismo profondo. Come ha sottolineato Giovanni Raboni è “un poeta che viene da una grande tradizione come quella francese, ma anche contemporaneamente da una grande tradizione come quella italiana, che risultano in qualche modo intrecciate, come se una filtrasse dentro l’altra e interagisse con l’altra non in momenti successivi, in una sorta di compenetrazione assoluta”. Una poesia colta e raffinata, ma lineare e fortemente segnata da un senso tutt’altro che nostalgico, di inquieta attenzione, della bellezza perduta o a rischio di perdita nella vita di tutti i giorni. Ha pubblicato le raccolte Rien commun (Belin 2000), Nel lutto della luce / Le deuil de lumière (trad. G. Raboni, Einaudi 2004), Itinerario nord (2008), Urbanités (2015), Pensiero del niente (trad. F. Piemontese, Stampa2009, 2016) e Où nul ne veut se tenir (Bruxelles, La Lettre volée, 2017), distinto dall’Académie française. Trois cahiers avec une chanson (Atelier du grand tétras, 2020) è in corso di stampa. (La notizia biobibliografica continua in coda alle poesie)

Altre variazioni italiane

… où, si Tambernic

était tombé dessus, ou Pietrapiana,

il n’aurait même pas sur ses bords fait cric.

(Enfer XXXII, 28-30)

 

Veglia

Il posto ormai è questo

impronunciabile

sei tu – il mare

freddo ti porta via

con le marce meduse dell’alba

verso un golfo di sparsi relitti

di fogli con scritto

nada:

une seule rien cosa rara

cara sacra

presenza se ti volgi

amica, précieuse

rien

avant le néant

au moins une:

l‘una sei too.

Dillo – scricchi –

dillo, crich,

vicino è Tambernicchi.

 

Presagio istante

Scura ombrosa tutta ripiegata quest’oggi

che più non finisce ecco lenta tu cadi

e ancora cadi verso un suolo che rubano

già le primizie del buio. Cordami

tesi nell’alveola fosca, il corso

delle ore più ripide se scompare sfuggendo

lo sguardo, senza amenità ci intralciano,

e tu resti sola con l’istante presago

di altri ignoti, dici sfregio, e

ripeti il gesto – quello – senza capire,

e ti rassegni come chi accettasse:

tardo, l’aiuto. Nulla ti fu sollievo

dal peso di questo tempo librato come ceneri,

né la pena in cui ti vediamo curva.

 

(luglio 2018)

 

* * *     

Solo fantasmi per le strade deserte

dell’estate. Ti vengono incontro

persone scomparse, amici

mai salutati abbastanza

mentre erano presenti – e aspettavano

forse un segnale, ad accompagnarli

nella discesa verso sponde gelide

che un’acqua viola ingromma e stinge –

ombre famigliari, commercianti,

dipendenti fuori servizio, alloggiati

nella casa della Posta, riverniciata

adesso sotto altra insegna, come

un po’ tutto il quartiere, pure noi

irriconoscibili, rimasti al porto…

 

Idee nere

Vede il suo corpo come un vano abitabile.

Vuole uscirne. Evasione dalla finestra.

Volo planato a picco. Tredici piani.

 

Ipnotico sonno di sangue. Cunicolo

interno. Angustia delle vene accaldate.

Il rasoio luccica. Ghigno nel buio.

 

Amnio notturno. Cisterna. Sprofondare.

Acque tacite pronte per un abbraccio.

Almo rifugio e alcova ove ritornare.

 

Vede una crepa scura a forma di T

i o di forca al soffitto, pronta per lui.

All’ultima indecenza non può pensare

 

Crisalide

L’inverno pure è bello, le vigne arrossiscono,

una piccola anima verde si è posata al riparo

sotto il davanzale della finestra

ove essa dormirà nel suo prossimo ente.

Il nostro sonno la segue, quanto più lieve

 

* * *     

Leggo versi di Fortini per i propri 75 anni

– che presto avrò… Crudele si interroga

egli, si chiede perché tornare fin qui,

perché ripetere che non era questo, che nulla

significava, nulla cambia mai, bisognava tentare,

certo non abbiamo dimenticato, un domani aspetta…

L’età che avanza è un arbitro implacabile cane.

Ancora una volta ci diciamo “Rien n’est sûr, mais écris”.

Ancora una volta il mattino, nuvole e chiarine

(celesti?)

 

Jean-Charles Vegliante vive a Parigi; già ordinario presso la Sorbonne Nouvelle (Paris3), è autore dell’ormai classico D’écrire la traduction (PSN, 1996-2000). Ha tradotto La Commedia (Gallimard, 2012-14), le Canzoni di Leopardi (in collaborazione, 2014), G. Pascoli, L’impensé la poésie (scelta con saggio, Mimésis 2018). E inoltre D’Annunzio, Montale, e poeti del secondo dopoguerra come Fortini, Raboni, Amelia Rosselli, Sereni, Mario Benedetti, Eugenio De Signoribus… e, in italiano, F. Ponge, Ph. Denis, F. Muir e altri. Un’antologia della poesia italiana (con alcuni testi dialettali) esce a puntate sul sito “Recours au Poème”.

 

2 commenti su “POETI STRANIERI: JEAN-CHARLES VEGLIANTE”

  1. Una possibile anticipazione della futura lingua di un’Europa unita? Chissà… Comunque sia, non restiamo soltanto allo sperimentalismo, tutt’altro (soprattutto “Idee nere”, non c’entra proprio con i soliti giochi linguistici). Grazie per la condivisione.

  2. Tutte confluite ormai – salvo l’ultima – nella raccolta plurilingue “Incontri”, edita da InternoPoesia: sezione terminale delle Variazioni italiane, appunto.

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