TURCO: ALTRI VOCABOLARI
Claudia Manuela Turco, che si firma in arte Brina Maurer, è – per quel poco che so di lei – persona appartata che cerca di portare il proprio contributo a un migliore andamento del mondo da lontano, con la parola scritta e versificata e potrebbe essere per questo che la sua ultima raccolta si intitola Vocabolari e altri vocabolari (I Fiori di Macabor). Si tratta di un libro alto, che si fa militante soprattutto sul fronte della protezione degli animali, e in particolare degli animali disabili. Ma, a partire da questo Leitmotiv – e prendendo la rincorsa da ancora ‘più indietro’: una bambola di legno abbandonata in discarica –, il discorso che si sviluppa è di nobile chiamata a una più sensibile attenzione a tutti gli altri esseri del mondo, a un «restiamo umani» che troppo spesso viene non dico dimenticato, ma direttamente (e intenzionalmente) calpestato, da indifferenza, sprezzo, diffusa violenza, slogan aggressivi – in una parola dal Male. Di questa raccolta, scritta di getto durante l’èra del COVID-19, densa e dolente, in cui le parole si caricano di nuova vitalità, giocando con le colleghe di contesto, e levandosi sopra e contro i correnti egoismi, un passaggio in particolare mi ha colpito: «Perché bisogna difendersi dalla vita,/ non dalla morte». Dalla vita come miniera di sventure. Ma anche come deposito di viventi che la vita la complicano o la distruggono agli altri. E questi versi sono nella poesia che riporto qui sotto, e che si intitola “Ho ucciso”. Storia di un ‘minuscolo’ incidente come tanti ne càpitano, e che in certe esistenze non lasciano il segno. Ma in altre sì, per fortuna. Raccomando caldamente a chi ami la poesia questa raccolta. Qualche giorno fa, parlando di Seneca, mi capitava di ricordare una sua celebre “sententia” che credo si adatti anche a Brina Maurer/Claudia Manuela Turco: “in hoc me recondidi et fores clusi, ut prodesse pluribus possem: posterorum negotium ago” (“per questo mi sono rifugiato in me stesso e ho chiuso ogni porta: per poter essere di giovamento a molti; è del bene dei posteri che mi occupo”). Fra le interviste reperibili online all’autrice, segnalo in particolare l’intervista a cura di Alessia Mocci. Mentre chiudo queste poche note leggo di un certo consigliere di un certo partito che avrebbe approvato con un like un post in cui «si inneggia a Hitler e ai forni crematori». Gli dedico questi pochi versi di Brina Maurer, consapevole, come lei e Patrizia Cavalli, che le poesie non cambieranno il mondo, ma anche, come lei e Vivian Lamarque, che invece sì, prima o poi, lo cambieranno, anche se “forse”, e fra tanto tanto tempo (“come un nevicare lento lento”: Lamarque, in “Madre d’inverno”): “Nessuno nasce nazista. / Qualcuno ha partorito e cresciuto / anche questi vigliacchi / dalla coscienza inerte.” Di qui la necessità di un contrappeso. I vocabolari questa funzione la svolgono bene; e, se non bastassero, allora altri vocabolari.