ASTRAZIONE E CONCRETEZZA IN DONADIO
Astrazione e concretezza nel titolo dell’ultima raccolta poetica di Antonio Donadio, Il senso vero della neve (Morcelliana Edizioni), soggettività (del pensiero) e oggettività (della materia), una costante diluita nei trenta testi ma riunita in un enclave di dubbi e risultanze, di interrogativi ed evidenze sul tempo del sé, sul sé in relazione con gli altri, con l’altro dell’esistenza, con l’altrove dei sentimenti e del sentire alla prova del tempo. «il tempo è dove sei stretto / da ritmi impassibili del dare / e dell’avere.» (p. 17) Il tempo-entità avvolge e sfugge, fa tremare e assorbe il tremore, circonda cose e persone d’intorno e le rende care al cuore avvertendone la perdita e segnando i propri limiti. Lapidaria la poesia, a volte, come una ventata nel viso, tiepida («ancora il vento sulla nuda pelle / immutabile danza agli angoli di strada / ancora avvolge né frena l’impietoso / né più brucia la pelle. / E calda è la sera / e nullo il vento», p. 21) talora perché la materia afferrata viene trattenuta in sogno o resa inamovibile come una necessaria pietra miliare a indicare la strada percorsa, la meta da raggiungere, la compromissione, il desiderio sentinella del presente e del passato, calato in agnizione del futuro. Ma il tempo è il contenitore di vissuto e di memorie, di spinte e controspinte, di crediti verso l’immortalità (p. 77), di debiti d’affetti, di incontri finiti in niente o durati lungo l’intera vita. La poesia registra questi moti e vi guarda dentro: qualche cosa rimane e come? Qualche cosa non c’è più: come mai e perché? Continuo è il rovello del pensiero, registrato in numeri-titoli, quindici per ogni sezione: Paesaggio con figura, la prima, più postata sulla ricerca; Aritmie d’orme, la seconda, più attenta alla risultanza, quasi a dare conto del senso vero e della neve. La quale, candida e fredda, custodisce il caldo della terra, il calore della persona, ciò che è definitivamente sepolto, e rivela l’ultimo dono di un indizio (p. 75) verso la conclusione, la certezza di un esserci e, all’improvviso, non più esserci alla luce del sole. Rastremazione, allora, della essenza della vita-esistenza: la dicono versi tesi nella scelta delle parole, brevi e in strofe a frammento a significare una domanda meno perentoria, più dubitativa ma anche incerta e inconoscibile nella sua risposta. Il senso della neve, a chiarire il quale vale l’intero excursus di Il senso vero della neve, lo si rincorre, lo si tallona, lo si cerca sans cesse, dentro i sogni perfino «e poi verranno a chiederti che sogni fai / a rubarti dagli occhi / l’ombra dell’inganno», p. 43). Con amore. Ma non ne può essere data la verità.