LE ESPERIENZE DELL’ESISTERE IN BONADÈ

LE ESPERIENZE DELL’ESISTERE IN BONADÈ

“A ventisei anni, sono riuscito ad arrestarmi e a riacciuffarmi due volte. Non è da tutti” mi ha detto Lorenzo Bonadè durante uno dei nostri incontri. Ecco, questa potrebbe essere la chiave di lettura per avvicinarsi alla sua poesia. C’è una sorta di autocompiacimento in Contrappunti e fughe (Blu di Prussia editrice), quasi che le esperienze forti dell’esistere rappresentassero le credenziali per tentare di comunicare il proprio disagio, l’essere contro. Bonadè è poco più che un ragazzo, ma il racconto della sua vita è già lungo, articolato; ha lo spessore di quello di un uomo vissuto. Le poesie sprizzano rabbia, ribellione, esigenza di proporsi, ansia di mettersi in gioco, urgenza di trasmettere emozioni e assurgono a canto solipsistico, a narrazione di sé in un gioco di specchi riflettenti la medesima immagine all’infinito. Il linguaggio, seppur crudo (in ogni caso frutto della realtà) possiede una sua compostezza d’assieme; non ci sono forzature volte a scandalizzare, semmai a stupire (nel senso di far pensare) perché tale è la reazione di chi si trova al cospetto di passaggi esistenziali rigorosamente evitati, comunque non avvenuti, sconosciuti. La scrittura di Bonadè possiede una grande forza espressiva ed in essa è rintracciabile la determinazione a rompere ogni indugio al fine di liberare pensieri, pulsioni, riflessioni, convincimenti, idee che, altrimenti, troverebbero angusto lo spazio della mente. Dopotutto, poesia non è soltanto rappresentazione del sogno.

Eugenio Rebecchi

Introduzione

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