LA POESIA DI BINO REBELLATO
Nel mese di luglio del 2004 si è spento Bino Rebellato, all’età di novant’anni, dopo una breve malattia. Aveva avuto il tempo di festeggiare in gennaio il suo novantesimo compleanno stretto nell’abbraccio affettuoso della sua città: autorità, amici e gente comune che lo amava come persona, stimava il suo lavoro e ne conosceva le poesie più belle. Perché Bino ha fatto tante cose nella sua lunga vita, si è impegnato su vari fronti ed è stato un vero poeta. Il poeta in bicicletta, qualcuno lo chiamava così, riferendosi al suo mezzo di locomozione preferito, una Bianchi nera con i freni a bacchetta sulla quale si spostava dentro la città murata e fuori, in campagna. Era nato nel 1914 a Cittadella, in provincia di Padova, dove era sempre vissuto, eccezion fatta per gli anni della seconda guerra mondiale che nel 1939 lo costrinse ad allontanarsene e abbandonare la famiglia e gli studi; dal settembre del ’43 partecipò alla Resistenza correndo rischi mortali fino alla Liberazione. Fece dapprima l’insegnante elementare e, da uomo versatile qual era, coltivò molteplici interessi in tutti i campi dell’arte e si dedicò a numerose altre attività: editore con un prestigioso catalogo che soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta pubblicò autori famosi come Betocchi, Comisso, Valeri, Buzzati, Marin, Valgimigli, Lalla Romano. Fu direttore di periodici e riviste, fondatore del premio Cittadella per la poesia che, presieduto negli anni da Diego Valeri, Carlo Bo e Carlo Betocchi, premiò fra gli altri alcuni dei maggiori poeti italiani: Palazzaschi, Zanzotto, Rebora, Luzi, Spaziani, Raboni, Merini, Ruffilli. Fu critico d’arte e lui stesso incisore, attento alle produzioni artistiche in Italia e in Europa, curioso e aperto al dialogo, disponibile soprattutto nei confronti dei giovani artisti. Come artista in proprio fu sempre schivo e modesto, preferiva dedicarsi alla promozione del lavoro altrui più che all’autopromozione. Lo stesso vale per la poesia. In tanti anni di attività, come editore fece da padrino a schiere di autori che esordirono e pubblicarono con “Rebellato Editore”, mentre le sue poesie in italiano e dialetto, sua grande passione, preferì pubblicarle con parsimonia presso editori di livello nazionale come Rusconi e Scheiwiller. La sua carriera poetica ebbe inizio con alcuni volumetti fuori commercio stampati per essere regalati agli amici; successivamente vennero antologizzati e raccolti in volumi molto ponderati e a distanza di anni l’uno dall’altro. Perché Bino ci teneva molto alla forma, prima di dare alle stampe un testo poetico ci stava sopra mesi e anni, lo ritoccava, lo limava e lo riduceva al minimo finché non suonava bene, gli toglieva ogni orpello e, variazione dopo variazione, con la meticolosità dell’incisore al bulino, rendeva ogni verso essenziale e lucente. La sua ricerca mirava a trovare l’ essenza della vita spirituale nascosta nel tumulto delle cose, la calma necessaria al pensiero puro, avvicinandosi in tal modo alla filosofia e alla morale. Le sue raccolte poetiche più importanti sono: Da una profonda immagine (Rusconi 1980), L’altro in noi (Rusconi 1983), L’ora leggera (Scheiwiller 1989), Non ho mai scritto il verso (Rusconi 1994) e inoltre Teofilo Folengo. Imitazioni in dialetto veneto (Scheiwiller 1989) e Il mio Folengo in dialetto veneto (Scheiwiller 1995), traduzioni dal latino maccheronico in dialetto veneto, con testo originale a fronte e una nota dell’autore sul dialetto. Fece anche la traduzione dal francese di Croître en rien (Crescere in niente) di Edmond Jabès (Biblioteca Cominiana 1991). In prosa scrisse Amore di una terra (Santi Quaranta 1990), libro dedicato a Cittadella: la storia, le stagioni, il folklore, le domeniche, i personaggi della campagna e della città. La poesia per lui era come una dimora in cui abitare, non un rifugio dove ritirarsi di quando in quando per sottrarsi momentaneamente al frastuono della vita. Era una consuetudine, non un’eccezione. I suoi temi erano riflessioni rimuginate partendo dalla semplice realtà del paese racchiuso dalla cinta muraria, dentro e fuori la città, nei luoghi tra Onara e Cittadella, i campi coltivati e le paludi della Tergola, orti e giardini, persone, contadini e beoni, amici e belle ragazze, oltre ai paesaggi della campagna veneta. Rebellato però ci teneva a precisare che le sue poesie non si dovevano riduttivamente intendere come descrizioni di paesaggi. Questo, soleva ripetere con la sua voce divenuta flebile con gli anni, gli sarebbe dispiaciuto. La sua ricognizione infatti andava oltre gli elementi della natura che pure celebrava, in una costante tensione verso “l’altro da sé”. Tendeva infatti a superare i limiti della soggettività per indagare gli altri mondi che, a nostra insaputa, esistono fuori di noi e mirava a reperire significati da condividere con gli altri. Attraverso la parola scritta voleva esprimere l’indicibile ed era sicuro che la poesia aiuta a trovare le poche parole necessarie per dirlo. Ora, in uno di questi luoghi pieni di luce e di emozioni nuove, il poeta Bino Rebellato troverà nuova poesia.