POETI STRANIERI: RAQUEL LANSEROS TRADOTTA DA PAOLO RUFFILLI
Raquel Lanseros è nata a Jerez de la Frontera nel 1973. I suoi versi tendono a rappresentare la reciproca compenetrazione tra mondo umano e naturale. E lo fanno con una misura talmente libera che la penetrazione (nel fondo oscuro, nelle sedimentazioni dell’animo e nel labirinto della mente) avviene insieme attraverso la mappatura delle superfici e dei loro aloni frutto dell’immaginario. È una poesia sospesa tra la natura, con i suoi elementi vivi, in carne e ossa, e la parola immaginosa e concreta ispirata da una energia intellettuale che aleggia dentro il mondo e che sembra colmare il dilagante vuoto di senso. Temi di vasta portata, e di costante implicazione esistenziale, si fissano in componimenti pieni di luce e di colori. I versi netti e rigorosi ci immettono, ogni volta di incanto, in una dimensione autoriflessiva che quasi inavvertitamente si interroga sul mistero delle cose e sul significato della vita mentre ne subisce il fascino. (La notizia biobibliografica continua in coda alle poesie)
La pazza più sana
Chi è l’essere umano più libero sulla Terra?
Chi è in grado di nascere più di una volta?
Chi parla agli alberi? Chi fa piovere?
Chi viaggia verso la soglia di un’altra galassia?
Chi condivide le acque con le ninfe?
Chi vuole un tempo non più subordinato?
Chi passa attraverso uno specchio? Chi è lo specchio?
Chi brinda con Ulisse nel porto di Itaca?
Chi sopravvive illeso a una tempesta del cuore?
Chi sposa il destino? Chi corteggia la morte?
Chi intraprende un’impresa pur conoscendo certa la sconfitta?
Chi ferma con la mano i fulmini di un dio?
Chi sogna di androidi che sognavano pecore elettriche?
Chi ha visto la sua anima? Chi sconfigge i mulini a vento?
Chi ha lunghi treni che attraversano la steppa delle proprie vene?
Con chi è paragonabile la bellezza del fuoco?
Chi possiede ciò che non appartiene a nessuno?
Per chi suonano ancora le campane?
Chi può competere con l’immaginazione?
Il cielo sopra
E con gioia, con che verve
uno affronta il mondo
e prima di capirlo già lo ama.
E che fascino quello iniziale
nello scoprire il fango primigenio
trovandolo nelle rane che nella loro pozza
gracchiano le verità immutabili
e nell’ambra golosa del cedro
che imita nella sua dolcezza il sogno stesso.
Alla ricerca del grande che pare
contenere il piccolo uno si imbarca
per come la fortuna obbliga e il percorso
non smette di tentare chi cammina.
E sta ottenendo tempo e i paesaggi
si dispiegano e vibrano con stupore
e le facce sfilano e la lotta
rinnova la sua silhouette millenaria
e la ruota del mondo gira e gira
e va cambiando forza con la fatica
ma l’incantesimo non finisce
e uno si sente vivo perché lo sa
che tutto è per sempre di prim’ordine.
E giace ai margini del destino
a bere l’ombra, quando ascolta
il gracchiare delle rane nella loro pozza.
La prima verità che ritorna sempre
a chi capisce già che è quella vera.
Epifania a La Boca
Il tango è un pensiero triste che viene ballato
Enrique Santos Discépolo
La patria ricopre come un tatuaggio la prima pelle.
Sia benedetta la casa dei padri.
Tutte quelle immagini
quel brusio di semi che vive in ogni petto
aspettando l’istante per saltare fuori.
Ascolto l’innocenza dei miei diciott’anni
popolosa come l’estuario del Río de la Plata
lo spensierato disprezzo per ciò che ci appartiene
quell’anglofilia mimetica
in nome della postmodernità.
Allora tu
la persuasione della tua voce boscosa
la sala da concerto nel Barrio La Boca
tra Vuelta de Rocha e Caminito
sua maestà il tango.
Bacio passato e futuro sul mio ombelico
se potessi, come ieri,
amare senza sentire prima
Il mio cuore segreto emerge dall’ombra
sa che la lotta è crudele ed è grande
ma combatte e sanguina
per la fede che lo rende testardo
Le parole chiedono alla mia anima
il viaggiatore in fuga
prima o poi smette di camminare
Tutte le occasioni
tutti i fertili sogni dei miei antenati
tutte le piogge dell’America e dell’Europa
tutti i costumi ordinati dei morti
tutti gli addii
le gauchescas
europee
indigene
creole
tutto il rumore del tempo che cammina verso la libertà
tutte le illusioni fraudolente
le lamiere ondulate delle case popolari
le parole che generano il sapore del nuovo mondo
tutte le speranze
gli slogan, i presagi
i corpi coagulati
i sombreri
tutti i viaggi più lunghi della vita.
Tutti quei colori della terra
la nativa
l’innnestata
l’innaffiata col sangue e rinata
si sono incrociati davanti a me in forma di lacrima.
Lacrime di meticcio, di emigrante, di sorella, di alimento del mare.
Il sole può anche sorgere di notte.
Non l’ho più dimenticato
chi sono io
da dove vengo
Incontro con Poseidone
Infiacchisce il pomeriggio e i bagnanti
abbandonano poco a poco le amache
lasciano dietro il languido orlo di schiuma.
Solo sulla sabbia come un fantasma d’oro
il mio corpo ipnotizzato dal vecchio rumore delle onde
che sussurra tutti i segreti del mondo.
Cavalcando le onde su cavalli bianchi,
la bellezza emerge sull’acqua.
Raggi di tempo vivono nel suo torso nudo.
Non dice nulla, mentre ogni angolo della mia pelle è alimentato.
Non dico niente, è inutile fingere o esaltarsi davanti a un dio.
In mezzo al tridente, i suoi occhi di brace mi spingono a baciarlo.
I barlumi del giorno affogano, lo bacio.
Poi lo vedo andare via, poiché tutto ciò che brilla va sempre via.
Gli dei sono più vecchi dell’oceano.
Più vecchio del genio e della morte.
Io non sono altro che terra e resto sulla terra.
Così irrimediabilmente: né la vista concepisce né cattura il linguaggio.
Ma c’è qualcosa senza ombra o aggettivi
che brucia dentro di me come un bacio del mare.
Tutto cuore
Io per amare
non ho bisogno di un motivo
ne ho un sacco,
ma ho molto cuore.
Ema Elena Valdelamar
Due cuori battono dentro di me.
Uno porta con me quanti anni
dal momento che il sì e il sangue
hanno saputo iscrivermi all’azzardo.
L’altro è breve e fragile
appena percepibile
conta per settimane il suo presente.
Uno conosce il mondo con le sue labbra di fango
e consacra se può
il senso che trova
le volte che lo trova.
È fatto di memoria, vibrazione e gemito.
Sa di aver visto
la metà delle cose che potrebbe vedere.
L’altro è un progetto di spessore
l’alba che emerge perfetta come un bianco
un’occasione vinta
vicina anche se è lontana
una prova dell’eternità mortale.
Se il filo della vita non è strappato
i due continueranno a darsi per certi
avranno un domani e si inchineranno
batteranno e un giorno nella loro inquietudine
smetteranno di battere
non nello stesso momento
uno prima dell’altro
vale a dire
il mio prima del tuo
se la fortuna è diligente.
Dunque non potrai tornare indietro
come non ho potuto io.
È tempo per te di capire che anche la vita va alla deriva.
Spero che tu ne trovi almeno uno
tra i tanti motivi
uno
per amarmi
Vorrei da qualche parte
qui o là non importa
tornare uniti
i cuori che battono insieme
all’interno dello stesso corpo
(Traduzione dallo spagnolo di Paolo Ruffilli)
Poeta, traduttore, professore universitario. Ha pubblicato le raccolte Leyendas del Promontorio, Diario de un destello, Los ojos de la niebla, Croniria, Las pequeñas espinas son pequeñas e il suo ultimo libro di poesie, Matria, ha ottenuto nel 2019 in Spagna il National Critics Award e l’Andalusia Critics Award. È anche autrice di dieci libri di poesie pubblicati in Francia, Stati Uniti, Colombia, Argentina, Italia, Messico, Portogallo e Porto Rico. Il suo lavoro poetico è stato raccolto interamente nel volume Esta momentánea eternidad. Poesía (2005-2016). È stato inoltre insignito del premio di poesia Unicaja, del premio Adonáis, del premio Train Poetry, del premio Antonio Machado a Baeza e del premio Jaén Poetry. Come traduttore, spiccano le sue versioni di Edgar Allan Poe, Lewis Carroll, Sylvia Plath o Louis Aragon. Dottorato in Didattica della lingua e della letteratura, è anche autrice di pubblicazioni accademiche nel campo della poesia e della traduzione. Il suo lavoro poetico è stato tradotto in varie lingue e incluso in numerose antologie e pubblicazioni letterarie in tutto il mondo.