POETI STRANIERI: TUĞRUL TANYOL TRADOTTO DA NICOLA VERDERAME
Tuğrul Tanyol è nato nel 1953 a Istanbul, dove vive. È l’esponente di punta della “generazione degli Anni Ottanta,” un gruppo di poeti che all’indomani del colpo di stato militare del 1980 avevano espresso il proprio dissenso rispetto alla poesia politica del decennio precedente, rivendicando il primato della poesia come modo per osservare il mondo a partire dalla propria interiorità. La sua voce rivela una simbiosi perfetta fra un immaginario europeo, una cultura di stampo francese, e una conoscenza profonda dell’eredità letteraria ottomana e della Turchia repubblicana. Le sue poesie sono estremamente rarefatte e musicali, ma intessute, soprattutto nelle ultime raccolte, da una filigrana di rimandi al mondo attuale. Le poesie degli anni Ottanta, più introspettive e simboliche, hanno lasciato spazio a poesie più ricche di riferimenti intertestuali e spunti di riflessione sociale, pur rimanendo centrali i riferimenti alla mitologia greca, ai compositori italiani del periodo barocco e alla poetica ottomana classica. (La notizia biobibliografica continua in coda alle poesie)
Il sogno di Satie
la polvere del giorno s’è addentrata nel tuo sonno
sulle ali di un uccello spezzate dal vento
nel vuoto ondeggia il blu di un mantello
è questa la musica del sonno
nell’ora in cui riposano tutte le cose
lenta filtra dai tuoi pensieri e
d’un tratto
sei nel bacino abbandonato dalle acque
ti elevi
nuoti
e ora tutto è possibile
il tuo viso transita in un nuovo sogno
nei palmi delle tue mani, nel profondo
un antico fiume ti guarda con mestizia
la tua ombra ritorna da vie che non hai percorso
il sentimento sulla punta delle dita
è il ricordo delle porte che non hai aperto mai
e adesso sei nel punto più a fondo del sonno
leggero si muove il tuo piede, la tua mano
è l’ombra di un istante infelice
che prende forma nel mezzo del tuo viso
da un pianoforte inesistente s’innalza
e continua a suonare la Gnossienne
ogni cosa è nera, ogni cosa è bianca, dici tu
mentre ancora discende nel vuoto
il blu di quel mantello
Les baricades mistérieuses
Il cuore mio corre avanti e indietro
scavalca le barricate
in lontananza ondeggia la piena
che impaurisce il vento
Tra quelle forme
strani nidi di uccelli
Un paio di mani nel buio
Battono i puledri
Sulla riva del mare, timidi
un paio di granchi
E corro a perdifiato
Anche facendo presto, sarà tardi ormai
Un sonaglio tintinna dolcemente
Sul collo che lo sorregge
Avanza lentamente di là
In compagnia del canto
Vieni con me, danziamo
Lungo le barricate misteriose
Alza il passo, rallenta, trasformati
Nelle ombre che ti volteggiano accanto
A mio figlio
Sento ancora mio figlio ridere
in queste pareti che invecchiano
il suo odore in tutti i mari che attraverso
il suono della luce sui capelli di lui
sotto la coperta del mio cuore
Vedo ancora mio figlio crescere
nelle stanze segrete del pensiero
in ogni istante un altro si rifugia
il tempo si nasconde con cura
e da lì resta a guardarmi
in certi momenti vorremmo fermare il vento
scendere in una delle vecchie fermate della vita
aggrapparci alla piccola mano che si tende a noi
guardare con nostalgia gli occhi ignari del mondo
luce del mio petto! richiamo che lancio al domani
amore mio ultimo, primavera del mio vivere
anche quando non sarò più
stringilo forte a te,
non dimenticarlo mai
questo mio amore.
Addio al viandante
al tocco del sole
sulla guancia mi fiorisce una rosa
nella mia assenza mi accorgo
di chi non è qui con me
fissiamo l’acqua e affoghiamo
piangendo nella pioggia che scende dall’albero
ma è ancora aperta la porta del cuore
e ci conforta l’ingresso degli altri
un cavallo galoppa nelle grandi distanze
e nel verso dei buoi l’isolamento
si trasforma nel rombo dei motori
così entriamo in una città
ci ripariamo all’ombra di un edificio
e d’un tratto la nube ammanta ogni cosa
appena usciamo dal cono d’ombra
dimentichiamo lì le nostre sagome
tocco il sole ancora una volta
e un’altra rosa mi fiorisce sulla guancia
premo nel cuore la spina e dolcemente
penso a voi, nel mio isolamento
mi rivolgo all’ombra che filtra dalla porta
fisso il sole che prende l’aspetto della rosa
al tocco del fiore voi diventate voi
ah, come vi allontanate, per andare via!
Ecco che voltate le spalle, seguendo le moltitudini
l’ora più breve del giorno
sono tornati i giorni colore di cenere
è tempo per i fiori di appassire
si è spenta la gioia scapestrata della rondine
alle spalle abbiamo lasciato l’ora più breve del giorno
cos’è che ogni istante ci provoca questo dolore?
Questo vento che scuote le lastre di vetro
questa pioggia che scroscia abbondante
il soldato che teme la propria ombra
e l’ombra è timorosa quanto lui
ho scritto su una pietra nera questi versi
mentre una mano scura recideva il fiore
l’estate finisce, ora per sempre l’autunno
laverà il sudario della solitudine
sono tornati i giorni colore di cenere
le viole sono allineate lungo i campi
il soldato giace tra oleandri e crisantemi
con una goccia di sangue al petto
e il brillio del sudore sulla fronte
sono tornati i giorni colore di cenere
un suono, come uno sparo ha dimezzato la notte
l’ho sentito solo io, l’avranno sentito
la rondine e l’ombra?
Chi è stato ferito
In quel punto esatto ha perso la vita
(Traduzione dal turco di Nicola Verderame)
Tuğrul Tanyol ha studiato Sociologia nella prestigiosa Università del Bosforo per poi conseguire il dottorato all’Università di Istanbul. Attualmente insegna all’Università Yeditepe, a Istanbul. Ha cominciato a scrivere versi negli anni Settanta, e dal 1983 a oggi ha pubblicato undici raccolte di poesia ed è tradotto in varie lingue. Ha pubblicato numerosi interventi di teoria e critica letteraria ed è stato fra i promotori di riviste letterarie che hanno avuto un profondo impatto sul panorama della poesia turca dagli Anni Ottanta a oggi. Nel 2016 l’editore Ladolfi ha pubblicato l’antologia bilingue italiano-turco Il vino dei giorni a venire – Poesie scelte 1971-2016 a cura di Nicola Verderame.